Ciao, sono andato a vedere Final Destination Bloodlines. Non se ne poteva fare a meno, no. È un franchise potenzialmente infinito rimasto in pausa da cosa…? Dieci anni? Non esiste. Nel frattempo abbiamo avuto un decennio di elevated horror, da Babadook a Longlegs e ci siamo dimenticati che in questa serie c’è la morte, proprio lei in persona (oddio, è disincarnata quindi non è che si può dire in persona, ma ci siamo capiti) che fa fuori in modi pazzi imprevedibili e supersplatter i protagonisti!
E allora andiamo a vedere come si fa un sequel/reboot fatto bene (nei limiti): intanto ti spari una lunghissima sequenza iniziale ambientata negli anni ’50 che in prospettiva dà un senso a TUTTI i film di Final Destination usciti finora. La bionda Iris, già incinta e chiesta in sposa dal fidanzato, è testimone di un disastro ad altissimo tasso di morti ammazzati che noi sappiamo già che inevitabilmente succederà, ma che i registi si prendono il loro tempo per costruire bene e con la giusta suspence.
Una volta morti tutti (specialmente il malefico bambino stronzo strumento della morte stessa), si passa al tempo presente. Stefani, la nipote di Iris, ha costanti incubi sulla brutta fine della nonna. Soltanto che… la nonna è ancora viva! Colpone di scenona, la nonna è diventata una vecchia paranoica ossessionata dalla morte che è la prima a rifarci lo spiegone a proposito delle intenzioni e dello spirito vendicativo della nera signora ossessionata dalle macchine di Rube Goldberg (quelle dove un battito di farfalla tipo un sassolino che cade male mette in moto mille cazzatine che alla fine ti fanno piantare in palo nel cranio).
E vabbè, da qui in poi la grossa novità è che la morte non vuole più soltanto far fuori chi è sopravvissuto al disastro iniziale bensì – dato che il disastro iniziale è avvenuto negli anni ’50, far fuori anche i figli e i nipoti di quei sopravvissuti (Bloodlines, capito?) impegnandosi quindi a dover massacrare un numero altissimo di persone (è implicito che le vittime dei precedenti Final Destination potessero essere parte di queste genealogie di sfigati). Ce lo spiega bene anche lo stesso Tony Todd, compianto cameo in tutti i film della serie, di cui qui vediamo anche una personale origin story.
Fa ridere che i parenti acquisiti vengono invece risparmiati. Va beh, ovviamente da questo punto in poi è una girandola di piercing strappati, ossa spezzate, facce maciullate da tosaerba, combustioni spontanee, ferite da taglio multiple, trituramento di tutta la persona, schiacciamento, con la morte che non esita a far deragliare treni per vendicarsi di anche solo uno stupido umano.
Lo splatter è a livelli molto alti (già dalla prima scena) e la coreografia delle morti ha come sempre un che da “comiche del muto”, con tanto di accenni a metodi di ammazzamento già usati nei precedenti capitoli (l’iconico camion, schegge di vetro, rastrelli). Aspettate fino alla fine per vedere se qualcuno sopravvive. Io non ve lo dico di certo. Menzione speciale per i titoli di coda che riprendono il pazzo libro delle Bloodlines di nonna Iris.