SULLE NOTIZIE DI OGGI CI SCATARRO SU

Su questa cosa vado a momenti, ma in generale non sto più seguendo nulla. Il flusso di notizie, intendo. Ne parlavo giusto ieri con Stefi, la vita è troppo breve per seguire le stronzate dei media. Troppo breve per guardare TV spazzatura, troppo breve per sprecar tempo a leggere (alcuni) giornali… Troppo breve in genere. Prendiamo il fatto di Ratzinger e l’Università La Sapienza (che poi è un non-fatto, per quanto mi riguarda, per di più distorto dai media, ma non ne parliamo, abbiamo appena detto che la vita è troppo breve per questo). Ammettiamo che è abbastanza impossibile che una notizia rimbalzata ovunque non mi raggiunga. A quel punto nella mia mente si forma una bolla come di gas che ha un unico enorme fumetto all’interno che dice (proprio così) "E UN BEL CHI SE NE FOTTE?". Cioè chi se ne fotte del papa, chi se ne fotte di Sarkozy e Carla Bruni, chi se ne fotte dell’ennesimo fatto di cronaca, chi se ne fotte di Pato, chi se ne fotte di Jovanotti, ma un bel chi se ne fotte soprattutto alle dichiarazioni strappalacrime di Mastella & C. Prendete i palinsesti di notizie: riuscirete ad estrarre due, forse tre notizie utili su mille. Che so: il problema dei rifiuti (che però è coperto in modo malato dai media) e il casino alla Thyssen (dove solo ora a freddo riescono ad emergere dei fatti scremati da opinioni varie, melodrammi, strumentalizzazioni), per limitarsi all’Italia. Sul resto, occhi e orecchie ben coperti per non farseli otturare dalla merda che esce quotidianamente dai media, che hanno il solo scopo di creare ansia, paranoia, o nel migliore dei casi un appiattimento delle onde cerebrali. Il sistema dei media è solo una delle malattie del paese. L’Italia la percepisco come un malato terminale pieno di metastasi. I nostri tumori sono il Vaticano, la criminalità organizzata (intendo sia lo stato che le più tradizionali mafia e camorra), il sistema dell’informazione e quello dell’educazione. Per citare i più importanti, da cui per me derivano tutti gli altri malanni (classe dirigente ammuffita, welfare psicopatico, perdita dei valori, rialzo dei prezzi, code interminabili in banca e in posta). Però sarebbe troppo comodo (e troppo italiano) imputare ai nostri tumori tutta la colpa. L’Italia ha anche una malattia del sangue, se così vogliamo definirla. Siamo noi, gli italiani. Quelli che la situazione non è buona e allora a che cazzo serve. Ognuno per sé e (mettici quel che vuoi) per tutti. Il cancro comincia in famiglia, continua a scuola e poi nell’isola che non c’è del lavoro. L’unica è combatterlo personalmente, nel piccolo e nel medio piccolo, nella speranza che tante piccole azioni facciano un grande cambiamento. Ma la speranza si perde facilmente. Nasci e muori senza un senso o una direzione. Sei alla deriva. E’ a questo punto che ti rendi conto che le uniche notizie feelgood che rimangono sono quelle dei situazionisti che dipingono di rosso la Fontana di Trevi o fanno scendere le palline colorate da Trinità dei Monti. Protestare con lentezza. E alla fine di questo delirio indovinate la citazione nel titolo del post.

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BIGGER THAN LIFE: LA REGOLA DEL 50%

Questa cosa è venuta fuori in un commento al post precedente, ed è indicativa di quanto Léaud mi conosce bene. Sa cioè che io sono un po’ come il papà di Big Fish, un po’ esagerato e un po’ bigger than life, come dicono gli americani, che di taglie forti ne capiscono. Ne voglio parlare ancora perché è un interessante approfondimento introspettivo (sto per esaminarmi l’ombelico, quindi volendo potete smettere di leggere qua, a meno che non vi piaccia la lanugine). Io – e qui immaginatemi con la coppola sul cuore e gli occhi da gatto di Shrek – non dico mai balle. Se le dico è per un giusto fine (a mia madre per esempio), ma in genere vivo tentando di rispettare la persona che vorrei essere. Questo vuol dire che come mi vedi sono, che cerco di essere lo stesso in casa, in ufficio, tra amici e in rete. Pur con le normali differenze che il contesto pone. La caratteristica che spesso salta all’occhio, però, è la mia "esagerazione" nel riportare agli altri quanto mi è successo (via blog o meno, è uguale – lo faccio anche dal vivo). Da cui la regola del 50% che i miei amici conoscono bene: togli il 50% da quello che dico e ottieni la verità. Ora, a parte che la regola è un po’ tagliata con l’accetta (si sa, a volte è il 70%, a volte è il 30%), e a parte che uno storyteller non può mai attenersi ai nudi fatti, ciò non è sempre vero. Bisogna distinguere la pula dal grano, la fabula dall’intreccio, il fenomeno dal noumeno. Io esagero sulle misure. Non intendo la taglia dei vestiti (che pure è parecchio abbondante, siamo alla 58) né parlo di misure più intime (meno abbondanti di 58 per mia fortuna). Parlo di tempo e spazio. Ammettendo che l’uomo è la misura di tutte le cose, ognuno di noi misura il tempo e lo spazio in due modi: oggettivo e soggettivo. Io propendo per il soggettivo, sempre e comunque. Il tempo e lo spazio intorno a me non sono effettivamente "reali", ma sono un prodotto della mia percezione sensoriale. Perciò, se io dico che ho fatto una coda di un’ora in posta e magari ci ho messo 40 minuti netti, non vuol dir nulla. Semplicemente, il tempo percepito è stato un’ora intera. E il tempo percepito è altrettanto reale del tempo oggettivo. Lo stesso se dico che ho camminato per dieci km o che ho pescato un pesce di otto kg (non vado a pescare, ma era per fare il classico esempio). Ma in fondo sì, nel mio universo percettivo io sono probabilmente un pescatore… Se sei arrivato fin qua meriti di sapere qualcosa sulla lanugine dell’ombelico: quella di oggi è grigia, compatta e di consistenza simile al cachemire. Lascia un commento se ne vuoi un campione spedito a casa.

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RILASSATI: LA TECNOLOGIA LUBRIFICA…

Allora questa cosa della tecnologia che lubrifica (sentita ieri alla conferenza Top-Ix in compagnia di parecchi soliti noti e di alcuni impensabili ritorni dal passato) è vera, non lo metto in dubbio. Tra le tante cazzate che si dicono perché vanno di moda, e tra le tante frasi shock ad effetto che ai guru digitali piace sempre usare per stupire l’uditorio, è una delle meno bizzarre. Sta a significare che una cosa che tu fai normalmente nella tua vita, fatta con l’aiuto della tecnologia è più semplice. Scivola via. Come ad esempio il plurinominato social network. La rete sociale, non dimentichiamocelo mai, è in sostanza il nostro gruppo di amici reali. Purtroppo in tempi di gran moda dei servizi "2.0" si tende ad identificare il servizio con il concetto. I vari MySpace, Facebook, non sono "le reti sociali", ma sono applicazioni che cavalcano l’onda dell’ossessione sociale nel web degli ultimi anni, facilitando appunto il mantenimento di reti sociali esistenti nella realtà. Se poi ci vai a ficcare anche qualche "friend" conosciuto solo in rete, ben venga. Ma è chiaro che la tecnologia web in questo caso è solo il lubrificante. Però capitemi, la metafora del lubrificante a me fa venire in mente subito una penetrazione anale (lo so che sono deviato, lo so che qui si parla solo di cacca e culi, ma abbiate pazienza, sto diventando un vecchio sporcaccione). Ed ecco che mi si presenta davanti un’immagine semplice e potente: la tecnologia, alla fin fine, te lo vuole mettere nel culo. A forza di usare il lubrificante, io mi disperdo in toccatine e twitterate quando dovrei concentrarmi su qualcos’altro. Raccolgo frammenti che mi interessa ricordare su Tumblr per poi dimenticarmeli subito dopo – perché la soglia dell’attenzione, ragazzi, è bassa… bassissima! Pago on line e uso l’home banking vedendo scorrere numeri di fronte a me e non rendendomi ben conto di quanto mi impoverisco. Mi giustifico pensando che un euro di commissione lo si paga volentieri per evitare 40 minuti di coda in posta o in banca, ma… non è che veramente mi vogliono inculare? E la manualità? Dove la mettiamo? Prima del 1995 costruivo, ritagliavo, disegnavo, assemblavo. Poi si è cominciato a far tutto col PC. Non è un po’ inquietante? Se tutto scivola via, non è che il valore delle cose diventa indistinto? Ricordare di rifletterci ancora su.

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