Ho voluto vedere The Beekeeper di David Ayer più che altro per confermare un mio sospetto, e cioè che fosse un film talmente di merda che fa il giro e diventa godibile. Sospetto ampiamente confermato.
Il nostro Jason Statham è un beekeeper, cioè un apicoltore. La commedia degli equivoci sta nel fatto che i beekeeper sono una sorta di corpo speciale segretissimo che nemmeno CIA ed FBI conoscono, delle implacabili macchine di morte. Ma Statham, oltre a quello, è anche un vero apicoltore, con le arnie, le fumigazioni e tutte cose, che peraltro nasconde un telefono satellitare in una delle arnie.
Ma insomma, com’è come non è, Statham apicoltoreggia nel terreno della sua anziana amica slash madre surrogata che un bel giorno viene truffata da un gruppo di hacker cattivi che mettono il malware nei computer e ti prosciugano il conto in banca. La vecchia per lo sconforto si uccide e lì parte la vendetta tremenda vendetta del beekeeper.
Dopo i primi venti minuti, quindi, il film decolla, con Statham che si presenta nel finto call center dei truffatori con due taniche di benzina e una cazzimma grande così. Seguono esplosioni, gente che muore male, il capo dei supercattivi (Josh Hutcherson nel ruolo del nepo baby tech bro) e il suo consigliori (Jeremy Irons nella sua marchetta migliore) che gli buttano addosso un boss intermedio dietro l’altro – e Statham li fa fuori tutti in modi molto creativi.
Tutto ciò sempre con un montaggio schizofrenico e una sceneggiatura che – siccome il film si intitola The Beekeeper – non può esimersi dall’infilare ogni 10 minuti al massimo una battuta sulle api tipo “to bee or not to bee” o reference al lavoro dei fuchi, alla protezione dell’alveare, alla necessità di eliminare l’ape regina, etc.
Viene fuori infatti che la madre dell’odioso pischello truffatore è… ma no, perché togliervi la sorpresa. Comunque, un sacco di ossa rotte e di accoltellamenti, impiccagioni improvvisate, una bella caduta in ascensore e tutto sommato un’ora e quaranta di spensieratezza e mazzate.