Appuntamento dal dietologo. Niente agopuntura, stavolta, ma una consulenza di coppia sul nostro essere sovrappeso di 2° grado. Dice: sono cazzate, in fondo si vive bene anche con la ventrazza. Però quando fatichi a fare una rampa di scale come puoi pensare di fare altre cose nella vita? E’ un circolo vizioso di pigrizia e cattive abitudini alimentari che va rotto, senza costringersi per forza a mangiare due foglie di insalata al dì. Perciò, dietologo. L’appuntamento è alle 18.30. La visita si protrae fino alle 20.45. Inizialmente veniamo accolti da una filippina che ci fa accomodare in un salottino cupo e asfissiante, che comunica con un salotto più ampio con un impianto stereo anni ’70, poltrone luigi XVI, librerie in legno scuro con le zampe di leone a mo’ di sostegno dove i libri più recenti risalgono al 1974. Stampe settecentesche ovunque, piume d’oca, odore di vecchio albergo sabaudo, tappeti antichi, lampadari con candelabri, leggii secenteschi, piante ornamentali molto rigogliose (grazie alla filippina, immaginiamo). L’attesa non è breve, e cominciamo ad inquietarci e ad assestarci nelle nostre poltroncine di modernariato in pelle rossa. Il dietologo sarà forse un vecchio canuto dallo sguardo indagatore e dai metodi vittoriani? Sorpresa: arriva uno schianto di ragazza che si presenta come la nutrizionista – collaboratrice del dietologo, che giungerà solo in un secondo momento. Con lei, le dolorose ammissioni di tutte le nostre pecche: le razzie nel frigo, i popcorn e le patatine, le bibite gassate e le gare di rutti, i mojito, le cheese cake, la passione smodata per la pizza, le colazioni saltate e le cene con svacco immediato sul divano, l’assenza pressoché totale di attività fisica se si esclude quella sessuale (la nutrizionista alza un sopracciglio come a dire: quella non c’entra), l’odio per le palestre e gli sport organizzati, gli spuntini di mezzanotte, la fame chimica e quant’altro. Poi arriva lui, solare e splendido, in forma e sorridente e ti dice che tutto si può risolvere, che basta abituarsi ad uno stile di vita più sano, che non è normale perdere peso di brutto e poi rimetterlo su tutto nel giro di due mesi, che è molto meglio perdere poco alla volta, che ce la possiamo fare. Anamnesi, pressione, misurazione. Qualche battuta spiritosa per metterci a nostro agio. Poi la redazione della dieta. A 1800 kcal al giorno. Per noi grande pacchia. L’ultima dieta fatta è stata a 600 kcal al giorno! Il concetto è: fai tutti i pasti correttamente, non esagerare, non arrivare mai ad aver fame al pomeriggio, cerca di cenare un po’ prima e di camminare per mezz’ora al giorno dopo aver cenato. Tutto qui? Basterebbe avere un cane per essere obbligati a farlo! Grandi pacche sulle spalle per tutti. E usciti dal dietologo, aperitivo inaugurale di un nuovo locale. Tanto per non smentirsi (ma ce la faremo, non temete)…
Tag: dieta
MALEDETTI GIOSTRAI
Storie di ordinaria follia. Io e Stefi ci troviamo nel vortice del calore africano, l’astigiano. Si decide di raggiungere altri amici e cenare in uno di quei posti dove la pro loco organizza grandi mangiate di fritto misto per la festa del santo patrono. L’idea sembra buona finché non incontriamo la coda degli autoctoni già pronti a strafocarsi. Ci sono tipi molto strani, dall’aria un po’ inquietante, e tipe che sembrano uscite direttamente da Footloose o altri film del genere giovanilistico / johnhughes annate 1981/83. Riusciamo comunque ad avere la nostra parte e mangiamo seduti accanto all’orchestra "Marino" che propone polke, mazurke e valzer a tutto volume dalle 20 alle 23. Quando ci alziamo sono ormai in funzione anche le giostre. Ora, va fatta una piccola digressione. Ognuno di noi deve coltivare il fanciullino che è in sé, siamo d’accordo? Io lo coltivo – tra le altre cose – apprezzando in modo smisurato le giostre, i giostrai, la musica delle giostre, il fumo e gli odori delle giostre. Io sulle giostre ritorno bambino, adoro quelle che ti centrifugano, ma anche più semplicemente il calcinculo, gli autoscontri, il punching ball che lo prendi a mazzate e suona, il brucomela, la casa degli spettri. Da ieri sera, invece, odio i tiri a segno. Passando accanto ad un tiro a segno, infatti, dico a Stefi un po’ per scherzo e un po’ sul serio: "Dài, perché non vinci il peluche del polipo per me?" (giuro, c’era il peluche enorme del polipo, con gli occhi sbarellati e lunghi e sinuosi tentacoli di peluche). Alla tipa del tiro a segno non sembra vero di potersi avvinghiare a Stefi e metterle in mano un fucile. Noialtri, leggermente distaccati, vediamo con crescente inquietudine Stefi che spara a mitraglia tutti i colpi del caricatore, e il sorriso della stronza del tiro a segno che si allarga sempre più. Ovviamente non riesce a vincere il polipo. Tiro a segno si avvicina e dice "Se vuoi sparare altri 5 colpi facciamo trenta euro, se no così mi devi venticinque". VENTICINQUE! Ovviamente è più di quanto abbiamo in tasca, ma riusciamo a racimolarli. Nessun cartello diceva il prezzo dei tiri, e la tipa si era guardata bene dallo specificare a Stefi che avrebbe dovuto limitare il numero dei colpi. Per consolazione, Tiro a segno ci mette in mano due orribili rospi di peluche. Sintetici. Del tipo che se qualcuno si fosse acceso una sigaretta accanto a noi i rospi sarebbero esplosi in una fiammata unica. Confusi e depressi ci allontaniamo. Il nostro sguardo di intesa dice solo "facciamo finta di essere andati in un ristorante di lusso, questa sera". Il fritto misto resta un po’ sullo stomaco. Maledetti giostrai.
AL TRAFFIC CON MANU CHAO
Ieri cominciava Traffic, il festival gratuito torinese. I vostri affezionatissimi decidono di andare alla serata inaugurale con Gogol Bordello, Caparezza, La Phaze e Manu Chao. Pare che la serata cominci alle 20.30. "Impossibile", pensano gli Izzos, "sarà un espediente per far arrivare la gente prima a mangiare i panini, ma il concerto inizierà alle 22 come al solito". Falso. Torino è sempre + bella e nello stesso modo è anche sempre + organizzata. Ragion per cui, l’unico gruppo per il quale nutrivamo un vero interesse (i Gogol Bordello) hanno effettivamente suonato alle 20.30, quando noi eravamo clamorosamente in fase pizza. Alle 21 partiamo, convinti di essere in pista per le 21.30: con lo scooter, sei subito a destinazione. Falso. L’ingorgo parte dal Rondò della Forca (un simpatico luogo della topografia taurinense a metà strada tra il centro e la perieria dove un tempo giustiziavano i criminali) e si protrae fino al parco della Pellerina, luogo del festival. Oltre al traffico ribelle c’è il vento, le foglie secche e le cartacce in faccia e i primi goccioloni di quello che promette di essere un uragano epocale. Alle 22 riusciamo a parcheggiare la moto relativamente vicino all’ingresso. Alle 22.30 riusciamo a posizionarci in un punto da cui più o meno era possibile vedere il palco (e meno male che quest’anno hanno pensato ai megaschermi). Ha già suonato anche Capa e stanno finendo i La Phaze. Resta il solito Manu Chao, che almeno non si risparmia e giunge a noi nella sua veste più Mano Negra (leggi: tutti i pezzi rivisti in chiave superpunk). Per cinque volte il concerto sembra finire, poi riprende ancora. All’una si conclude. All’una e mezza riusciamo ad arrivare allo scooter (parcheggiato 100 metri più in là) e alle due a casa (percorrendo i 9 km che separano casa nostra dalla Pellerina). Una serata indimenticabile. Forse di Traffic ne ho abbastanza così…