BRITPOP, SWAMPOP, TUTTOPOP

Io già non vado tantissimo ad ascoltare musica dal vivo (dovrei, ma mi viene voglia più che altro in estate). Figuriamoci se vado a sentire i gruppi di base – è una cosa che in genere evito. Però ieri sera sono andato a sentire gli SwamPop (ammetto di averlo fatto su invito di una graziosa collega fidanzata del bassista) e mi sono divertito. Volendo mettere i puntini sulle "i", il brit pop nelle sue varie declinazioni (Travis, Coldplay, Oasis, Keane, Stereophonics, etc.) non è precisamente il mio genere favorito, però è vero il contrario per Stefi, che si esalta con le mossette e i lamenti romantici di Everybody’s Changing, The Reason, She Will Be Loved e compagnia bella. Quindi si va, e gli Swampop sono belli freschi, coinvolgenti e soprattutto sorprendono con un recupero delle radici (al quadrato: rifanno i Beatles che rifanno Chuck Berry o si producono in una versione di Rocket Man che fa spuntare la lacrimuccia). Il fantasma di Megan Gale aleggia quando attaccano il tormentone dei Keane. Una gigantografia di Cristina d’Avena, torreggiante dietro la band, si accartoccia sul bassista e sul tastierista. L’ambiente è fumoso e alla fine anche io le canzoni le so, tanto le sento tutti i giorni in giro. Misto alle cover, qualche pezzo forte del repertorio originale (in italiano e inglese): non male, e comunque sono pezzi che non sfigurano assolutamente se paragonati alle hit internazionali proposte. Sul loro sito c’è scritto che tutti i concerti si tengono rigorosamente in kilt, ma ieri sera solo il batterista lo indossava. Mi domando se portasse anche la biancheria intima o no. A rigore, non si dovrebbe.

NESSUN APPIGLIO PER L’IDENTIFICAZIONE

Ho finito stanotte le ultime cinquanta pagine di Noi saremo tutto, l’ultimo romanzo di Valerio Evangelisti. Ammetto che partivo un po’ prevenuto, sapendo che si trattava della storia di un gangster con ambientazione portuale. Da bravo fan di Eymerich diffido dei nuovi personaggi. Ma mi fido ciecamente del talento narrativo di Evangelisti, che infatti non delude assolutamente. Anzi. Mi spingo a dire che Noi saremo tutto è il suo romanzo che mi ha colpito di più dai tempi di Cherudek! Scordatevi la mescolanza di piani temporali di Eymerich, scordatevi il fantastico che irrompe nella storia di Pantera. Eddie Florio, il protagonista di questo romanzo, è qualcosa di più (di peggio) di un antieroe, la categoria di personaggi che Evangelisti sa dipingere così bene. Eddie Florio è il male, è un antagonista assoluto. Schifoso, amorale, vigliacco, untuoso, stupratore, pedofilo, coprofilo, omicida, delatore, spia: sono tutti aggettivi che gli calzano come un guanto. Difficile, quindi, per il lettore, riuscire a trovare un appiglio per l’identificazione. Ed è così che Noi saremo tutto diventa un oggetto da interpretare con distacco quasi brechtiano. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato (e che è fondato su solide basi di ricerca storiografica, come sempre in Evangelisti) eppure un romanzo disturbante, che a tratti vorresti riporre per non doverlo più leggere. Un po’ come American Psycho di Ellis, con il quale condivide il modo di brutalizzare il lettore e di impedirgli una sana e comoda identificazione con il protagonista. Florio attraversa il Novecento come una malattia cronica della Storia. Il bello (o il brutto) è che siamo perfettamente consapevoli che sono i Florio della situazione a mandarla avanti (la storia, e anche la Storia). Sullo sfondo, l’evoluzione della sinistra americana e del movimento operaio e sindacale, dal 1919 al 1959 (e oltre, con propaggine desolata nel 1999). Evangelisti reinventa come sempre dall’interno le convenzioni del genere (stavolta il noir) e spiazza con continue ellissi temporali ed esplosioni di furia cieca. Gli squarci di luce che la narrazione proietta su una vita "in ombra" svelano scene che – decisamente – non sono per tutti gli stomaci. Noi saremo tutto, come ha scritto qualche giornale, è un po’ il C’era una volta in america di Evangelisti. Ma c’è da scommettere che non sarà portato al cinema con facilità…!

IL BAZAR DEL NATALE

Credo che l’amore vero passi anche da queste cose. Io che odio profondamente tutto quanto fa natale (i babbi, le slitte, le renne, i film tipo Polar Express, le lucine, gli alberi, i presepi, le candeline e la caccia al regalo, i campanellini e le musiche natalizie) mi scopro a guardare a bocca aperta un bazar in Via S. Francesco da Paola pieno zeppo di tutte queste cose, pensando a quanto potrebbero piacere a Stefi quelle ghirlande o quelle stelline intermittenti. Forse mi piegherò a fare l’albero…! 🙂