MALEDETTI GIOSTRAI

Storie di ordinaria follia. Io e Stefi ci troviamo nel vortice del calore africano, l’astigiano. Si decide di raggiungere altri amici e cenare in uno di quei posti dove la pro loco organizza grandi mangiate di fritto misto per la festa del santo patrono. L’idea sembra buona finché non incontriamo la coda degli autoctoni già pronti a strafocarsi. Ci sono tipi molto strani, dall’aria un po’ inquietante, e tipe che sembrano uscite direttamente da Footloose o altri film del genere giovanilistico / johnhughes annate 1981/83. Riusciamo comunque ad avere la nostra parte e mangiamo seduti accanto all’orchestra "Marino" che propone polke, mazurke e valzer a tutto volume dalle 20 alle 23. Quando ci alziamo sono ormai in funzione anche le giostre. Ora, va fatta una piccola digressione. Ognuno di noi deve coltivare il fanciullino che è in sé, siamo d’accordo? Io lo coltivo – tra le altre cose – apprezzando in modo smisurato le giostre, i giostrai, la musica delle giostre, il fumo e gli odori delle giostre. Io sulle giostre ritorno bambino, adoro quelle che ti centrifugano, ma anche più semplicemente il calcinculo, gli autoscontri, il punching ball che lo prendi a mazzate e suona, il brucomela, la casa degli spettri. Da ieri sera, invece, odio i tiri a segno. Passando accanto ad un tiro a segno, infatti, dico a Stefi un po’ per scherzo e un po’ sul serio: "Dài, perché non vinci il peluche del polipo per me?" (giuro, c’era il peluche enorme del polipo, con gli occhi sbarellati e lunghi e sinuosi tentacoli di peluche). Alla tipa del tiro a segno non sembra vero di potersi avvinghiare a Stefi e metterle in mano un fucile. Noialtri, leggermente distaccati, vediamo con crescente inquietudine Stefi che spara a mitraglia tutti i colpi del caricatore, e il sorriso della stronza del tiro a segno che si allarga sempre più. Ovviamente non riesce a vincere il polipo. Tiro a segno si avvicina e dice "Se vuoi sparare altri 5 colpi facciamo trenta euro, se no così mi devi venticinque". VENTICINQUE! Ovviamente è più di quanto abbiamo in tasca, ma riusciamo a racimolarli. Nessun cartello diceva il prezzo dei tiri, e la tipa si era guardata bene dallo specificare a Stefi che avrebbe dovuto limitare il numero dei colpi. Per consolazione, Tiro a segno ci mette in mano due orribili rospi di peluche. Sintetici. Del tipo che se qualcuno si fosse acceso una sigaretta accanto a noi i rospi sarebbero esplosi in una fiammata unica. Confusi e depressi ci allontaniamo. Il nostro sguardo di intesa dice solo "facciamo finta di essere andati in un ristorante di lusso, questa sera". Il fritto misto resta un po’ sullo stomaco. Maledetti giostrai.

Tag: , , ,

AL TRAFFIC CON MANU CHAO

Ieri cominciava Traffic, il festival gratuito torinese. I vostri affezionatissimi decidono di andare alla serata inaugurale con Gogol Bordello, Caparezza, La Phaze e Manu Chao. Pare che la serata cominci alle 20.30. "Impossibile", pensano gli Izzos, "sarà un espediente per far arrivare la gente prima a mangiare i panini, ma il concerto inizierà alle 22 come al solito". Falso. Torino è sempre + bella e nello stesso modo è anche sempre + organizzata. Ragion per cui, l’unico gruppo per il quale nutrivamo un vero interesse (i Gogol Bordello) hanno effettivamente suonato alle 20.30, quando noi eravamo clamorosamente in fase pizza. Alle 21 partiamo, convinti di essere in pista per le 21.30: con lo scooter, sei subito a destinazione. Falso. L’ingorgo parte dal Rondò della Forca (un simpatico luogo della topografia taurinense a metà strada tra il centro e la perieria dove un tempo giustiziavano i criminali) e si protrae fino al parco della Pellerina, luogo del festival. Oltre al traffico ribelle c’è il vento, le foglie secche e le cartacce in faccia e i primi goccioloni di quello che promette di essere un uragano epocale. Alle 22 riusciamo a parcheggiare la moto relativamente vicino all’ingresso. Alle 22.30 riusciamo a posizionarci in un punto da cui più o meno era possibile vedere il palco (e meno male che quest’anno hanno pensato ai megaschermi). Ha già suonato anche Capa e stanno finendo i La Phaze. Resta il solito Manu Chao, che almeno non si risparmia e giunge a noi nella sua veste più Mano Negra (leggi: tutti i pezzi rivisti in chiave superpunk). Per cinque volte il concerto sembra finire, poi riprende ancora. All’una si conclude. All’una e mezza riusciamo ad arrivare allo scooter (parcheggiato 100 metri più in là) e alle due a casa (percorrendo i 9 km che separano casa nostra dalla Pellerina). Una serata indimenticabile. Forse di Traffic ne ho abbastanza così

Tag: , , ,

SGOMMANDO PER LE STRADE DEL PIEMONTE

Allora, come va? Io bene. Abbastanza, insomma. Come uno che è stato in vacanza una settimana. Niente di eccezionale, per carità… La spesa per lo scooter nuovo è stata altina, e abbiamo deciso di "ammortizzarla" facendo una piccola motovacanza in Piemonte. Un po’ di natura (il lago, la montagna, i boschi) e un po’ di cultura (che qui da noi al 90% vuol dire residenze sabaude). Perché poi alla fine sono sempre i luoghi più vicini che si danno per scontati e non si visitano mai. A partire dalla reggia di Venaria e il parco della Mandria con annessi appartamenti reali che continuano per il sottoscritto e signora il mito di Vittorio Emanuele II e della Bela Rosin (quello era un re ganzo, altro che questo tristissimo savoiardo attuale)! Le valli di Lanzo poi offrono tutte le loro curve e i loro saliscendi per una piacevole guida, fino al Ponte del Diavolo. Poi è la volta di Racconigi e del suo castello (affascinante e interminabile visita) e del saluzzese con la mitica Abbazia di Staffarda e il castello della Manta. Nel saluzzese hanno però un curioso modo di fare: le attrazioni culturali chiudono i battenti alle 17 e non c’è verso di impiegare il resto della giornata se non al bar. Un ottimo giro da fare in moto, poi, è quello che prevede la circumnavigazione del Sestriere partendo dalla val Chisone e scendendo dalla val di Susa, magari con visite annesse al forte di Fenestrelle (in restauro e aperto solo su appuntamento – e comunque ovviamente chiuso il giorno in cui ci capitiamo noi) e al forte di Exilles (quello invece è aperto sempre ed è consigliabilissimo). Si prosegue con il classico turistico piemontese (Lago Maggiore, Stresa, Isola Bella, Isola dei pescatori) che però se non hai mai messo piede lì può essere decisamente interessante. Poi il lago d’Orta, lIsola di S. Giulio (altrimenti detta isola del silenzio, provare per credere), il novarese, il vercellese, il biellese… Paesini di frontiera in cui noto sempre con grande inquietudine tipi umani molto "alla Stephen King" aggirarsi tra il bar e la chiesa. Senza contare l’ovvio giretto nelle Langhe e nel Roero, meta obbligata per chi come noi si fa attirare dalla buona cucina… Guida sulle mulattiere, guida in autostrada, guida sulle statali, guida di giorno e di notte, alla fine abbiamo raggiunto i primi 1000 km che ci garantiscono il tagliando. Non senza alcuni problemi, ovviamente. Mi domandavo infatti come fosse possibile non aver avuto nemmeno un incidente piccolo piccolo il primo giorno di possesso del Beverly. Non ho dovuto attendere a lungo. Io e la mia maledetta abitudine di chiudere la moto con il bloccadisco. Il bloccadisco è un oggetto infido che tendi a dimenticare sempre. Così è stato anche per noi, belli accaldati di ritorno dal lago d’Orta. Tenti una partenza scattosa e CRAKKK il bloccadisco spacca qualcosa. Fortunatamente non la pinza del freno (che comunque ha cominciato a non funzionare ugualmente, bontà sua, ma per fortuna è solo quello ausiliario) ma un pezzo di plastica che fa parte del blocco contakilometri/tachimetro. Quindi adesso non posso sapere a che velocità vado (tranquilli, solitamente mai oltre i 100) e quanti km ho percorso. Una pezza col meccanico ce l’abbiamo già messa (il proverbiale pezzo di spago) e sabato prossimo, al momento del tagliando, potrò cacciargli qualche euro in più… Per la mia geniale idea di mettere il maledetto bloccadisco. Ovviamente ho già acquistato una catena. Almeno quella la vedo.

Tag: , ,