Nel giro degli ultimi due giorni ho avuto una piccola illuminazione. Avete presente il detto "torinese, falso e cortese", che dipinge i miei concittadini (almeno quelli di provata torinesità) come persone sempre pronte alla moina anche quando nel cuore nutrono un profondo disprezzo per l’interlocutore? Io ci ho sempre creduto poco. Oggi ci credo ancora meno. Perché il torinese DOC ha subìto un evoluzione tale per cui possiamo piuttosto parlare di torinese diabolico e prevaricatore. Vengo subito al punto. Parlo di quelle persone, diciamo così, di una certa età, che dovete immaginare con fini capelli bianchi e vestiti di un taglio antiquato ma di ottimo gusto. Donne e uomini, indistintamente. E con una marcata cadenza piemontese.
Caso 1: a casa. Prendo l’ascensore con la signora del piano di sotto, di cui ovviamente non so nemmeno il cognome, in rispetto alle convenzioni che vogliono che all’interno del proprio condominio non si conosca nessuno. La signora mi guarda, sorride scoprendo le protesi e dice "Aaaaaah, ma lei è ben quel signore che abita sopra di meeeee?". Mi volto a guardarla (la convenzione impone che se si incontra un condòmino in ascensore si faccia finta di essere da soli e si cerchi con attenzione la chiave di casa in tutte le tasche). Le dico "Sì". Mi dice "Quello che fuma, no?". Io la guardo interrogativo. "Ma sì, è ben lei che fuma e mi butta tutta la cenere e i mozziconi sul davanzale della finestra della camera da letto, no?" (tutto ciò detto con lo stesso sorriso e con un gelo spaventoso negli occhi). Le dico "Ma veramente signora io non fumo". L’ascensore arriva al suo piano. "Ah nooooooo?" mi dice lei uscendo dall’ascensore. La guardo male: "No". "E allora vorrà dire che sarà qualcun altro…". Qui la cortesia non c’entra, è solo un velo per nascondere il desiderio di vendetta. Adesso ho paura che la signora ci bussi alla porta con dell’acido muriatico nascosto dietro la schiena.
Caso 2: in ufficio. Nel mio ufficio di piemontesi veri ce ne sono pochi, ma ogni tanto arriva qualche utente che risponde alla descrizione. Come quello di ieri, che è giunto dieci minuti dopo l’ora di chiusura, è riuscito in qualche modo ad infilarsi nello spazio tra le due porte approfittando dello spiraglio aperto da uno che usciva e voleva a tutti i costi sbrigare le sue pratiche. Un nonnino tranquillo. Peccato che il monsù ha deciso di darci la sua interpretazione di Un giorno di ordinaria follia, battendo i pugni contro i vetri e improvvisando un sit-in nel disimpegno, finché le guardie non sono state costrette a chiamare la polizia. La polizia, vedendo il soggetto, ha tentato di mediare chiedendo agli impiegati se non si poteva risolvere in qualche modo. E così il furbo nonnetto ha sbrigato tutte le sue pratiche in orario di chiusura, prevaricando qualsiasi tipo di orario o di norma. Simpaticissimo torinese!
Caso 3: al supermercato. Ingenuamente, decido di andare a fare un po’ di spesa il 2 giugno, pensando che "tanto sono tutti in ferie". Ovviamente il PAM delle Molinette è diventato uno scenario postapocalittico con un migliaio di disperati che assaltano gli scaffali manco fossimo sull’orlo di una crisi nucleare. Io prendo le mie dieci cose in croce e mi metto in una coda (lunghissima) per passare alla cassa. Arriva una coppia di torinesi DOC da dietro. Lei dice a lui (indicando il carrello di quello davanti a me) "Vedi, Giampaolo, ci mettiamo qui dietro il signore". Io li guardo interrogativo. Non possono non essersi accorti della mia presenza. Sono grosso. Ho un po’ di spesa sotto il braccio (non esistevano più né carrelli né cestelli). Difficile non notarmi. Eppure l’amabile madama comincia a prendermi a colpi di carrello sulle cosce. La guardo irritato. Ha il coraggio di rispondermi "Mi scusi, neh, ma siamo dietro il signore". Le dico "Guardi che dopo il signore ci sono io". Mi risponde "Ah sìììììììììììì? Non me n’ero mica accooorta!"… Da quel momento cerca di abbattermi cinque o sei volte prima che diventi il mio turno e il fatto che io, coi miei dieci articoli, passi comunque prima di lei e Giampaolo sembra irritarla moltissimo. Tutto ciò mi convince veramente che il buon vecchio Gozzano, oggi, non potrebbe più scrivere nulla e avrebbe la sindrome della pagina bianca. O tempora, o mores! Il Piemonte è in mano a questi vecchiacci maledetti!
Tag: torinese, antropologia, gozzano
Bisognerebbe sopprimerli tutti, sopra i 70…
ma no, semplicemente l’amica di nonna Speranza avrebbe poteri telecinetici e le zanne da vampiro…;-))