Non che mi piaccia particolarmente denigrare le attività della nostra amministrazione cittadina, ma quel che è successo al Festivalbar è veramente un caso degno di nota. Una premessa innanzitutto: il mio animo intimamente zarro non poteva mancare all’appuntamento. Sono stato un appassionato del Festivalbar per anni, e non posso rinnegare le mie radici. Io e Stefi ci predisponiamo perciò a zumpare vedendo Jovanotti, Natalie Imbruglia, i Backstreet Boys e tutte queste icone del pop giunte proprio nella nostra città a fare gli scemi sul palco di Salvetti. Sappiamo bene che i gggiovani si sono radunati da tutto il nord Italia in Piazza Castello dalla mattina stessa, ma non pensavamo di trovare all’incirca 20.000 persone ammassate in piazza alle 19, e soprattutto non ci aspettavamo lo spettacolo di un palco rincagnato nell’angolo più remoto della piazza, costruito ad arte in modo che nessuno, salvo forse quelli delle prime file, potessero vedere gli artisti anche solo di striscio. Nemmeno un megaschermo. Cioè, uno si accontenterebbe anche di quello. No. Comunque si soffoca, e decidiamo di defilarci per un po’. Il quadrilatero, ad esempio, è quasi deserto. Pizza veloce e poi torniamo. Magari anche se non vediamo nulla ci sentiamo qualche pezzo. Illusi! Le casse del Festivalbar non diffondono la musica più in là di 10 metri dal palco. Chi, come noi, è situato all’angolo con via Roma, al massimo sente i cori delle ragazzine che cantano "lascia che io sia il tuo brivido più grande" in coro con Nek. Ma di Nek nemmeno l’ombra. Peccato. Io adoro Nek. Decidiamo dopo un po’ che è il caso di andare. Facciamo il giro dal lato di via Po, giusto per vedere se c’è qualcosa di interessante, ma c’è solo la frenesia della folla che allunga le mani sulle limousine coi vetri oscurati dei cantanti. Urge una granita… Purtroppo devono averlo pensato in 5.000. Passando sotto i portici per recuperare lo scooter, l’immancabile incontro con Sahid, l’ambulante di fiducia della zona (al quale la Bamboo si è ispirata per uno dei personaggi dell’ultimo corto).
"Dutur! Quanto tempo…! Come va?"
"Ciao Sahid… Guarda, non mi fermo perché non ho nulla…"
"Aspeeeetta dutur! Siamo amici di vecchia data, no? E dai, tieni un braccialetto…"
"Ma no guarda…"
"Ecco, prendine tre, uno per l’amore, uno per l’amicizia e uno per il sesso, che non fa mai male…!"
Stefi ridacchia, Sahid se ne accorge e piazza tre braccialetti anche a lei.
"Adesso ne avete sei, magari avete anche 5 euro…"
"Senti, adesso vediamo, ma più che qualche spicciolo non abbiamo."
"Sai… il 24 aprile scorso sono anche diventato papà!"
"Beh, complimenti!"
"E’ difficile sai con tutta una famiglia adesso… Con 5 euro mi ci faccio una bella pizza…"
"Eh, li stiamo cercando…"
"E poi adesso dò anche la maturità!"
"…Eh no, Sahid… scusa ma la maturità la stavi già dando l’anno scorso, com’è sta storia?"
"Eh eh eh… dutur… Ce li hai allora i 5 euro?"
Alla fine li troviamo e glieli diamo. Sahid è un’istituzione. Non lo puoi evitare. Il Festivalbar (ci dovesse essere una prossima volta), sì.