Luglio, mese di saldi. E mentre in ufficio ci smazziamo la tutela del consumatore, nel weekend può capitare che venga l’insano pensiero di approfittare dei saldi in questione. Potrebbe persino venire l’idea di recarsi il sabato pomeriggio in un outlet. L’outlet è un mondo parallelo e deviante, fatto di edifici che sembrano case rinascimentali e tuttavia sono abitate solo da commessi abbronzati e con piercing che ti guardano con aria bovina, stremati dalle orde di visitatori. L’outlet è il simbolo dell’Italia del 2006, è un microcosmo in cui si riconosce il paese reale. Il visitatore si accorge ben presto che non è possibile approfittare in alcun modo degli agognati saldi. Per cominciare, le taglie o i numeri di scarpe che servono non ci sono mai, o sono sempre appena terminati. Inoltre è impossibile provare qualsivoglia capo di abbigliamento e – data la ressa nei negozi – è altamente improbabile riuscire a muoversi da un punto all’altro di un singolo negozio. Peraltro, qualsiasi capo in saldo su cui si riesce a mettere effettivamente le mani ha già un altro lembo di tessuto nelle grinfie di un/a altro/a cliente che ci ha già messo le mani sopra per primo/a. Perciò, non resta che accasciarsi su una panchina (rigorosamente in pieno sole) e osservare attentamente l’Italia in passerella. C’è la tipa bionda con occhiali fumé più grossi di un CD vestita con una minigonna leopardata e un top semitrasparente. Il suo portamento lascia intuire che per lei quello è il modo sobrio di vestire. C’è il papà sudato e inebetito che spinge una carrozzina. Nella carrozzina c’è un bambino demoniaco che si sporge e si aggrappa a qualsiasi cosa (giornali, bevande o vestiti altrui) urlando "PAHHHHHH!". C’è un gran numero di adolescenti assolutamente identiche tra loro, top bianco sopra l’ombelico e jeans a vita bassissima possibilmente scoloriti ma di marca. Il look fotocopia non viene risparmiato a nessuna, nemmeno a quelle che hanno i peli sul fondo della schiena o l’adipe strabordante tra il top e i pantaloni. Ci sono quelli che esibiscono magliette tipo "Sono un boxer della città bassa" (???) o "Papy ci sei, ce la fai, sei connesso?" o – più sobriamente – "L.A. Cocaine business". Ci sono le madame in cerca di saldi con levriero al guinzaglio e cellulare nell’altra mano, con a seguito filippina carica di borse. La filippina assume per proprietà transitiva un po’ della stronzaggine della padrona (troppo occupata ad organizzare il ricevimento domenicale per cagare chicchessia) e lancia occhiate torve a destra e a manca distribuendo colpi di borsa a chi capita a tiro. Ci sono coppie improbabili, dai più classici lei/lui orribile + lui/lei palestrato e/o allampadato ai più creativi lei 150 kg, look fotocopia (vedi sopra) e 15 piercing sparsi + lui con maglia attillata rosa, occhiali da sole rosa e lucidalabbra rosa (opaco, però, per dare meno nell’occhio). Tutti hanno la loro borsa, tranne me. E’ troppo bello starli a guardare. Per i saldi, meglio fare un salto in pausa pranzo intorno all’ufficio, e accontentarsi di vagare in vie e negozi reali. O siamo noi il mondo finto e quello dell’outlet è l’unico mondo reale?
2 risposte a “IL SABATO ALL’OUTLET E’ L’UNICA REALTA’ POSSIBILE”
I commenti sono chiusi.
dovrei vedere un mall in periodo di saldi… quando sono stato in america non li ho trovati così devastanti come quelli italiani…
mi ricorda i mall americani, ma in peggio. chissà, magari qualche autore nordamericano potrebbe completare questo post: invece loro tendono a farteli vedere di passaggio, quasi di sfuggita. preferiscono non analizzare questo “glittering place”: forse perché ai loro occhi è meglio non ragionarci troppo su.