FLICKR, LA FINE DI UN’ERA

Ci siamo.
Dopo più di un anno che se ne parla, la società che ha comprato Flickr ha preso la sua decisione. Gli utenti Free non avranno più un TB di spazio a disposizione, ma solo un numero fisso di 1.000 foto. Io sono un utente Pro da dieci anni. Proprio quest’anno, per motivi di risparmio e scarso utilizzo della piattaforma avevo deciso di tornare al piano Free (fino all’anno scorso lo potevi fare mantenendo tutto l’archivio esistente del Pro, ma rinunciando alle funzionalità aggiuntive). A Natale arriva l’avviso: se non paghi la quota Pro (che nel frattempo è significativamente aumentata) sei fuori e ti forziamo l’account Free cancellandoti tutte le foto in eccesso rispetto alle 1.000 consentite.

Bene, questi i fatti. Io ho circa 7.500 foto in archivio.
In questo momento sto passando il tempo a scaricare uno ad uno i 100 album nei quali avevo organizzato praticamente tutti i miei ricordi, i viaggi, le vacanze, i cortei e le manifestazioni, i barcamp, i webdays, le foto di architettura (che da ossessivo compulsivo io dividevo in periodi storici tipo rinascimento, barocco, neoclassico, eclettismo, art nouveau, razionalismo, art deco e via dicendo), i ritratti degli amici, di animali, piante, oggetti, luci, acqua, nuvole, insetti, macro, tutte le foto dedicate alla mia amata Torino, quelle con cui avevo vinto premi, quelle che ero riuscito a vendere a Getty Images, tutto.

Ora, evidentemente questo è un non-problema, nel senso che esistono certamente molti altri repository dove io possa archiviare le foto che desidero. E – detto tra noi – uno spazio come Flickr forse ha fatto il suo tempo: oggi on line le foto si “consumano” in un altro modo, c’è Instagram se proprio si vuole, che però è tutta un’altra cosa, è fatto per il consumo veloce e il like distratto, soprattutto non è fatto per l’archivio ma è fatto per l’effimero.

Però… c’è un però. Flickr, nel lontanissimo 2004, è stato il primo social media che ho “adottato”, e in un certo senso anche il primo alfiere del cosiddetto web 2.0 che ha fatto breccia nei PC e nei Mac di migliaia di utenti. Certo, LinkedIn è nato un annetto prima (ma chi se lo inculava?) e così MySpace, anche se cerchiamo tutti di dimenticarcelo; Flickr però aveva una marcia in più, ci caricavi le foto e interagivi con una community di fotografi eroici che cominciavano in modo massiccio ad alimentare quello che presto divenne noto come User Generated Content (UGC).

Oggi tutti noi che lavoriamo nel web sappiamo che il magnifico “sol dell’avvenire” del web 2.0, dello UGC, del read-write-web e quant’altro è finito per tramontare in un mare di fango e letame e tutti quanti, se potessimo, prenderemmo la macchina del tempo per tornare a un mondo pre-2003 e cercare in qualche modo di cambiare le cose. Sappiamo benissimo che non sono gli strumenti (i social media) ad essere cattivi, ma le persone che li utilizzano. Eppure…

Eppure Flickr, anche in questa sua attuale (e più che legittima) deriva verso il “paga o schiatta”, resta un’oasi incontaminata da flame, troll e minchiate varie. Su Flickr ci ho conosciuto tante persone che ancora oggi considero amici anche se non ci vediamo fisicamente mai, grazie a Flickr ho partecipato a raduni IRL (In Real Life), ho frequentato un gruppo di fotografi torinesi (il famoso DIECICENTO, con il quale abbiamo fatto anche mostre fotografiche), ho guadagnato qualche soldo (pochi) vendendo foto o dandole in licenza, ho portato la mia esperienza a qualche barcamp (il solo dire la parola “barcamp” mi fa sentire un grato odore come di lavanda e naftalina).

E niente, passerò l’ultimo dell’anno a scaricare file ZIP di archivi fotografici e vagherò ramingo nel web per cercare un’altra casa per le mie foto. Non cancello l’account per una questione affettiva, perché è stato l’inizio di una svolta anche professionale per la mia vita.
Però è definitivamente la fine di un’era.

 

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