Nei confronti dell’accumulo compulsivo, io ho un atteggiamento ambivalente. Tendo a non buttare via nulla per lunghi periodi, poi di colpo vengo preso dal sacro fuoco del minimalismo e butto nella spazzatura cumuli di passato. Salvo qualcosa, che di norma sta in cantina o a casa di mia madre. Nella mia ex cameretta, per quanto sembri oggi abbastanza asettica, si trovano ancora tracce di un me stesso anni ’80 che – quando mi prende una nostalgica curiosità – provo a rispolverare.
Bene: ci sono cose che non dovrebbero essere rispolverate. Giorni fa ho riaperto per caso e riletto qua e là un diario del 1988. L’unica conclusione possibile è che ero un coglione. Visto con gli occhi di oggi, chiaramente. Per l’epoca ero probabilmente il vostro tradizionale teenager dark e depresso. Insomma, la conferma che l’adolescenza è una terrificante palude di sabbie mobili da superare con grande dispendio di energie per riuscire a diventare adulti.
E anche la conferma che da adulti si tende a consegnare al mito la propria giovinezza isolando alcuni dettagli e alcuni ricordi (non sempre i più significativi) che diventano il fondamento di una personalità “scolpita” in un certo modo da noi stessi negli anni successivi. Ma il 90% dei dettagli e dei ricordi parlano di un blocco di marmo informe da cui al massimo esce un abbozzo di carattere.