1985. Tutto mi è estraneo. Riesco a vivere soltanto nel vuoto, nella negazione. Eppure, quel mondo che rifiuto in qualche modo mi attira. Nei boschi il caldo si stempera in un fruscio di rametti. Posso sedere e osservare, soltanto questo. Di tanto in tanto, A. mi accompagna. Restiamo in silenzio a guardare l’orizzonte, oppure scalciamo le foglie morte ascoltando Thunder Road. A. sembra più grande, e mentre sta in silenzio non posso fare a meno di guardarla. Con la coda dell’occhio, però. L’ora, le cinque del pomeriggio. Il sole è ancora caldo, anche se le giornate si accorciano. Qualcosa che sta per finire. Stesi sul crinale, dietro le rovine del castello, fumiamo le Diana rubate alla madre di A. Si gira su un fianco, vicinissimo a me. Tutto resta in sospeso. La guardo negli occhi, ma non riesco a poggiare le mie labbra sulle sue. A. inspira, torna a guardare il sole e fuma. Io fingo che non sia successo nulla. Tutto mi è estraneo.
NARNIA: ASPETTATIVE E RISULTATI
Contrariamente ad ogni aspettativa, Le Cronache di Narnia scattano al primo posto tra i fantasy visti quest’anno. Vabbè non mi nasconderò dietro un dito: come film mi è piaciuto più di Harry Potter e il Calice di Fuoco. Forse la parola chiave è proprio l’aspettativa. Per Narnia ce n’era di meno. E poi, il romanzo di Lewis è più contenuto, nemmeno 200 pagine. Il che vuol dire che anche i fan del libro hanno visto tutto quello che poteva essere visto nella trasposizione cinematografica. Anche di più, se possibile. E comunque, inutile dirlo, Narnia porta una ventata di aria nuova. Ragazzini perfetti, specie la più piccola. Animali e creature mitiche a go-go. Soprattutto Tilda Swinton, sempre e comunque. La sua strega bianca è erotica e crudele, glaciale e selvaggia (gran lavoro della costumista, in questo senso). Ovviamente Narnia sembrerà ai più un mix di temi tolkieniani e potteriani. Infatti Lewis ha avuto molto a che fare con la genesi della Terra di Mezzo (se non altro perché lui e Tolkien si consigliavano reciprocamente sulle loro creazioni) e la Rowling non ha mai nascosto di amare le Cronache di Narnia e di aver preso creature e simbologie a piene mani per il suo ciclo di romanzi. E Lewis a sua volta ha preso di peso un po’ di simbologia cristiana e l’ha concentrata nella figura del mitico leone Aslan. Ma anche se è tutta una questione di sensazioni e lo stesso autore ha sempre asserito di non aver voluto scrivere un libro di catechismo mascherato da fantasy, i fantastici teo-con (che dio li abbia in gloria) sbandierano Narnia come se fosse La Passione di Cristo ad uso e consumo dei più piccoli. E’ vero che c’è una scena molto simile, non dico di no. Ma fa parte dell’eterna lotta tra il bene e il male tipica della letteratura fantasy, e comunque allora anche Harry Potter in realtà è Gesù Cristo…! Va beh, a parte il delirio religioso, Narnia è visivamente splendido, a partire dalla prima sequenza dei bombardamenti su Londra fino al finale con i quattro re ormai cresciuti. Adamson è riuscito a dare ai personaggi il giusto spessore che ad esser sinceri nel libro si potevano soltanto intuire. Scenari soprattutto naturali assolutamente degni di nota (del resto ormai la Nuova Zelanda è la terra del fantasy). Storia universale e toccante (chi non ha mai desiderato scoprire un mondo intero dentro un armadio? Anzi, a ben vedere, chi non l’ha mai scoperto?) ma soprattutto equilibrata e "credibile". Unica nota negativa (perché c’è sempre una nota negativa) il leone Aslan. Il personaggio più atteso, quello che appare dopo più di un’ora di film, il grande re di tutta Narnia (il creatore vero e proprio, come si vedrà in "Il nipote del mago"), doppiato in originale da Liam Neeson, in italiano ha la voce di… Omar Sharif. Grande attore, non si discute. Che però ha dato al leone la voce di un ottantenne siciliano ubriaco che tenta di imitare un accento oxfordiano. Assolutamente terribile. Ogni volta che Aslan dice qualcosa il pubblico scoppia a ridere. Il problema è che Aslan pronuncia le frasi più "serie" di tutto il film. Clamoroso autogol. Bisognerà aspettare il DVD per vedersi il film in inglese. Così purtroppo è un vero scempio.
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L’OZIO COME STILE DI VITA
Grazie a Mr. Focaccina che mi ha donato uno dei libri più divertenti letti nel 2005: consiglio vivamente a tutti L’ozio come stile di vita (c’è pure il sito, toh) di Tom Hodgkinson. Uno che non si capisce se veramente non fa un cazzo dal mattino alla sera o è tutta una finta. Però il libro è un oggetto alieno, ha una grafica anni ’20 e una sovracoperta fintamente unta e macchiata di muffa. A prima vista sembra un tesoro da bancarella. Invece è una delle uscite natalizie di Rizzoli, ed è un concentrato di riflessioni sull’otium, sulla contemplazione, sul dormire, sugli stati ipnagogici (nei quali io modestamente sono un’autorità conclamata) sulle sostanze psicotrope, sulla pinta di birra e sulla sigaretta fumata rilassati, sulla pesca, sul sesso sonnacchioso e prolungato, sull’arte di non fare un cazzo in ogni momento possibile. Il tutto condito da grande abbondanza di citazioni che vanno da Cicerone a Coleridge, da De Quincey a Camus, da Huysmans a Whitman (tutti grandi oziosi, pare). Sembrerebbe veramente un pamphlet scritto all’inizio del secolo, non fosse che l’autore ha circa la mia età, si fa gli acidi e mescola Epitteto con i Clash e (udite, udite) i Crass! Un libro da divorare, possibilmente a letto, sotto il piumone, mentre gli altri lavorano. E da ripensare. Perché l’ozioso pensa, e per questo è una minaccia intollerabile per la società.
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