COMMEDIA SOCIALE, C’E’ ANCORA SPERANZA?

Un buon film per un’oziosa serata estiva: In Good Company, recente commedia dei fratelli Weitz (quelli di American Pie e About a Boy). Siamo più dalle parti di About a Boy, comunque, e in definitiva si può anche dire che i registi si sono "classicizzati". Che non è una brutta cosa, anzi. La storia del vecchio direttore commerciale che in seguito all’acquisizione della compagnia si vede sottoposto al giovane markettaro rampante che per di più ci prova con la figlia si risolve in una commedia un po’ rosa e un po’ amara, che sarebbe piaciuta a Billy Wilder. E’ raro che un film americano sottolinei la pochezza e il vuoto del capitalismo all’ultimo stadio e – anche se non si può parlare di film di denuncia – va detto che un certo coraggio i registi l’hanno avuto. La gente della middle class che deve aprire un mutuo per fare qualsiasi cosa non ha molto appeal cinematografico, solitamente. Le ottime interpretazioni di Dennis Quaid, Scarlett Johansson e soprattutto del (quasi) inedito Topher Grace sono la ciliegina sulla torta di un piccolo film che non delude nemmeno nel finale, solo parzialmente hollywoodiano.

IL GENIO DELL’ARIA COMPRESSA

Da Paolo Attivissimo un link che mi fa aumentare la salivazione! Cosa non darei per non avere un cazzo da fare come il simpatico gestore di Fotoopa, che si diletta di fotografie ad alta velocità e sperimenta con fucili ad aria compressa, palloncini, bicchieri, zucchero, lampadine, gocce d’acqua e bilie… Peccato che non tutte le descrizioni sono tradotte in inglese (il tizio è olandese). Secondo me, un genio.

IL RITORNO DI DIO NIKE

Dio Nike è tornato. Si tratta di una visione mistica del vecchio barbuto con le Nike ai piedi. L’ho visto la prima volta vicino ad un rifugio alpino in alta val Chisone. Lo rivedo ogni volta che mi spingo a piedi sopra i 1.700 metri di altitudine. Ma andiamo con ordine. Per combattere l’ansia da città io e Stefi abbiamo optato per un weekend alle Terme di Valdieri. Il luogo di "ritrovo" di Vittorio Emanuele II con la Bela Rosin. Idoneo al massimo per noi, dal momento che una delle nostre fantasie più ricorrenti è quella di immaginarci nei panni della scandalosa coppia ottocentesca! Il posto è bello, tranquillo, in alta valle Gesso (sopra Borgo San Dalmazzo). Il Grand Hotel Royal è pressoché come te lo immagini. Entri e ti sembra di stare sotto i portici di Piazza San Carlo ma senza tori cui pestare gli attributi e in generale senza calca e senza negozi. Direi un portico metafisico, l’idea stessa del portico, il suo noumeno. Comunque. Negli anfratti del portico ci sono i tavolini verdi per giocare a carte: si sa, quello è il passatempo preferito dagli anziani clienti dell’Hotel. Perché il concetto di weekend benessere qui non è ancora molto arrivato: le terme sono e restano un parcheggio estivo per anziani doloranti. Le stanze, sopra, sono moderne e ristrutturate (delusione). Il ristorante interno però fa la sua porca figura. Sembra di stare in un film di Visconti. Il maitre (il signor Mario) – una via di mezzo tra il Bruno Ganz di Pane e tulipani e l’Anthony Hopkins di Quel che resta del giorno – piroetta tra i tavoli in smoking nero, con un fazzoletto di seta rosso nel taschino. Geniale. Il primo giorno è dedicato completamente all’ammollo nella piscina termale e al massaggio di 50 minuti nelle salette dedicate. Il massaggio total body può lasciare un po’ perplessi (per me era la prima volta) solo per il fatto del perizoma. Cioè, ti fanno spogliare completamente e ti fanno indossare un perizoma di tessuto non tessuto. Che poi somigli al protagonista di un porno datato 1978. Dal sapore vagamente gay, per giunta. Inoltre, come pensano queste fisoterapiste di massaggiarti tutto il corpo senza che il perizoma di tessuto non tessuto si tenda o peggio ancora si laceri? Fortunatamente metà del tempo lo passi a pancia in giù e per l’altra metà del tempo ti addormenti beatamente. Il giorno dopo, decidiamo per la passeggiata in montagna. Un percorso dai 1.300 delle terme ai 1.760 della riserva reale di caccia. "Un percorso che fanno tutti gli anziani e i bambini senza problemi", dicono i locali. Un percorso che dovrebbe durare un’ora e mezza. Sprovveduti come sempre, lo affrontiamo senza acqua e senza panini partendo alle 10. E qui entra in scena Dio Nike. Lo vedo ormai ad ogni tornante, mentre gli scattosi ultrasessantenni procedono spediti ed io e Stefi stramazziamo al suolo. Mi dice "Continua, perché il bello della montagna è la soddisfazione di arrivare in cima". Arriviamo in cima alle 13, schiumanti. Tutti i trekker intorno a noi mangiano e bevono. Noi ci attacchiamo alla fontana e ci riempiamo la pancia di acqua gelida. Poi immergiamo i piedi nel ruscello alpino per decongestionarli. Colti da una fame devastante, poi, scendiamo a valle. Arriviamo a destinazione alle 15. Abbandonati persino da Dio Nike. Arrivati al punto di partenza, si para dinanzi a noi il banchetto "Sapori di una volta" con salumi e formaggi d’alpeggio. "Signori, gradite un assaggio di…". Sì. Lo gradiamo.