ADESSO ANCHE IO HO LA MIA STORIA

Ho rivisto per la seconda volta The Weather Man. La prima volta è stato prima che mio padre morisse. Ma l’effetto è quasi lo stesso, come se non fosse cambiato nulla da tre mesi a questa parte. E invece è cambiato tutto. Ho notato ancora una volta quanto i film più universali, quelli che toccano tutti dentro almeno un po’ sono i film in cui il padre del protagonista muore. La morte del padre come topos narrativo. Se ci si pensa, è così. E’ la prova definitiva che volente o nolente ti proietta nell’età adulta. Quella dove di facile non c’è più nulla. Ed è per questo motivo che, tra tutte le cose che mi sono state dette negli ultimi mesi, la più bella di tutte, quella che tengo più cara al mio cuore è la frase "Adesso anche tu hai la tua storia". Tutti hanno una storia, prima o poi. Ora ne ho una anche io.

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GOING AWAY ON A STRANGE DAYS

In questi giorni sto ascoltando a ripetizione le "deluxe editions" di Seventeen Seconds, Faith e Pornography dei Cure. Il che non è un bene per l’umore, ma insomma, meglio quelli dei Suicide e dei Killing Joke, no? A tratti torno alla mia adolescenza goth (una volta si diceva "dark") e mi crogiolo nella lentezza dei synth. Serve soprattutto quando si tocca il fondo nel mare della burocrazia. Forse voi credevate, solo perché non ne parlo da un po’, che sia finito il balletto dei moduli e delle lettere protocollate. Non è così. Anche quando credo che sia tutto finito, salta fuori qualcosa che avevo dimenticato. E quando ci metti una pezza (il che vuol dire almeno due giorni persi a telefonare a qualche oscuro ufficio di Ivrea più un paio d’ore di code in posti poco raccomandabili per chi voglia mantenere un certo equilibrio mentale, tipo le Poste Italiane) saltano fuori altre quattro cose collegate che diventa indispensabile fare.. Tipo estingui la carta di credito, tipo ricorda di volturare la moto, tipo informati sulle spese condominiali, tipo cerca di capire se e come pagare l’ICI. Basta. Basta. BastaAnd the sand and the sea grows I close my eyes / Move slowly through drowning waves / Going away on a strange day

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IO VOMITO E LORO SCOPANO. CHIARO, NO?

Sono in mutua. Il mio corpo si è ribellato. La scorsa notte, dopo una giornata di agonia passata in riunioni durante le quali il mio unico desiderio era andare in bagno, gli omini che abitano nella mia pancia hanno deciso di strizzare il mio stomaco e il mio esofago torcendoli come si fa coi panni per togliere l’umidità in eccesso. In questo caso, ovviamente, si trattava di cibo cinese in eccesso. Nella foga di arrivare in tempo sul water e di non sporcare l’asse (le donne non vogliono MAI che si sporchi l’asse) ho tentato di tirarlo su proprio mentre gli spaghetti di riso con gamberi si proiettavano fuori ad una velocità di 20 km/h. Con una certa sorpresa, subito annullata dalla torsione di tutte le fibre del mio corpo, mi sono dato l’asse del cesso sugli incisivi superiori, spaccando un pezzo di dente (finto, eh… però fa incazzare). Per me vomitare è innaturale. Se posso evito. E’ la cosa che più mi turba al mondo. Posso vedere gente ferita ma non gente che vomita. Soprattutto se quello che vomita sono io. Comunque sia, comprendo la necessità di liberarsi… dopo si sta meglio. Ieri notte l’ho fatto tre volte, e ho sentito le mie costole e la mia colonna vertebrale attuare espansioni e contrazioni estremamente spiacevoli, di cui risento tuttora. Comunque, se il mio corpo ha deciso così, vuol dire che dovevo prendermi una pausa. Così, scrivo queste righe prima di andare a letto, accompagnato da un suono ritmico, che fino a qualche minuto fa credevo provenisse dalla mia testa. Invece proviene dai vicini del piano di sopra. Stanno scopando da quindici minuti buoni sempre allo stesso ritmo, con un rumore nettissimo di molle del letto che cigolano seguito una frazione di secondo dopo dal suono della testiera che sbatte sul muro. Il mio vicino è una macchina: non perde mai un colpo! Il rumore mi ricorda Delicatessen, un vecchio film che ho rivisto da poco. Adesso hanno smesso per qualche secondo, si sono spostati emettendo qualche gemito soffocato e hanno ricominciato. Non che io voglia per forza fare l’audio-voyeur, ma che senso ha soffocare un gemito se praticamente stai facendo crollare il soffitto in testa al tuo condòmino malato? Comunque complimenti… Alla fine ce l’hanno fatta! Però mi domando perché, dopo, debbano fare dei rumori molto più forti, come se stessero spostando i mobili di casa loro. Forse la cosa si può spiegare col fatto che lui di mestiere fa il traslocatore?

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