STOP THE PIGEON

Una brezza sottile. Rumore di campane. Occhi impastati, immagini a brandelli del solito sogno. I cunicoli, i nascondigli, scappare da qualcosa di oscuro, proteggere qualcuno. Mi giro, mi scopro, appoggio la faccia su un ammasso di cuscini sprimacciati. Rumori attutiti di là. Le ragazze hanno chiuso la porta, per lasciarmi dormire fino all’ora di pranzo. E’ domenica.

Improvvisamente, il primo urlo. Poi, una raffica di “AAAAH!”, “NOOOOOOOO!”, “Il piccioneeee!”, “oddioddioddio che schifoooooo!” intervallati da bestemmie varie, miagolii terrorizzati e rumori di qualcosa che frulla. Mi alzo poco prima che le ragazze urlino “Pietrooooooo!”. Arrivo in cucina nella classica mise domenicale: boxer sformati, bocca allappata, ciabattine giapponesi di legno. Biascico un “Cazzosuccedehhh?” e loro mi indicano l’invasore spaziale.

Un enorme piccione nero è momentaneamente appollaiato sul faretto della cucina. “Minchia, ma è un corvo“, azzardo io. “No, è un piccioneee-eee-eee!” ribattono loro in preda all’isteria. Stefi non riesce più a parlare, rabbrividisce soltanto. Francy, l’amica dottoressa, si affretta a razionalizzare il terrore spiegandomi che il piccione porta malattie, è scortese e maleducato e con ogni probabilità cagherà nel lavandino di cucina e sui fornelli, compromettendo per sempre la nostra salute.

Nel frattempo mi mette in mano un bastone appuntito, ricordo del cammino di Santiago di Compostela (che io non ho mai percorso, ma del resto anche chi me lo ha regalato lo ha fatto in macchina). L’idea sarebbe quella di impalare il piccione e sbarazzarsi del cadavere. “Ok”, dico. “Però prima mi lasciate lavare in pace… Chiudetelo dentro che poi me ne occupo io”. Mentre scatarro e mi lavo la faccia medito sul da farsi. La soluzione finale non fa per me, preferirei rimandare il piccione nel suo habitat naturale, piuttosto che al creatore.

Entro in cucina armato di bastone sacro (il mio personale jesus stick) e provo a stuzzicare la bestia. Il risultato è che il piccione comincia a frullare come un pazzo e a sbattere sulla finestra chiusa, raspando le tende con i suoi piccoli artigli aguzzi. Il bastardo è entrato dalla porta del balcone, ma non ne vuole sapere di uscire da lì. Dovrebbe spostarsi dalla nicchia, svolazzare verso di me e deviare per ritornare all’aperto. Il bastone lo intimorisce, ma non lo convince ad andarsene.

Tento il tutto per tutto con la diplomazia e il dialogo. Gli offro un Dixi. Mi rendo conto ben presto che non verrà a prendere il Dixi dalla mia mano tesa, quindi semino alcuni cornetti di mais sul pavimento indicando la strada per il balcone. Il piccione fa “glu” e non accenna a spostarsi dal suo attuale nascondiglio, tra il bollitore e la bistecchiera. Dei Dixi se ne sbatte altamente. Provo a fare “glu” anche io, non si sa mai. Potrei sedurlo e convincerlo ad andarsene. Povia insegna.

Alla fine mi faccio coraggio, abbandono Dixi e bastone, mi avvicino a mani nude, a rischio frullo di piccione in faccia. Gli apro lentamente la finestra, che per giunta è a compasso (quindi di difficile comprensione per il cervello di un pennuto) e spero che se ne vada. Non se ne va. Riprendo il bastone e azzardo un “glu glu” agitandomi nella sua direzione. Finalmente si appollaia sul bordo della finestra. Dopo pochi secondi capisce che può volare via.

Esce. Fuori da quella casa inospitale dove lo hanno trattato a bastonate e gli hanno offerto cibo indegno. Lontano da quell’uomo in boxer che storpiava il suo linguaggio in modo barbaro. Via da quelle donne isteriche che lo terrorizzavano con i loro strilli. Ma non prima di aver lasciato una copiosa striscia di guano sulle tendine bianche della finestra. Glu.

5 risposte a “STOP THE PIGEON”

  1. io comunque avrei preso le mitiche dixi fossi stato in lui 🙂 Da noi invece vige pipistrellandia..

  2. Per ragioni genealogiche (come insegnato a pranzo oggi), non posso non essere solidale con il povero Piccione spaurito… Lodi però anche all’impavido Izzo: vedrai che adesso per riconoscenza il Piccione verrà a fare il nido sul tuo balcone 🙂

  3. Povero malcapitato! Vederti in boxer non dov’essere stata una bella esperienza! 😛
    A casa dei miei capitava spesso invece di liberare dalla canna fumaria (alla quale si attacca la cappa della cucina) passerotti, gazze, tortore e una volta anche un merlo. I poveracci, non si sa come, finivano sempre nel camino e piano piano volavano fin alla metà della canna fumaria dove li sentivamo implorare attraverso la deviazione della cappa. Essendo la più piccola mi è sempre toccato farmi beccare mani e braccia dagli ingrati che non capivano il mio gesto caritevole.
    Quando invece mi piombavano le lucertole sul balcone erano reazioni isteriche come la Stefi. Gli orribili rettilini non si preoccupavano mai di me in piedi sulla sedia! Allora ho inziato di volta in volta a scendere e ignorarli a mia volta!

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