UN GIORNO DI ORDINARIA BUROCRAZIA

Sapevo che dopo le vacanze mi avrebbe atteso al varco una recrudescenza di operazioni burocratiche. Ma speravo di risolverle in quattro e quattr’otto. Sapete, la speranza è sempre l’ultima a morire. E io da quel punto di vista sono un duro, non riesco ad essere pessimista fino in fondo. Comunque. Mi sveglio alle 9 pur non dovendo ancora lavorare, mi concedo una colazione al bar e parto con l’ACI. L’ACI è sotto casa, e per fortuna non trovo coda. Mi devono consegnare un paio di documenti già pagati ad agosto: il certificato di "perdita di possesso" della moto e un "estratto cronologico" del veicolo. Sbuffo lievemente mentre continuo a pensare "che cazzo ti rubano la moto e tu devi ancora star qua a far documenti", ma tant’è… Acqua passata, ormai. Nel frattempo devo anche andare alla Motorizzazione. Perché, vedete, da quando mi hanno rubato il portafogli a febbraio (lo so, lo so, la mia vita è tutta un furto) non mi è ancora arrivata la patente nuova a casa. Loro dicono che l’hanno mandata ad Aprile, che io non l’ho mai ritirata in posta, che è stata rimandata al mittente a giugno e perciò distrutta secondo la prassi della Motorizzazione (bella prassi del cazzo), quindi va rifatta daccapo tutta la procedura. La Motorizzazione a Torino è nel posto più assurdo possibile, a metà della circonvallazione che dalle propaggini Fiat arriva all’autostrada per Pinerolo. Chiude alle 11.30. Riesco ad essere lì alle 11.20 con un paio di fototessere estorte al volo ad una macchinetta automatica. Mi danno i moduli. Faccio la coda. C’è anche un bollettino da pagare. Quando arriva il mio turno dico "Il bollettino lo pago qua". "No, il bollettino lo paga in posta". "Mi scusi, ma mi sembra assurdo, sono 9 euro, li ho qua". Non è assurdo, mi dice il burocrate con il suo sguardo vacuo. Il burocrate. Bisogna capirlo. E’ un individuo che – frustrato da un lavoro alienante – cerca di prendersi le sue rivincite bistrattando gli utenti invece di ringraziare ogni mattina la madonna per avere un posto fisso. In ogni caso gli dico, alzando sempre di più il tono "Vuol dire che devo tornare oggi pomeriggio solo perché non avete un cazzo di bancomat?". "Non oggi pomeriggio. Siamo chiusi. Deve tornare domani". Il mio vaffanculo si perde nel brusio della folla (ma quante cazzo di persone vanno ogni giorno alla Motorizzazione?), riprendo la moto e tento di tornare alla civiltà. Ovviamente finisco in tangenziale, perché l’uscita stradale ti ci obbliga. Dato che il problema patente va rimandato, cerco almeno di ovviare al problema assicurazione moto rubata. Loro vogliono tutta una serie di documenti dall’ACI ma uno di questi necessita di autentica notarile. La "procura speciale di vendita". Ovviamente il notaio indicato dall’ACI non c’è. Faccio la mossa (sbagliata, ahimè) di chiedere il nome di un notaio alla mia commercialista. Lei è di Moncalieri, perciò mi segnala un notaio di Moncalieri. E vabbè. Prendo di nuovo la moto e schizzo lì, dato che mi dicono di andare subito perché sa, noi queste autentiche non le facciamo (sono pratiche da sfigati), ma visto che la manda la dottoressa, gliela facciamo come un favore. Un favore che richiede ovviamente 30 minuti buoni di anticamera. Quando la notaia (stile Jennifer Love Hewitt ma ancora più odiosa) si presenta mi chiede "Ma lei è sposato?". La prendo come un avance, per una frazione di secondo. Poi dico "Sì, e con questo?". "Comunione o separazione?". "Separazione, ma cosa c’entra?". C’entra. Perché adesso vogliono anche un certificato di matrimonio, dato che io non posso dimostrare che non sono in un regime di comunione dei beni, e che non sto facendo una procura per l’assicurazione in barba alla mia povera moglie. La bestemmia la trattengo coi denti finché non sono fuori, nella piazza del comune di Moncalieri. Si torna a casa, si contatta il collegio notarile, ci si fa indicare un notaio normale che svolga pratiche normali possibilmente in zona San Salvario mentre la moglie intimorita estrae da un qualche dossier una copia del nostro certificato di matrimonio. Che poi per autenticare una merda di firma ci vogliono 60 euro e un giorno di attesa. Cioè, per un timbro e uno svolazzo. Non esiste. Comunque. In totale ci ho messo cinque ore al netto degli spostamenti, 40 km di traffico in città e dintorni e 20 litri di sudore prodotti dal vostro affezionatissimo blogger di quartiere. Ora come ora sono solo convinto di due cose. La prima è che mi serve una serata di cazzeggio totale con gli amici. La seconda è che per stare dietro alla burocrazia bisognerebbe che fossi già in pensione. E meno male che avevo ancora un paio di giorni di ferie…

Tag: , ,

2 risposte a “UN GIORNO DI ORDINARIA BUROCRAZIA”

  1. La soluzione migliore io ce l’ho sempre avuta: emigrazione coatta e immediata nell’isola di Capoverde! Io continuo a sognare un futuro mondo di e-Democracy, e-Government, e tutte le e- che si possono mettere: almeno si sclera comodamente seduto a casa propria!

I commenti sono chiusi.