THE FALL GUY: MAZZATE DECOSTRUITE

Da quando David Leitch ha fatto rinascere l’action occidentale, non c’è niente come un bel film “ispirato a David Leitch” per spegnere un po’ il cervello e vedere qualche mazzata ben coreografata. Se poi il film in questione è effettivamente girato da David Leitch e per di più annovera tra i protagonisti Ryan Gosling e Emily Blunt, beh… shut up and take my money, come dice il meme. 

The Fall Guy, cioè letteralmente il “cascatore” è lui, Ryan Gosling, segretamente innamorato della sua regista Emily Blunt, che a causa di un incidente peraltro causato dall’attore di cui lui è la controfigura finisce in un luogo buio della sua carriera. La produttrice (una irriconoscibile Hannah Waddingham) lo richiama per una missione segreta, ritrovare l’attrice del film che stanno producendo, che è scomparsa.

Seguono mazzate. Stupisce il trattamento e il tono del film, che è spesso gestito come una commedia romantica con mazzate (anzi, siamo dalle parti della screwball comedy) piuttosto che come un film di mazzate con un interesse romantico da conquistare. 

Ryan Gosling, non so se gli è rimasto appiccicato addosso un po’ di Ken, ma è diventato il prototipo del nuovo maschio in contatto con le sue emozioni e capace di decostruirsi al telefono con l’amata mentre fa esplodere qualche barca nel porto di Sydney. Dai, tutto sommato due ore ben spese.

ABIGAIL: RAPIMENTI E VAMPIRI

Come non amare un film come Abigail dove prendono il classico heist movie e lo ibridano con il film di vampiri ma dove – plot twist! – la vampira è la piccola Alisha Weir, già protagonista del recente Matilda – The Musical?

Intendiamoci, Abigail è una cagata pazzesca, dove tutti sono dei cani maledetti, persino Dan Stevens e Giancarlo Esposito che di solito si salvano. C’è la noiosissima parte del rapimento della bambina, della presentazione dei membri della banda (lo scemo, il forzuto, la mente, la perfida, la materna), poi la classica premessa horror (“dovete passare indenni la notte qua”) e solo dopo 40 minuti Abigail si rivela.

Quando il film prende una piega vampirica, tutto è giocato sul filo del trash, tanto che sembra di vedere un episodio di What We Do In The Shadows: Abigail che balla (male) il lago dei cigni, Abigail che cammina sui muri, Abigail con la dentatura da vampiro di serie B anni ’80.

Quello che fa mantenere il sorriso è che questa ragazzina si deve essere divertita un mondo a fare questo film con quei due smargiassi di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (già colpevoli degli ultimi trashissimi Scream).

IMMACULATE: NUNXPLOITATION AL MEGLIO

Immaculate è un horror abbastanza tradizionale, filone satanico e sottogenere nunxploitation, con evidenti riferimenti a Il presagio, Suspiria, Rosemary’s Baby. Riferimenti alti, quindi. Che però il regista Michael Mohan onora nel modo giusto. Sydney Sweeney, sempre più lanciata, qui protagonista assoluta e produttrice esecutiva, si è scelta un ruolo scomodo che però mette in luce tutte le sue doti da scream queen.

Sweeney è Sister Cecilia, suorina americana che si trasferisce in un inquietante convento del centro Italia dove Alvaro Morte è Padre Tedeschi, c’è un ginecologo di nome Enzo (cosa ci fa un ginecologo in un convento? Sembra l’inizio di una barzelletta sporca, lo so), la madre superiora cattivissima è Dora Romano, poi ci sono Benedetta Porcaroli, Simona Tabasco, insomma: suore ne abbiamo.

Già il film comincia con una sequenza angustiante di una suorina sepolta viva e via andare. Dopodiché le suore del convento passano il tempo a occuparsi delle suore più anziane (è un convento RSA) e ogni tanto succede qualche fatto di sangue, qualche roba inquietante o Benedetta Porcaroli dice “cazzo”. 

Com’è, come non è, Sister Cecilia a un certo punto si scopre incinta (per giustificare il titolo). Ecco che il dottor Enzo ha un suo perché! Il problema (SPOILER SE NON VOLETE CONOSCERE L’ASSURDA PREMESSA DEL FILM) è che Padre Tedeschi ha scoperto che la reliquia custodita nel convento (un chiodo della croce di Cristo) conserva brandelli di tessuto da cui Tedeschi – che ovviamente è un genetista sopraffino – sta cercando di clonare Gesù manco fosse un velociraptor qualsiasi!

Come genetista ovviamente non è molto bravo, dato che conserva nei sotterranei in altrettanti barattoli di vetro, tutti i feti malformati dei suoi precedenti esperimenti impiantati nel grembo di altre suorine (poi ovviamente fatte sparire, tipo quella all’inizio del film). Insomma, Sister Cecilia è obbligata a portare a termine la gravidanza, ma in una sequenza finale cruentissima e sicuramente non per stomaci o cuori deboli, rappresenta molto bene quello che ha in mente quando dice “my body, my choice“.

Lo so che raccontato così Immaculate sembra una stronzata. Invece è uno degli horror più interessanti visti quest’anno, un po’ per il setting inusuale, un po’ per l’alternanza di scene molto calme ed eccessi splatter non da poco, un po’ per la valenza politica che ci ho visto (ma non ce l’ho vista solo io).

Vedetelo, a meno che non siate pro-life.