PETER PAN, TRILLY E IL BAMBINO PERDUTO

La velocità con la quale i fatti nella vita del sottoscritto si susseguono contribuisce a creare quell’aura di irrealtà a molte delle cose che mi succedono. Ad esempio, è da qualche mese che un’altra parte della mia personalità sta crescendo. Parlo di quello spazio relazionale costituito dal giro delle amicizie più intime: uno spazio che per me (e credo per molti della mia generazione) è anche più importante dello spazio familiare. In fondo, gli amici sono la famiglia che ti scegli.

Per questo i miei due migliori amici sono per me i fratelli che non ho mai avuto. Diventare (più) adulti: alla bella età di 37 anni può sembrare una cosa idiota da dire, ma io sono convinto che di crescere dentro non si smette mai, nemmeno a 90 anni (a patto che ci sia sempre qualcosa che ci sorprende). Quindi crescere può anche voler dire rimettere a posto i pezzi del puzzle emozionale che per anni è stato in una certa configurazione e che adesso deve cambiare.

Peter Pan è sempre stato Peter Pan. Anche quando io e Trilly conquistavamo passo dopo passo le normali tappe di una vita (laurea, lavoro, convivenza, matrimonio, primi accenni alla possibilità di riprodurci), lui era fermo alla tappa “lavoro”. Lui rappresentava l’anima irriducibile del gruppo, quello che per lungo tempo ci ha messo di fronte al fatto che noi “stavamo cambiando” mentre lui difendeva il diritto a non diventare adulti.

Ma siccome la crescita è un processo naturale, negli anni anche Peter Pan si è reso conto che qualcosa gli mancava. E se hai soffocato per dieci anni la naturale evoluzione dell’essere, ti ritrovi all’improvviso a pensare che forse dovresti bruciare le tappe. Perciò è arrivata la convivenza (fuori città), arriverà presto il matrimonio e – io e Trilly lo sospettiamo – anche un bambino curioso. Perché quando prendi velocità di colpo è difficile fermarsi.

Ora che si è rotto un equilibrio se ne sta creando un altro. Peter Pan non è più Peter Pan. Trilly mette il broncio, ma per amicizia può anche smettere di usare la polverina e passare ad altre modalità relazionali, ugualmente salde e forti. Io, il bambino perduto (quello cicciotto con il costume da orsetto marsicano), devo capire se è vero che ogni tanto, anche per poco, si può tornare nell’Isola che non c’è.

5 risposte a “PETER PAN, TRILLY E IL BAMBINO PERDUTO”

  1. Ma Dany!!! Casomai un piccolo Marchino! 😀
    Io non ho più nemmeno la forza di fare sesso da quando non ho più una valida collaboratrice al mio fianco… Arrivo a casa troppo stanco 😀

  2. Uno passa la vita a farsi dire che prima è troppo giovane, poi dopo diventa troppo vecchio… Ci sarà una fase centrale in cui uno deve correre, no? L’effetto velocità servirà, no? Ci sarà un motivo?! (D. Abatantuono in Turnè)

  3. Vorrei scrivere un commento all’altezza del post, ma mi rendo conto di non essere in grado 🙂 Quando prendi velocità di colpo, è impossibile fermarsi, è vero. A meno che non ci sia una grossa forza che agisce – tipicamente, ti fermi se vai a sbattere da qualche parte. Per questo è importante avere sempre un’idea della traiettoria che stai percorrendo: per evitare di andare a sbattere proprio dove fa più male.

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