DRIVE-AWAY DOLLS E LA FOLLIA COEN

Se come me avevate dei dubbi su chi tra i due fratelli Coen fosse quello fuori di testa, con Drive-Away Dolls è tutto chiaro: è ovviamente Ethan Coen, che con questo road movie lesbico condito da visioni psichedeliche e dedicato alla famosa (tra i cultori del rock anni ’70) Cynthia Plaster Caster spinge fortissimo sul pedale del surreale, del crime/slapstick e dell’estetica neo-noir per cui i Coen stessi e Tarantino divennero famosi all’inizio dei ’90.

La premessa: un uomo viene decapitato e la sua preziosa valigetta rubata e messa nel bagagliaio di un’auto che deve essere consegnata a Tallahassee, Florida. Per un caso fortuito, la macchina viene data a Jamie e Marian (Margaret Qualley e Geraldine Viswanathan), due ragazze lesbiche dai caratteri opposti, una sfrenata e l’altra un po’ repressa.

Jamie a sua volta ha appena troncato con l’ex fidanzata Sukie (Beanie Feldstein), che è anche una poliziotta che indagherà sul caso in cui sono coinvolte a loro insaputa le due ragazze che a un certo punto del viaggio verso casa della zia di Marian (che vive appunto a Tallahassee) si rendono conto che nel bagagliaio c’è qualcosa in più di quello che loro pensavano.

Non dico di più perché tutto il film mette in scena una trovata comica dietro l’altra, tra pestaggi, cunnilingus, dyke bar, dildo enormi e camei di tutto rispetto (Matt Damon e Pedro Pascal quasi irriconoscibili). A condire il tutto, come dicevo, visioni psichedeliche di sesso, droga e rock’n’roll con Cynthia Plaster Caster che si dedica all’attività per cui sarà per sempre ricordata (ovvero, i calchi in gesso dei cazzi delle rockstar).

Una vera cavalcata selvaggia, scorretta e divertente che non annoia nemmeno per un minuto. Consigliatissimo.

DAMSEL: GIRL MEETS DRAGON

Damsel sulla carta è anche carino, non è il solito film col drago cattivo da ammazzare (cioè, sì, un po’ lo è ma non fino in fondo), ha un bel piglio e a parte una premessa tipicamente fiabesca un po’ campata in aria che giustifica tutto l’impianto narrativo seguente, ha anche un bel ritmo.

Il problema potrebbe essere che Millie Bobby Brown è un po’ troppo sfruttata da Netflix come la next big thing del cinema commerciale e lei povera ci si impegna di brutto, ma non riesce a bucare lo schermo come dovrebbe.

Perché per il resto siamo di fronte a un fantasy per ragazzi che mette insieme suggestioni da Alien e The Descent e che porta avanti un discorso di empowerment femminile che sì, OK, non ci può portare a definire il film “femminista” ma almeno mette in scena un’eroina interessante.

Millie deve sposarsi per forza con un principe belloccio, ma non si tratta del solito matrimonio combinato per dare un erede a un regno quanto piuttosto per dare una vittima sacrificale al drago che sta nascosto nella montagna. Che poi è un drago femmina, che negli anni ha divorato tante damigelle (“damsel”, appunto) per via di un accordo perverso con il re della premessa di cui sopra.

Senza spoilerare troppo (anche perché il film è un filo prevedibile), Millie e la draghessa ne faranno di tutti i colori spaccando culi e bruciando posti. Innocuo.

FOO FIGHTERS SPLATTER!

Ovviamente il film horror dei Foo Fighters è una solenne vaccata, questo va detto subito. Però è innegabilmente divertente la riproposizione di quelle vibe stile “Morte a 33 giri” e a tutto l’ambaradan da slasher demoniaco anni ’80.

Comunque: Dave Grohl e soci devono fare il nuovo disco, lo vogliono con un suono che spacca e cosa c’è di meglio che andarlo a registrare in una villazza a Encino dove 30 anni prima una oscura band grunge/metal aveva evocato un demone che – impossessatosi del corpo del leader – aveva trucidato male tutti i membri?

Studio 666 ha dalla sua – ovviamente – una notevole colonna sonora, un altissimo tasso di demenza e effetti prostetici allo stato dell’arte, con una spinta sul pedale del gore più estremo che mi ha fatto pensare a Terrifier di Damien Leone. Occhio: crani sfondati a manetta, cannibalismo, organi interni “sviscerati” e quant’altro. Divertente.