SSSSSSSSTAKKKK! Il rumore della corda tesa e rilasciata che ripetutamente colpisce il mio avambraccio creandomi un papagno di dimensioni cosmiche, che fa sì che io non riesca nemmeno a tenere il braccio sinistro appoggiato alla scrivania mentre digito questo post. "Concentrazione, Pietro, concentrazione… ruota l’avambraccio, gomito in linea con la spalla, scapole in tensione", mi dice Miyagi san con tono sempre più zen. Ma non serve a nulla. All’ultimo mi sconcentro e sssssssssstakkkkkkkkk! "YAAAAAAAAAAAAAAAA!" (è l’urlo dentro la mia mente, perché di udibile pronuncio solo un flebile "Mmmmhhhgggh"). Perché io, furbo, porto il parabraccio quello piccolo, con la motivazione che uno più grosso mi impaccerebbe i movimenti. "Col cazzo", medito. "Domani mi vado a comprare quello integrale dal polso al gomito"!!! Non è il caso di passare un’altra notte a dormire col ghiaccio nel letto e l’odore di Voltaren che si mescola a quello dell’umidificatore. Altre frasi topiche di ieri (dal florilegio di Miyagi san): "Devi essere consapevole di ogni muscolo del tuo corpo, e devi usare meno muscoli possibile per tirare: solo quelli che servono. Il resto del corpo deve essere completamente rilassato". "Ti sei colpito il braccio con la corda. Ti verrà un livido. E’ l’arte che entra dentro di te". "Hai fatto centro." – "Ma come fai a dirlo, Miyagi san… sei vecchio, hai la periartrite e il diabete, come ci tiri fino laggiù?" – "Non lo vedo, lo sento dal rumore. La freccia che fa centro ha un rumore diverso dalla freccia che va in un cerchio esterno". Miyagi san dimostra quest’ultima affermazione girandosi dall’altra parte e annunciando la destinazione di tutte le mie frecce (centro, paglia, paglia, legno, cerchio esterno, centro, cerchio esterno). Mah! Miyagi san è un grande. Però io ho male al braccio.
GAS-MAN
Per tutte le cose esistono i rimedi della nonna. Sono convinto che esistano anche per l’eccessiva flatulenza, solo che non ho ancora avuto il piacere di trovare un metodo definitivo. Non che il problema mi affligga ogni singolo giorno. Altrimenti i miei colleghi, i miei amici e tutte le persone più vicine non vivrebbero più. Insomma, ognuno di noi ha il suo moderato ammontare di aria nella pancia. Ma oggi non so cosa sia successo. Se per voi è socialmente inaccettabile quello che sto per dire, non continuate a leggere. Sappiate però che sono rimasto in casa col mio imbarazzante problema tutto il giorno. Mi sono svegliato scoreggiando e non ho ancora concluso adesso. Curo le piante e le rinvaso per portarle al chiuso e paf! Mi rilasso a guardare un film e paf! Mi impegno finalmente a fare il cambio della roba invernale nell’armadio e paf, paf, paf!!! Non so più dove stare. Soprattutto, non capisco. E’ vero, ieri ho golosamente divorato delle caldarroste, che notoriamente gonfiano. Ma non sono mai gonfiato così tanto! Che sia l’inizio di una rovinosa metamorfosi gassosa del sottoscritto? Per quanto possibile cerco di evitare, ma alla fine, c’est plus fort que moi! E il carbone non fa alcuna differenza. Tornando quindi alla domanda iniziale, qualcuno conosce un rimedio da saggezza popolare? Che so, tipo ingoiare mezza patata cruda o bere dell’aceto caldo, cose così…? Perché non ne posso più di vivere l’inizio dell’inverno con le finestre di casa spalancate. Fa freddo!
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LO ZEN E L’ARTE DEL TIRO CON L’ARCO
Avevo accennato al tiro con l’arco, vero? Questa settimana c’è stata la prima, meravigliosa lezione. Il mio arco è un arco nudo take down (cioè semplice, di legno, senza gadget strani e scomponibile in tre pezzi). In un certo senso, è come se fosse un regalo postumo di mio padre, che da piccolo mi portava a tirare con lui. Gli Arcieri della Mole si trovano in una palestra vicino a casa mia. Quando arrivo, vedo un gruppo diviso a metà. Da un lato quelli più esaltati con archi compound in titanio, bilanceri, mirini laser e attrezzatura da paura. Dall’altro, altri due personaggi che, come me, usano l’arco nudo di legno senza nulla sopra. Uno all’incirca della mia età, l’altro sugli 11 anni. Mi dirigo subito da quel lato della palestra e scopro con gioia che il nostro istruttore non è lo stesso del gruppo esaltati, ma è un anziano cacciatore un po’ artritico dall’aria quantomai burbera molto simile a Miyagi San, il vecchio maestro di Karate Kid. Miyagi San mi squadra, mi mette in posizione e borbotta "bene, bene…" mentre io scaglio un paio di centinaia di frecce mancando quasi sempre il bersaglio ma – a suo dire – assumendo una posizione pressoché perfetta del corpo. Al che io gli dico che non sono andato lì per imparare a fare centro, ma per imparare a tirare. Lui si esalta, gli brillano gli occhi e mi imbastisce lì per lì una risposta molto zen, del tipo che non si può "fare centro", ma si può solo far sì che la freccia si pianti nel punto in cui vogliamo piantarla. Se questo punto è il centro, allora faremo centro. Tra me e Miyagi San è amore a prima vista. Anche se il mio arco da 28 libbre ha un’apertura di soli 66 pollici e non 70 come sarebbe più consigliabile. E adesso scappo, vado a comprarmi un paradita, un paraavambraccio e soprattutto un paracapezzolo, che non sembra ma tirare con l’arco è anche un’attività dolorosa…
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