CASAIZZO SO ‘90S

Fantastico! Mi sento un casino tamarro! Sto realizzando una compilation personalizzata con i grandi successi dance degli anni ’90. Perché stavolta l’inevitabile revival lo voglio anticipare io… Sto riscoprendo perle nascoste come i mai dimenticati Snap (I’ve got the power!!!) o gli Enigma. Per non parlare degli Aqua, degli Ace of Base , di MC Hammer, del primo Will Smith, i Cardigans e compagnia bella! Poi ci sono gli inni generazionali come Here Comes the Hotstepper di Ini Kamoze o Informer di Snow, e i più oscuri Paraje e 20 Fingers (indimenticabili autori di Animalaction – più nota come Yepa Yepa! e Short Dick Man, forse il pezzo dance più imbarazzante dei ’90 insieme a Horny ’98 di Mousse T). E’ bello riscoprire i propri guilty pleasures musicali… soprattutto sapendo che quanto prima la compilation finirà nell’autoradio e le casse risuoneranno con i più grandi successi dei Vengaboys! 😀

UNA SERIE DI SFORTUNATI EVENTI: IL FUNESTO FILM

Che lo spirito del Conte Olaf sia con noi! Mi sa che ci voleva un film per far decollare le vendite dei volumi di Una serie di sfortunati eventi…! Certo è che, per chi si è già divorato gli 11 volumi disponibili su 13, il film di Brad Silberling tratto dai primi tre libri (Un Infausto Inizio, La Stanza delle Serpi e La Funesta Finestra) risulta affrettato e poco soddisfacente sul piano narrativo. Gli orfani Baudelaire non sono Harry Potter (assurdo il tentativo della stampa di creare rivalità stile Beatles vs. Rolling Stones) ed è chiaro che i libri di Snicket sono molto più orientati allo stile che non alla trama: solo negli ultimi volumi i misteri si infittiscono. E allora ecco che arriva il maledetto adattamento cinematografico, quello che fa da sempre tremare i fan della parola scritta. Nel film ci sono scene mai viste nei libri (discutibili) e c’è un rimescolamento di carte narrativo (originale). Forse è vero che un film non avrebbe potuto reggere l’interesse senza qualche succoso indizio sul misterioso incendio di casa Baudelaire, ma in compenso i personaggi di contorno (Giudice Strauss, zio Monty e zia Josephine) che tanto peso hanno nei libri in quanto elemento "di rottura" che definisce la diversità di un volume rispetto ad un altro sono parecchio striminziti. Tutto questo comunque va a favore dei tre elementi più azzeccati del film: Jim Carrey sempre e comunque, in tutti i suoi geniali travestimenti; i ragazzi, molto azzeccati e in parte; le scenografie eccezionali che da sole comunicano meglio di ogni altra cosa il mood del film. Certo che questo non basta a fare un bel film se la storia zoppica… Rimanderei il giudizio ad una versione "allungata" da vedere magari in DVD. Peraltro, occhio ai titoli di coda del film (e anche a quelli di testa, se è per quello)… Tra le cose migliori viste negli ultimi anni in tema di animazione 2D e 3D…! 🙂

UNE LECTURE PARESSEUSE

Ci sono quelle volte che avresti bisogno di una matita per sottolineare le frasi di un libro, anche se di solito non lo fai, e ti danno fastidio quelli che scribacchiano, evidenziano e annotano compiaciuti (di solito lo fanno su una copia di un libro di Saint-Exupery, Hesse o Fromm – alla peggio su quei libri che persino Bridget Jones butterebbe nel cestino della spazzatura). A me questo impulso è capitato con pochissimi romanzi (forse in particolare solo con Il giovane Holden) e con ancora meno saggi (magari qualcosa di Guy Debord o di Baudrillard, giusto per fare il figo). Il pamphlet di Corinne Maier Buongiorno pigrizia, però, è talmente illuminante da riuscire a farti reagire fisicamente durante la lettura. La Maier non scrive nulla che non sappiamo già da anni sulla vita sclerotizzata e sui riti dell’azienda, sulla neolingua tremenda del marketing fine a sé stesso e sul lavoro in generale. Però ha il coraggio di scriverlo e di scriverlo bene. Il capitalismo è in crisi? La vita aziendale somiglia pericolosamente a Dawn of the Dead? Benissimo, la Maier mette il dito nella piaga e lo rigira facendo uscire tutto il pus che si nasconde dietro il marcio della mobilità, del lavoro interinale, delle società di servizi, della motivazione, dei seminari, del lavorare in team, delle riunioni, della "gestione dei progetti", della burocrazia, dei falsi miti (la "grande famiglia"), degli "yes-men", della new economy e chi più ne ha più ne metta. Dedicato a chi pensava che in Francia andasse meglio. A chi sa già tutto e vuole comunque farsi due risate (per quanto amarissime). Ai neolaureati che ingenuamente credono ancora che i loro anni di studio abbiano un qualche senso ai fini del lavoro e sposano con entusiasmo le vision, le mission e le convention. Aprite gli occhi! Il lavoro non definisce più l’uomo, non lo nobilita. Il lavoro aziendale è un vuoto ripetersi di gesti meccanici, senza alcuno scopo. Ma non ribellatevi al sistema, se non volete perdere il posto: la strategia giusta è la pigrizia. Dare l’impressione di essere molto affaccendati. E’ un’arte che si impara col tempo, e il libro non la può insegnare. Ma può indicare la via…