COINCIDENZE

L’altro giorno camminavo sotto alla Mole Antonelliana.
Già di per sé è una cosa che non mi capita tanto spesso. Perché di solito vado in moto, o in macchina, o in autobus. Tutti mezzi che non passano sotto alla Mole Antonelliana.

Questo periodo. È un periodo che va bene, per carità, non mi posso lamentare.
Ma è sempre molto, come dire, carico.
Quindi, si capisce.
Non è che ci sia proprio tutto questo tempo di passare sotto alla Mole Antonelliana.

E insomma, camminavo lì sotto. E avevo un bonus di ben quaranta minuti in cui potevo soltanto… soltanto camminare.
Sotto la Mole Antonelliana adesso c’è una mostra con gli zombi, i vampiri, le mummie eccetera.
Che a me notoriamente son creature che mi piacciono molto, sento l’affinità.

Allora camminavo guardando queste foto di zombi, incrociando lo sguardo con Bela Lugosi che si fumava una sigaretta vestito da Dracula.
E davanti a me c’era una tipa, magari non da 9, ma da 7 e mezzo tutto.
Anche lei guardava la mostra e si vedeva che sentiva una certa affinità con i non morti.

A un certo punto, coincidenza.
Mi squilla l’iPhone con quella suoneria tipo Ed Wood a tutto volume che se no non la sento e non distinguo che è il mio telefono che suona.
La suoneria inquietante e bizzarra fa voltare la tipa che mi sorride, stabilisce un’affinità elettiva, poi si volta e se ne va.

Per un attimo mi son sentito parte di un disegno più grande.
Poi alla fine era mia madre che mi cercava.

A BRONX TALE

Avere la bronchite non è poi così male.

La dottoressa dice che è una bronchite acuta, che devo stare ben al chiuso e che devo fare tre aerosol al giorno, più due sciroppate e due tachipirine. Per buona misura io ci aggiungo anche il brodo di pollo, che non si sa mai.  Però non mi sento la febbre. Cioè, a parte la tosse cavernosissima da fumatore settantenne non mi sembra di essere malato. E quindi, con un po’ di attenzione, si può vivere la vita anche così.

Per esempio, il telelavoro. Dio sa se questa era una settimana incasinata in ufficio, di quelle in cui si pensa “qualsiasi cosa accada non devo assentarmi in quei giorni”. E invece. Ma, grazie alla potenza della webmail aziendale e del mio incredibile spirito di abnegazione, riesco a lavorare anche da qui. Non solo, ma tra un problema di lavoro e un altro, faccio lavatrici, stendo, pulisco il cesso. La giornata è scandita dai medicinali, ogni tanto guardo una puntata di qualche serie televisiva. A me sembra OK. Uscire di casa non mi manca. Ci pensa Stefi, che con il suo raffreddore sta tutto sommato peggio di me (e non ha preso mutua).

La bronchite non l’avevo da quattordici anni. Ricordo perfettamente la mia ultima bronchite, quella del 1996. Si stava tutti insieme in quella specie di comune che era la Bamboo House, a studiare poco, mangiare ancora meno e vivere tanto. A volte penso che il mio guadagno esponenziale di peso, dal 1999 in poi, sia dovuto anche alla reazione a quasi 10 anni di fame atavica. Arrivato il benessere economico, la tavola poteva essere sempre imbandita. Ma tornando a quella bronchite del 1996, non so. Poteva essere la prima volta, credo, che un virus minava il mio organismo in modo più subdolo di una classica influenza.

Dovetti tornare a casa dai miei genitori e curarmi lì. Gli unici contatti con i compagni della Bamboo erano le e-mail, la killer application del momento. Nella Bamboo c’era un M24 collegato via telnet ai server dell’Università mentre io utilizzavo la connessione di mio padre con uno dei primi, timidi provider locali. E così ci scrivevamo a lungo, ed era come essere lì a parlare, creando e cancellando storie a spron battuto, come abbiamo sempre fatto e continuiamo a fare ogni volta che ci riusciamo. Erano i tempi di Framework, di Eloise (un esasperante software che simulava un’intelligenza artificiale e ci manipolava il cervello), delle audiocassette registrate con musica sperimentale inframmezzata da storie surreali raccontate dal nonno Bitto. In fondo era anche la prima volta che capivamo veramente tutti la potenza di Internet.

In seguito raccolsi quelle mail in un fascicolo intitolato “The Bronx Files” (con il simpatico e idiota gioco di parole tra la malattia e il borough newyorchese che contraddistingue anche il titolo del post).

Chissà dove è finito adesso.

IL BRODO È VITA

Adesso è la stagione adatta per parlarne.

Non che io non ne faccia uso anche in altre stagioni, ma si sa. Il brodo caldo di pollo non è ben visto dalla nostra attuale società. Specialmente in estate.
Invece io sostengo che il brodo (come da titolo) è vita. E che il brodo di pollo bollito, in particolare (magari con due patate, due carote e una cipolla bionda insieme) è il più valido sostituto naturale di qualsiasi redbull, enervit, gatorade e integratori vari. Integratori di che cosa, poi. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è contenuto nel brodo di pollo. Che, naturalmente, può sostituire in tutto e per tutto anche molti medicinali di uso corrente come il moment l’aulin lo zovirax il valium il malox il levotus il fluimucil e l’imodium. Non la tachipirina, però. La tachipirina è sempre tachipirina e il brodo di pollo non la batte.

Comunque, il brodo diventa ancora più appetitoso se dentro ci sono i cappelletti o i tortellini che dir si voglia. È mia sanissima abitudine, però, consumare tutti i cappelletti / tortellini con la forchetta, per poi aspirare in un sol colpo tutto il mistico nettare, riempire ancora due, tre volte il piatto fondo e ripetere l’operazione tanto quanto basta. Il brodo avanzato poi va in frigo, e se il pollo era bello ruspante fa tutta quella bella patina di grasso bianco che è poi la parte curativa del brodo. Lo riscaldi (mai al microonde, sempre in pentola) e lui è di nuovo lì, pronto a guarirti dal male, pronto a fare di te una persona nuova.

Il pollo dà la sua vita per noi, e il suo brodo fa penetrare in noi tutte le sue migliori qualità, come ad esempio quella di razzolare e quella di girare la testa a scatti a destra, a sinistra e in avanti. Voi sapete razzolare? No? È perché non bevete abbastanza brodo di pollo. Forse bevete troppo brodo di manzo, che può portare malattie neurologiche tipo tremori e allucinazioni, se consumato in grandi quantità.

Quando mi invitate a cena, fatemi un brodino.
Io ve ne sarò grato, e il pollo anche.
Mi ha confessato che in forno e sugli spiedi, non si trova tanto bene.