1983. Da qui non si passa. Il caldo estivo brucia i capelli tagliati di fresco. I pomeriggi sono eterni. Qualcosa bisogna pur fare. Saliamo sul crinale per evitare la recinzione, L. davanti, io in mezzo e S. qualche passo dietro di noi. Una finestra piccola, poco più in là: è quello che ci serve. L. si fascia la mano con la maglietta sudata e rompe il vetro con un pugno. Cerco a tentoni la maniglia tra le schegge taglienti. Si apre solo verso l’interno. Mandiamo giù S. per primo: è il più piccolo, e anche il più leggero. Il salto sarà al massimo di due metri. Come fare per uscire, non ci viene nemmeno in mente. Esploriamo ogni stanza con attenzione, nella penombra delle mura spesse di secoli. Non prendiamo nulla: non siamo ladri, solo curiosi. Ci appiattiamo per passare nel cortile principale. Sappiamo benissimo che il custode non c’è, ma potrebbe comunque vederci qualcuno. Subito a destra, la torre: la porta di legno marcio è aperta. Non potevamo aspettarci di meglio. Salire quei gradini, il rischio, la consapevolezza. Arrivare in cima e dominare i tetti di Barge. Stendersi sulle lastre di ardesia ancora calde all’ultimo sole e bere un fondo di spuma bionda dalla borraccia. A ripensarci, potevamo finire in una casa correzionale. Ma chi possiede un castello è ricco per definizione. E un ricco può anche ripagarselo, un vetro rotto.
SINDROME DELLO SCHERMO BIANCO
LA CONSEGNA DELLA NONNA
L’odissea comincia venerdì alle 7 del mattino. Caffé veloce, poi giù in macchina e via. Asti, Alessandria, Genova, La Spezia. Fino qui tutto bene. Poi, ovviamente, la neve. Perché l’Italia è stretta nella inesorabile morsa del gelo. Poi Viareggio, Livorno… Neve non ce n’è più, ma la pioggia in effetti è discretamente torrenziale. Ci si ferma a Massa Marittima per pranzo. Piccola deviazione, ma vale la pena vedere una delle più belle piazze d’Italia completamente deserta causa temperatura a -3 gradi. Ci rinfranchiamo con un paio di crostini, una minestra di farro calda e un calice di Chianti. Poi di nuovo, Grosseto, Civitavecchia, Roma (ingorghi sul GRA), Pomezia, Latina, Terracina, Formia. Piove sempre. Ma la nonna è lì, che ci aspetta. In ansia "come se avesse guidato lei tutto il giorno". Cara, vecchia nonna. Sempre la stessa. Non facciamo in tempo a toglierci le giacche e lei è già lì che mette la roba nei piatti. Una cena leggera per chi ha guidato 12 ore attraverso la penisola: risotto con salsiccia, caponata, polpette e provolone piccante. Nel giro di un’ora mia nonna riesce a farci vedere come si accendono e si spengono le stufe a gas, dov’è l’argenteria (nascosta, ovviamente), qual è il modo migliore per fare i letti d’inverno, come vanno tirate giù le saracinesche, qual è il modo giusto per lavare i piatti, come è necessario coprirsi con 4 plaid guardando la televisione perché "fa freddo" (ci sono ben 10 gradi, contro i -2 di Torino) e via dicendo. La sveglia è per il sabato mattina alle 7. Ma non abbiamo una sveglia. "Non vi preoccupate", dice lei. "Vi sveglio io". Inesorabile.
La mattina dopo è:
– Hai preso la borsa?
– Sì, nonna…
– La borsa.
– Sì.
– L’hai presa?
– Sì.
– E dov’è?
– E’ già in macchina, nonna.
– Ah bene. Aiutami a chiudere il gas e l’acqua.
[…]
– Stefania ha preso quell’altra borsa?
– Sì, è lì.
– Dove sta?
– Lì, guarda
– Ma non è quella, non è che me l’avete buttata?
[…]
Finalmente in macchina, pioggia torrenziale anche oggi. Cassino, Frosinone, Viterbo, Orvieto, Arezzo, Firenze. La nonna ci racconta la meravigliosa e triste storia della sua vita mentre procediamo. A 87 anni si ricorda tutto per filo e per segno, anche se è un po’ sorda e un tantino rintronata. Ci si ferma all’autogrill. Esperienza mistica: mia nonna e il self service del Ciao. Poi si riparte, Viareggio, La Spezia, Genova, Alessandria, Casale, Ivrea. La nonna viene consegnata, stanca ma integra. Purtroppo la nonna stanca non si esime dal voler cucinare spaghetti per tutta la tribù, irrompendo come un ciclone nella cucina dei miei e lasciando solo macerie dietro di sé. Perché lei è così, prendere o lasciare. Deve avere il controllo. Deve gestire. Ragazzina siciliana emigrata a Napoli per studiare, sposa bambina, madre di guerra, attualmente in dipendenza da programmi di approfondimento politico (gli unici che segue con grandissima attenzione). Quando mi chiede se preferisco Casini o Follini la guardo come se venisse da un’altro pianeta. Cara nonna. Per fortuna ho avuto l’intera domenica per rimettermi in sesto…