CATTIVERIE ALL’INGLESE

Wicked Little Letters è il classico film inglese, pensato per chi ama le commedie inglesi che possibilmente si svolgono negli anni ’20 del ‘900 e va in sollucchero per Olivia Colman che sbrocca come Nicolas Cage ma in modo “più inglese”. Cioè, pensato per me.

La storia si gioca tutta tra la zitella inacidita Edith (il personaggio di Colman) e la svergognata giovane vedova Rose (Jesse Buckley, già vista in Men e in Sto pensando di finirla qui). A quanto pare, quest’ultima manda delle lettere minatorie a Edith che contengono una grande abbondanza di four letter words abbinate in modo super creativo.

A una giovane poliziotta di colore (!), aiutata dalle amiche del bridge di Edith, spetta il compito di svelare l’arcano e capire qual è la mano infida che si cela dietro quelle scandalose lettere. L’investigazione svela man mano via flashback il passato che lega Edith e Rose, fino ai colpi di scena finali che ovviamente non vi dico.

Tratto da una storia vera, superinglese.

THE FIRST OMEN NON SI SCORDA MAI

Era necessario The First Omen? Boh, forse sì, per noi che non ne abbiamo mai abbastanza del piccolo anticristo. Il fatto è che qui si parla di quando Damien non era ancora nato, e della storia della sua nascita (ricordate? Partorito da una femmina di sciacallo e poi adottato da Gregory Peck e Lee Remick).

Ecco, il peccato originale di The First Omen è quello di aver concepito un prequel ben fatto (anche se la storia della suorina che arriva in Italia e finisce in un complotto demoniaco è un topos portato avanti mille volte meglio da Immaculate) ma non in linea con la lore originale. Infatti qui non è uno sciacallo ad essere la madre di Damien, anche se uno sciacallo demoniaco alla fine tra le fiamme si vede.

Comunque. L’atmosfera è malsana il giusto, ci sono le solite scene di suore che si immolano per la maggior gloria di Satana, c’è una ricostruzione molto interessante dell’Italia degli anni ’70 che per la media dei film hollywoodiani è inedita e c’è un plot twist abbastanza originale (gli araldi di Damien non sono in realtà satanisti ma preti e suore che vogliono la venuta dell’anticristo per spaventare i fedeli e farli tornare tra le braccia di santa madre chiesa).

Di gore ce n’è a sufficienza e Nell Tiger Free (che nome magnifico) interpreta con grinta la protagonista suor Margaret. Peccato che alla fine ci sia una scena che lascerebbe intendere uno sviluppo della storia di suor Margaret in un ipotetico sequel. Cioè, un sequel del prequel che comunque un sequel ce l’ha già e sarebbe un film del 1974.

ARGYLLE: NE AVEVAMO BISOGNO?

Periodo di action movie, questo. Ma dove David Leitch vince (The Fall Guy), Matthew Vaughn invece annoia un po’. Argylle è una spy story action che vorrebbe essere molto divertente e molto meta ma spreca quasi tutte le sue cartucce diluendo la sua cervellotica trama in due ore e venti di durata e affidando tutte le parti secondarie (ma fondamentali per l’economia del film) a dei cani maledetti, o meglio attori cui probabilmente è stato consigliato di recitare in modo svogliato e sopra le righe, per la questione “meta” di cui sopra.

Comunque, insomma, c’è Bryce Dallas Howard famosissima scrittrice di romanzi di spionaggio incentrati sulla figura della super spia Argylle (Henry Cavill) che si muove in un mondo alla 007 ma più prevedibile e cringe. Solo che viene fuori che tutto quello che la nostra eroina scrive, succede veramente nella realtà, dove la super spia è in realtà un luridissimo Sam Rockwell incaricato di prendere in carico l’incredula scrittrice e portare a termine una vera missione.

Data la lungaggine del film e l’inconsistenza delle parti comiche è abbastanza impossibile non addormentarsi a tratti. A un certo punto arriva anche Samuel L. Jackson e allora ti risvegli, ma solo per capire che gli hanno affidato una delle parti più idiote della sua carriera. Mah.