Che tristezza… è cominciato un Festival assolutamente inguardabile (sono stati sufficienti 45 secondi di DJ Francesco, di cui 40 per il beneficio del dubbio). Deciso a rifugiarmi in un Dario Argento altrettanto inguardabile ma quantomeno rassicurante, mi accorgo che è disastrosamente tagliato nelle uniche scene degne del nome del regista (le sequenze di omicidio). In pratica, per "passare" in prima serata, Nonhosonno è diventato un thriller senza omicidi. Ma del resto sono cose che capitano ogni sera, visto che il pubblico di merda (gli Skiantos avevano ragione) deve avere la pappa pronta senza ossicini che vadano per traverso, come un tranquillo lobotomizzato di quartiere. Mah… meglio rilassarsi con il Greatest Hits di Bjork, che raccoglie tutti i suoi superlativi video (ce ne fosse uno brutto – beh, forse Play Dead). Da Michel Gondry a Sean Cunningham, da Jean Baptiste Mondino a Spike Jonze a Eiko Ishioka – il meglio del corto sperimentale con il meglio della musica di Bjork. Azzardo… Miglior video: All is full of love. Miglior canzone: Joga. Video in cui Bjork è più gnocca: It’s oh so quiet. Video più inquietante: Cocoon. Video più assurdo: I miss you…!
POE, CORMAN E VINCENT PRICE… TREMATE!
Per gli amanti del genere, Enrico Ghezzi e Francesco di Pace stanno trasmettendo la rassegna Cinema senza Senso su Fuori Orario. Tra poco inizia L’uomo dagli occhi a raggi X, uno dei capolavori di Corman. Si continua domani notte con Sepolto vivo! E, per restare in tema Corman/Poe (uno dei cicli horror più influenti e piacevoli degli anni ’60), venerdì 27/2 – sempre nell’ambito di Fuori Orario, verranno trasmessi i film Il pozzo e il pendolo e I maghi del terrore, con l’impareggiabile Vincent Price… I film di Corman fanno parte integrante del mio avvicinamento alla paura cinematografica, ma al di là di una ragione prettamente sentimentale, mi sentirei di consigliarli per il loro valore intrinseco e per ammirare le "maschere" – soprattutto quella di Price. Corman è unico, specialmente quando è sceneggiato da Matheson. Nulla a che fare con le produzioni Hammer dello stesso periodo, volutamente più splatter e fiammeggianti. Qui il bello sta soprattutto nella fotografia e nel production design (se non erro sempre lo stesso castello per quasi tutti i film). A presto, sta per cominciare.
TENIAMO D’OCCHIO IL SIGNOR VIRZI’
Se ti lasci prendere dall’andamento "a montagne russe" di Caterina va in città, l’ultimo film di Paolo Virzì, godi veramente un sacco. Secondo me Virzì è rimasto l’unico in Italia a saper fare un certo tipo di cinema. Intendo quello alla Monicelli, alla Risi (proprio per scomodare un paio di numi tutelari della commedia all’italiana). L’unico, decisamente. Già con Ovosodo mi era sembrato una voce diversa dalle solite commedie generazionali che andavano nei primi anni ’90. Virzì sa stare addosso agli attori, e soprattutto sa scoprire dei volti necessari alla sua narrazione (come Edoardo Gabriellini, in quel caso). Poi non dimentichiamo che Ovosodo è l’unico film in cui Nicoletta Braschi dimostra di saper recitare. Non ho ancora visto Mi piace lavorare – Mobbing, ma direi che al momento è così… Poi c’è stato My Name Is Tanino, anche quello visto recentemente, che mette in scena la storia surreale di un ragazzo siciliano in America, con il suo inglese improbabile e la sua aria da outsider sempre e comunque. Il confronto è prima con la famiglia wasp della ragazza di cui è innamorato, poi con la chiassosa famiglia italoamericana, ovviamente mafiosissima. A prestare il volto a Tanino c’è Corrado Fortuna, altro attore azzeccato. Virzì ha ripreso lo stesso schema in Caterina va in città, rendendo il tutto meno macchiettistico e, verso la parte finale del film, decisamente angosciante nella chiusura dell’orizzonte di Castellitto, bravissimo nel delineare l’animo nobile vittima di un sistema che lui stesso contribuisce a creare. Non sapessi per esperienza anche recente che le scuole medie e superiori oggi sono veramente così (la divisione tra parioline e zecche, cioè tra figlie di papà e figlie di papà sedicenti no global e frequentatrici di centri sociali), il mondo di Caterina (Alice Teghil) potrebbe sembrare un parto della fantasia di Virzì. Sotto la patina della commedia, Virzì graffia a sangue. L’amica pariolina e quella squatter si menano, ma i due padri, intellettuale di sinistra l’uno, ministro di Forza Italia l’altro, si abbracciano e spariscono insieme sotto lo sguardo disgustato di Castellitto. Per Virzì la "normalità" di provincia è sempre quella che vince, di fronte alle idee portate come un vestito. Il suo eroismo è quello della classe media che, disorientata e terrorizzata dal presente, sta diventando il capro espiatorio di tutto il sistema – e non sa se, e come, rovesciarlo.