STORIE DI STUPRI E DI FANTASMI (MA CON IRONIA)

E/o mi colpisce sempre: dopo Carlotto e il mio omonimo Jean Claude Izzo (di cui spero di parlare più diffusamente appena ne avrò voglia perché costituisce un po’ un caso a sé), ho fatto le ore piccole con Amabili resti di Alice Sebold. Un romanzo che è un’opera prima e che si presenta come un thriller atipico, in cui è la vittima a parlare in prima persona. Espediente che non può non ricordarmi la narrazione di William Holden in Viale del tramonto, uno dei miei cult movie di ogni tempo. Ma il romanzo non è un classico noir e non ha nessuna suggestione rétro. L’ambientazione è la suburbia americana tra i ’70 e gli ’80. Niente di più normale. Eppure una quattordicenne viene stuprata, uccisa, fatta a piccoli pezzi e seppellita in una discarica. Da questa premessa quanto mai brutta, sporca e cattiva, si sviluppa una narrazione sempre lieve, ironica e (puntodivistamente parlando, come direbbero i Python) molto adolescenziale. Susie, la ragazza uccisa, guarda familiari e amici dal "suo cielo", un cielo dove si gioca a pallavolo, dove ci sono molti cani, dove si suona il sax e dove lei è costretta a restare per sempre giovane mentre la sorella e le amiche di scuola crescono, fanno le loro prime esperienze e in alcuni casi continuano ad essere ossessionati dall’assenza di lei. O dalla sua presenza. O dalla presenza della sua assenza. Appassionante ed emozionante dalla prima all’ultima pagina. Sebold traccia il dolore e il lutto nei suoi personaggi in modi sempre diversi e mai gratuitamente sentimentali. Bello. Astenersi amanti del giallo canonico in cui non si sa chi è l’assassino (qui si sa subito) e in cui l’assassino deve essere punito (qui le cose sono un po’ più complicate).

BLUES, JAZZ, ROCK E POP… DA LEGGERE

Durante le giornate in spiaggia ho divorato, con alterne fortune, Blues, Jazz, Rock, Pop. Il Novecento americano di Assante e Castaldo – il volumone Einaudi dell’estate… Posto che le operazioni di questo tipo in genere sono di per sé lacunose, tendenziose, pallose e fumose, devo dare atto ai due amati/odiati critici di La Repubblica che hanno realizzato un’opera divulgativa notevole. Per uno che si comprava a rate le Enciclopedie Rock della Arcana di Bertoncelli e Campo (come me) il volume può anche sembrare fin troppo agile. Ma teniamo presente che si parla solo di musica americana, e qui scatta la novità: dal blues rurale a quello urbano, dal jazz delle big band al be-bop al free, dal rock’n’roll a Woodstock fino a Britney Spears e Justin Timberlake, tutto è adeguatamente raccontato, come in un enorme romanzo storico. Narrato, non catalogato. Questo mi pare il pregio maggiore del libro, che fa scoprire i generi musicali propri del Novecento a chi non vi si è mai avvicinato, e propone curiosi approfondimenti a chi dell’argomento ne sa già qualcosa. Per me, un libro da collezione… e poi è una simpatica lettura estiva!

IL SALMONE DEL DUBBIO

In questi giorni sto divorando Il salmone del dubbio, libro ahimé postumo di Douglas Adams uscito in Urania (maggio 2004). Frammentario com’è (i suoi amici ed editor hanno scartabellato tra i suoi file per assemblarlo) è ancora più coerente con i processi mentali di questo grande, pythonesco scrittore che è tra i più vicini al mio gusto personale. Voglio solo riportare uno dei tanti frammenti geniali, perché è assolutamente in linea con quanto ho sempre pensato ma non mi è mai venuto in mente di esprimere così bene. 😉
"Ho trovato tre regole che descrivono le nostre reazioni alla tecnologia:
1. Qualunque cosa esista nel mondo quando nasciamo, ci pare normale e usuale e riteniamo che faccia per natura parte del funzionamento dell’universo.
2. Qualunque cosa sia stata inventata nel ventennio intercorso tra i nostri quindici e i nostri trentacinque anni è nuova ed entusiasmante e rivoluzionaria e forse rappresenta un campo in cui possiamo far carriera.
3. Qualunque cosa sia stata inventata dopo che abbiamo compiuto trentacinque anni va contro l’ordine naturale delle cose".