QUANDO GUARDI NELL’ABISSO, L’ABISSO GUARDA TE

Ci sono quei libri la cui lettura equivale ad affacciarsi su un pozzo senza fondo. Ad esempio American Psyco di Ellis (che peraltro non rileggerei mai una seconda volta) rappresenta gli ’80 con una scrittura claustrofobica e piatta che dà la sensazione di cadere nel vuoto senza appigli. Ma si tratta di una sensazione oggettiva. Le correzioni, romanzo lungo, ironico e doloroso di Jonathan Franzen che ho finalmente concluso stanotte, mi dà la sensazione di affacciarmi su un abisso soggettivo. Perché c’è qualcosa di me e della mia famiglia nei Lambert, protagonisti del romanzo. Forse c’è qualcosa di ogni famiglia. Insomma, è sicuramente un libro che "prende" – anche grazie ad uno stile particolare, ricco di deliranti digressioni – ma nello stesso tempo si fa lasciare da parte per qualche giorno tra un centinaio di pagine e l’altro. Malattia, decadimento, atmosfera quotidiana e malsana. La vita vissuta come una compulsiva rappresentazione di sé stessi, perché così richiede la società. Accorgersi che il "campanello di allarme" suona a volumi inauditi da mesi, anni, e che forse non lo si voleva semplicemente sentire. La disgregazione della mente e l’aggrapparsi al sesso, ai soldi, alla carriera, al vagabondaggio per non doversi confrontare con sé stessi e con le proprie radici. I personaggi sono quasi tutti simpaticamente odiosi. Il libro, idem. In effetti, non so se lo rileggerò.

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