(IT’S ONLY) TEENAGE WASTELAND

TEENAGE WASTELANDNei confronti dell’accumulo compulsivo, io ho un atteggiamento ambivalente. Tendo a non buttare via nulla per lunghi periodi, poi di colpo vengo preso dal sacro fuoco del minimalismo e butto nella spazzatura cumuli di passato. Salvo qualcosa, che di norma sta in cantina o a casa di mia madre. Nella mia ex cameretta, per quanto sembri oggi abbastanza asettica, si trovano ancora tracce di un me stesso anni ’80 che – quando mi prende una nostalgica curiosità – provo a rispolverare.

Bene: ci sono cose che non dovrebbero essere rispolverate. Giorni fa ho riaperto per caso e riletto qua e là un diario del 1988. L’unica conclusione possibile è che ero un coglione. Visto con gli occhi di oggi, chiaramente. Per l’epoca ero probabilmente il vostro tradizionale teenager dark e depresso. Insomma, la conferma che l’adolescenza è una terrificante palude di sabbie mobili da superare con grande dispendio di energie per riuscire a diventare adulti.

E anche la conferma che da adulti si tende a consegnare al mito la propria giovinezza isolando alcuni dettagli e alcuni ricordi (non sempre i più significativi) che diventano il fondamento di una personalità “scolpita” in un certo modo da noi stessi negli anni successivi. Ma il 90% dei dettagli e dei ricordi parlano di un blocco di marmo informe da cui al massimo esce un abbozzo di carattere.

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VITA GORDIANA

VITA GORDIANAQuelle volte che vuoi slacciarti le scarpe, tiri un capo del laccio e si blocca tutto, senza scampo. Perché tu sei uno che le scarpe le allacci una volta e poi tendenzialmente non le slacci più – le metti al piede, infili un dito dietro al tallone e cerchi di far scivolare la scarpa sul calzino o peggio ancora sulla pelle nuda. Per fare più veloce, o semplicemente per pigrizia. In alternativa, compri solo scarpe col velcro, mocassini, sabot, sandali.
Ciabatte, in pratica.

Ecco, quelle volte, quando resti fermo a fiato sospeso con una gamba accavallata sull’altra e maledici l’idea di esserti tagliato la sera prima le unghie che ti sarebbero servite per questo lavoro di precisione, sono per me una metafora perfetta della vita. Quelle volte costituiscono un momento di illuminazione interiore – uno di quei momenti in cui capisci che anche la cosa più banale risuona nelle sette sfere celesti.

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TEMPO DI PERDERE

Non è semplice stare sempre sul pezzo.
Io ve lo dico, perché a volte vi vedo così impegnati che ho paura prima o poi di trovarvi talmente dentro la vostra realtà da non riuscire più a uscirne. Ammirevole, intendiamoci. Ma non fa per me.
Io ho bisogno di perdermi.

La sensazione di essere perso, di non avere punti di riferimento noti, normalmente è associata ad un’idea negativa. Ma non è sempre così. Ci si può perdere nelle proprie fantasticherie, nella propria città, nella propria casa. Ci si può perdere viaggiando, ci si può perdere da soli o in compagnia.

Riuscire a perdersi con una persona che si ama, che si stima, di cui ci si fida, è una delle esperienze più belle.

Non mi piace programmare, ma sono costretto a farlo, ogni giorno. Fosse per me, camminerei col naso in su tutti i giorni, nella segreta speranza che improvvisamente sparisca tutto, o che le strade e le piazze cambino configurazione, come nel racconto di Marcovaldo sulla neve in città. Quando sto on line, vago con l’unico aggancio di un mouse e clicco dove mi porta la curiosità, scoprendo mille cose inutili ma affascinanti. Mi piacciono le immagini sfocate, i film che non capisci il finale, i campi di grano e le vie strette, in mezzo ai palazzi. Mi piace perdermi negli occhi delle persone, guardare la loro bocca mentre mi parlano e pensare di essere loro per un attimo. Cosa c’è di più misterioso ed elettrizzante di perdersi nell’altro?

Questo è un periodo in cui perdersi è più difficile, perché perdersi, bisogna poterselo permettere. A volte siamo richiesti sulla scena troppo, e troppo a lungo. Poi però basta una passeggiata, un giro in moto, un paesaggio nuovo e sconosciuto, anche solo stare nel buio della propria casa e ascoltare i rumori della notte, e mi sento di nuovo un po’ perso.

Ed è bellissimo, e vorrei non ritrovarmi mai più.