LA VERTIGINE DELLA LISTA

Stamattina mi alzo e penso che: a) è il mio ultimo giorno prima di un po’ di meritate ferie; b) siamo al volgere dell’anno solare e per gli ossessivo compulsivi è tempo di liste, liste, liste!

Avevo una mezza idea di ficcarci dentro anche una personale lista di highs and lows del 2011, con una sorta di bilancio e tutto. Poi ho pensato no way!, sto scrivendo questo post mentre cammino sotto i portici e dentro la metro e mi sembra che mi sto facendo già abbastanza una figura da piciu così.

E poi in fondo lo sanno già tutti che il mio 2011 è stato una merda (casa nuova in sé e per sé esclusa). Quindi state pronti, che arriva la lista. Nuda, cruda e senza link, che stavolta non c’ho tempo. Cercateveli voi.

FILM
Drive / Le Havre / Super 8 / Habemus Papam / Fast & Furious 5 / Le idi di marzo / Rango / Source Code / Carnage / Le avventure di Tin Tin

Siccome sono un precisino, vi metto anche i cinque migliori film che mi son perso per ignavia o distrazione:
Attack the Block / This must be the place / A dangerous method / The artist / Tomboy

LIBRI
Bone (vol. unico) / La cavalcata dei morti / Il posto dei maiali / Scott Pilgrim (6 voll.) / La strada / Generazione A / Espiazione / Povera Piccina / Intorno al mondo con zia Mame / Il cimitero di Praga

Letti nel 2011, eh. Poi magari capita che voi li avete già letti da anni

ALBUM
Likke Li – Wounded Rhymes / Anna Calvi – Anna Calvi / Dead Skeletons – Dead Magick / Beastie Boys – Hot Sauce Committee Part II / Metronomy – The English Riviera / Beirut – The Rip Tide / Bon Iver – Bon Iver / PJ Harvey – Let England Shake / Kanye West & Jay Z – Watch the Throne / The Black Keys – El Camino

Questi dovrebbero essere tutti 2011, e tutti come sempre molto eterogenei… enjoy!

SERIE TV
Game of Thrones / Wilfred / American Horror Story / 2 Broke Girls / The Fades

Ovviamente si tratta solo dei debutti 2011, poi le serie in corso son le solite dai, non me le fate ridire ogni volta.

APPS
Miso / Whatsapp / Pixlromatic / Halftone / Soundcloud / Italiansubs / Flipboard / Imdb Trivia / Wunderlist / Groupon

“Ma perché cazzo stai sempre attaccato a quel cazzo di iPhone, io prima te lo brucio e poi te lo butto nel cesso“.

(Che poi il quoting adesso non vale più, dato che la Titti ha la scimmia smartphone più di me).

E buon anno, eh.

A SIMPLE MAN WITH SIMPLE NEEDS

C’è una quantità finita di energia che un uomo può spendere nella vita.
E credetemi, c’è un limite oltre il quale un cervello umano non può più, materialmente, immagazzinare informazioni.
OK, forse con la droga può. Dovrei provare. Comunque.

Ogni giorno mi dico ehi, sarebbe bello scrivere qualcosa. Perché no? In effetti mi prudono le dita. Poi arriva quell’immagine combinata, tipo “battery low” e “no disk space available” insieme, proprio lì nello spazio tra il retro degli occhi e il davanti del cervello. A proposito, sapevate che proprio in quello spazio ideale si pone il filtro cognitivo che determina se ciò che stiamo vedendo è irrilevante o meno? Ecco, forse io avrei bisogno di un paio di filtri di ricambio, perché – cazzo – a me sembra tutto irrilevante.

In ogni caso è così, come da titolo. Sono un uomo semplice, con dei bisogni semplici. Da mangiare, da bere, da fumare, un po’ di compagnia, qualche storia da leggere, ascoltare o vedere. Roba del genere.
Potrebbe essere più complicato di così, ma non ora. È stato un anno difficile, bambini, e questo splendido quarantenne ha bisogno di riposo. Di se-re-ni-tà. Cosa che, ora come ora, non ho ancora trovato. Perché il cumulo di esperienze che mi si rovesciano addosso mi sembra troppo incalzante per riuscire a spalarlo via in tempo per avere strada libera. Io mi sento così, uno spalatore. Che si trova in questo frangente a contemplare un enorme camion di quelli col cassone reclinabile che buttano sabbia, che avranno anche un nome specifico ma adesso non ho voglia di andare su Wikipedia a vedere qual è.

Perciò, capitemi. Quando ho un po’ di tempo libero dormo (anche da in piedi o da seduto), leggiucchio fumetti o romanzi poco impegnativi, compulso l’iPhone in cerca di applicazioni gratuite sufficientemente idiote da farmi sentire bene, guardo serie tv americane perché così imparo tante parolacce nuove. Anche quelle britanniche, che con Misfits per dire si imparano almeno 17 modi diversi di dire “figa” in inglese.

Seriamente, mi sembra di aver già scritto questo post altre cinque o sei volte nel corso degli ultimi tre anni, perciò lasciate che vi racconti qualcosa di me. Recentemente ho deciso di affidare ad un’agenzia la vendita della vecchia casa di mia nonna. Speravo di velocizzare. È venuto fuori che per vendere devo necessariamente fare cinque nuovi documenti per un costo totale di circa tremila euro. Curiosamente questo dettaglio emerge nel momento in cui ho appena speso i miei ultimi mille euro per dotare la casa nuova di tende. Lo so, le tende non servono a un cazzo, ma le donne… le donne vivono per avere le tende e – statene certi – le donne non vanno mai deluse perché non puoi mai sapere dove vanno a parare una volta che le hai deluse. Per dire, state visualizzando il camion della sabbia?

La casa nuova è soddisfacente, mi sembra ben organizzata. Il lavoro non è un gran che soddisfacente e soprattutto mi sembra pessimamente organizzato. Ma tant’è. In quel caso possiamo sostituire il letame alla sabbia nella metafora visiva che sto cercando di indurre nello spazio tra i vostri occhi e il vostro lobo frontale. Basta dire che da un giorno all’altro non ricordo di aver fatto delle cose, magari anche in collaborazione con dei colleghi. Che il giorno dopo mi dicono sai, quelle slide che mi hai passato ieri, sono servite, abbiamo preso una decisione cruciale sulla base del tuo studio. E a me viene la faccia da what the fuck?! mentre comincio a pensare di soffrire di Alzheimer precoce. Non è bello per niente.

Ho ripreso a scrivere per film-review.it, se volete darci un’occhiata. Ma c’è la crisi, e pagano 2,5 euro ad articolo. No, seriamente. OK, forse dovrei dirvi che si tratta di news brevissime e che io 800-1000 battute me le smazzo easy peasy in tre minuti al massimo. Però dai… Anche questo è un segno dei tempi, no? Per la cronaca, scrivo anche pezzi da 10 euro. Ma quelli bisogna guadagnarseli (i pezzi, dico, non tanto i diecini). In tutto ciò, dentro di me sta fortemente premendo un romanzo semiautobiografico. Sarebbe un modo per buttare fuori, liberare un po’ di spazio. A modo mio, seduto davanti a un monitor con riserva infinita di bevande al tamarindo e popcorn con una spruzzata di peperoncino sopra (poi non devo meravigliarmi di quante volte vado in bagno, lo so).

Però la batteria è ancora troppo scarica.
Perciò mi attesto sul livello simple. Per ora ridimensiono tutto.
Ma mentre navigate oziosamente da una pagina di Repubblica.it all’ultimo video di canguri che si masturbano su YouTube, tenete alta la vostra attenzione.
Perché io sono lì, accucciato nell’ombra, e vi salterò alla gola quando meno ve lo aspettate.
Ta ta for now.

NEOLOGISMO E BARBARIE

Provo sempre una pena infinita quando la mia attenzione si posa sulle prodezze del giornalismo italico. Non è per snobismo, ma in fin dei conti preferisco informarmi attraverso la stampa straniera.

I telegiornali non li guardo da anni. Mi sono sempre orientato su quel paio di quotidiani di riferimento che secondo me mantenevano un certo decoro nella lingua, nella forma, nella presentazione della notizia e soprattutto nell’agenda quotidiana delle notizie stesse. Ormai non leggo neanche più quelli. E non sto parlando di giornali spazzatura come Libero o Il Giornale, i cui titoli alla National Enquirer mi strizzano casualmente l’occhio nel corridoio che dall’ufficio porta al cesso (c’è chi deve sfogliarli per dovere di rassegna stampa, poi finiscono lì dove meritano).
Il problema è la pigrizia mentale.

Io sono il pigro mentale più pigro di tutti i pigri mentali del globo.
Ma mi aspetto che i modelli cui guardo come ad un punto di riferimento siano migliori di me. Se tutto, anche i miei modelli, si comporta in modo tale da essere peggio di me, io posso sentirmi a ragione superiore a tutti, e questo non è il giusto fondamento per una sana vita personale e sociale. Mi riferisco in particolare ad alcuni vezzi del giornalismo italiano che mi riempiono di orrore: le cosiddette scorciatoie linguistiche che dovrebbero rendere la parola scritta più digeribile per un pubblico di supposti illetterati e che hanno l’effetto nauseabondo di renderla, quando troppo sfruttati, direttamente premasticata e predigerita.

Il peggio non ha fine nelle notizie di cronaca nera. La nera è sempre stata la palestra per farsi le ossa di tutti gli aspiranti professionisti. Ci si è cimentato, per dire, Dino Buzzati, uno dei più grandi e sottovalutati scrittori italiani del novecento. Ora, io non pretendo Buzzati. E so anche bene che l’accento particolare sulla nera serve egregiamente a spostare l’attenzione di un’intera nazione dai problemi reali che ci affliggono. Si sta sempre un po’ meglio quando ci vengono raccontate le sfighe degli altri. Ma mi infastidisce l’abitudine (entrata ahimè in auge dai tempi di Alfredo Rampi, il bambino nel pozzo) di prendere i fatti e omogeneizzarli in una disgustosa fiaba per adulti, dove non esistono psicopatici assassini ma “orchi”, dove le vittime (specie se minorenni) sono chiamate sempre e solo per nome o peggio ancora con diminutivi (il piccolo Samuele, Mez, Sarah, Yara, lo stesso Alfredino di ormai 30 anni fa)… Queste persone hanno nomi e cognomi: non dirli equivale a ridurre i loro casi ad una brutta telenovela. Per non parlare di Ruby Rubacuori. Si farà anche chiamare così, ma il dovere di un giornalista (e gli stranieri lo fanno sempre) è quello di chiamarla Karima el Mahroug, ridimensionando a notizia di cronaca carica di tutto il suo squallore la fiaba stile Pretty Woman che certo giornalismo ci propina.

Comunque. Un’altra cosa terribile è quando aggiungono il suffisso -opoli a qualunque scandalo possibile, da Tangentopoli in giù. Già “tangentopoli” in sé è un neologismo ideato da un giornalista spiritoso che voleva paragonare i giochi di potere della seconda repubblica a quelli di un noto gioco da tavolo della Parker Bros. Da qui a Calciopoli, Vallettopoli, Affittopoli, il passo è troppo breve, e infatti è solo questione di pigrizia mentale. Poi ce ne sarebbero mille altre, che sul momento non mi vengono in mente. Magari mi aiuterete voi. E non è solo questione di lingua. Anche di contenuti complessi: i servizi “estivi” coi vecchi al supermercato e i bambini nelle fontane, i servizi sul carovita con le massaie che tastano i cetrioli, qualunque servizio dedicato ad un evento ricorrente, dove le parole (o le immagini) sono le stesse di anno in anno.

Quando rifletto su questo mi chiedo a cosa mi serve essere iscritto all’ordine dei giornalisti.
Quanto meno entro gratis nei musei e mi rifugio nel passato.