Settembre era il mio mese preferito dell’anno. La fine dell’estate, quei giorni di lieve malinconia e di caldo che sbiadisce, di incombenza della scuola ma di spensieratezza che non vuole morire. I giorni del vino e delle rose. Da quest’anno temo che settembre diventerà il mese più nero del calendario. Il 23 è mancata anche la nonna, due settimane dopo mio padre. Ha retto giusto il tempo del funerale e di passare una settimana con il suo unico nipote (cioè io). Poi un arresto cardiocircolatorio ha fatto piazza pulita di un’altra bella fetta di parentado. E il sottoscritto resta figlio unico di madre vedova, con il solo conforto della moglie, dei suoceri, degli amici e dei parenti vicini e lontani (sì, lo so che vista in questo modo ho un sacco di conforto, però porca puttana resta sempre il fatto dei due funerali in 15 giorni). Anche in questo caso c’è qualche riflessione da fare a mente fredda…
1. ROMANZO D’APPENDICE
La nonna ha aspettato che io prendessi il treno. Una settimana passata in giro con lei tra banca, poste, commercialista e quant’altro. Un’ultima sostanziosa colazione, qualche foto scattata e memorizzata "per la lapide" (come scaramanticamente e profeticamente annunciava lei). Un saluto dal balcone in stile Mugnaia, come lei era abituata a fare, e la solita raccomandazione "chiamami quando arrivi a Torino". Chiamo, chiamo… ma tu non rispondi. I pompieri la trovano placidamente distesa sul letto col proverbiale ventaglio in mano. Quando arriviamo, la nonna ha un’espressione terribile, totalmente diversa dalle foto "per la lapide". Del resto riusciamo ad essere lì solo 24 ore dopo, ed è passato un bel po’ di tempo dalla morte. Qualcuno, comunque, deve restare a fare la veglia funebre pre-funerale. Cioè a dire, il sottoscritto. Passo la notte a cristonare incazzato nei confronti della nonna, che non mi ha dato il tempo di abituarmi all’idea della sua dipartita come quantomeno aveva fatto papà. Come in uno squallido romanzo d’appendice.
2. NORD E SUD
La diversità nord/sud è molto ben rappresentata dalle pratiche funerarie. Ad esempio, giù non usa molto il catafalco con la bara. Giù ti distendono sul letto matrimoniale con le torce vicino, nel più puro stile camera ardente. Il tizio delle pompe funebri, in questo caso, somiglia ad un camorrista di un film con Nino d’Angelo (o ad un personaggio negativo qualsiasi di Un posto al sole, fate un po’ voi) più che ad un beccamorto da film western. Quando devono incassare la nonna, annunciano "tutti fuori dalla stanza", come se dovessero nascondere sacchetti di eroina nella bara. O come se qualcuno volesse a tutti i costi essere presente e sentire stridere nel cervello quel rumore di trapano avvitatore. Giù, durante i funerali, usa ancora l’incenso, quello che fa svenire i partecipanti delle prime file. Soprattutto, giù i muratori del cimitero chiedono direttamente una mancia senza aspettare che gli venga proposta. La mancia è sui cento euro, per due cazzuolate e quattro mattoni. E il giorno dopo il funerale, si presentano in casa per le condoglianze lasciando il numero di cellulare perché "sa, tra due mesi mi scade il contratto di affitto, e se voi voleste vendere la casa potreste tenermi presente"…!
3. VOGLIA DI FAMIGLIA
Due morti in così poco tempo acuiscono in me ad un livello assolutamente fuori norma la voglia di famiglia. Non sono mai stato uno che stava bene in famiglia, attaccato ai parenti e a lontani zii e cugini. Certo, non sono neanche mai stato uno stronzo, ma insomma, una sana via di mezzo. Diciamo che preferivo stare con gli amici, che almeno mi ero scelto da solo. Adesso invece (fermo restando il punto di riferimento luminosissimo che i miei amici rappresentano) godo e trovo conforto anche nel telefonare a lontani parenti, che non fanno che raccontarmi questo o quell’altro episodio della vita del papà e della nonna, mi cullo nel pensiero di andare in visita da cugini che non vedo da vent’anni o più, accarezzo l’idea di rumorose riunioni di famiglia. Sarà certamente l’eredità che il lutto ti lascia. Comunque è inquietante e buffo al tempo stesso.
4. BUROCRAZIA
La burocrazia seguente la morte della nonna si è incastrata prepotentemente tra la morte di papà e la burocrazia seguente la morte di papà. Mi spiego: avrei dovuto cominciare ad occuparmi di conti in banca, fondi di investimento, successioni, INPS e quant’altro per mio padre già da alcuni giorni. Ma alla fine ho passato una settimana in più a Formia a chiudere conti peraltro appena aperti con la nonna quando lei era ancora in vita, a lottare con i maledetti impiegati delle poste (non aprite MAI un conto BancoPosta, d’ora in poi non mi stancherò mai di fare cattiva pubblicità alle Poste Italiane, sono la quintessenza della burocrazia stolida e irritante alla Brazil) e incasinarmi con le leggi sulla successione e frasi come "il padre è premorto" o simili. Burocrazia… tutte le feste ti porti via!
5. QUEL CHE RESTA (SE RESTA)
Della mia lucidità resta ben poco. Ormai mi sorprendo sempre più spesso a barcollare in casa o fuori, a perdere l’equilibrio, a non ricordare i nomi delle persone, a trovarmi in un determinato posto pensando "ma che sono venuto a fare qui"? Bloggo per sfogarmi e chiarirmi le idee, ma la nebbia persiste. E dentro la nebbia affiora ogni tanto il dolore, e ogni tanto una risata al pensiero di quanto è surreale e grottesca la vita.
L’AMORE, SOPRATTUTTO
Eccomi qua. Chi pensa che sia tornato sui monitor per parlare di Cuba rimarrà, purtroppo, a bocca asciutta. Come dicevo quasi un mese fa, i guai che lasci a casa te li ritrovi amplificati al ritorno. E alla fine è successo. Dopo un improvviso peggioramento, che ha coinciso con un nostro ritorno anticipato dalle ferie, il mio vecchio grande eroe ci ha lasciato. Quello che resta è un vuoto, che viene periodicamente riempito dai suoi ricordi, dalle sue cose (ad esempio il PC sul quale sto scrivendo), da tutto quello che le persone che gli erano vicine mi raccontano di lui. Non posso dire che non me lo aspettavo. In fondo erano ormai quasi due anni che vivevo preparandomi a questo evento. Ed è andato tutto nel migliore dei modi. Persino in un’occasione come questa, lui è riuscito a creare relazioni, a far incontrare persone, a distribuire amore, anche con le sue ultime parole. Al di là del sentimentalismo, che peraltro lui odiava, ho imparato sulla mia pelle quanto la morte faccia parte della vita e non ho potuto fare a meno di notare, come sempre, quanto la nostra esistenza mescoli costantemente il sublime e il grottesco. A questo proposito, vorrei condividere con i lettori di questo blog alcuni degli aspetti più sublimi (pochi, a parte "la cosa in sé") e alcuni di quelli più grotteschi legati a quello che ormai, a una settimana dall’evento, ho definito "il business della morte".
1. LE POMPE FUNEBRI
Arriva per tutti il momento di chiamarle. Mentre componi il numero ti chiedi già perché quella parola, "pompe". Mio padre avrebbe saputo rispondere subito, come sempre. Ha a che fare con il cerimoniale, il rito. Quando rispondono, sembra di parlare con un qualsiasi call center. Poi arriva il titolare, e pensi che non potrebbe fare che quel lavoro. Completo nero, camicia bianca, cravattino di cuoio e aria da Lee Van Cleef. Sembra il beccamorto di un film western. A mio padre sarebbe piaciuto. Peraltro, come tutti i personaggi che gravitano in casa in questi giorni, è estremamente gentile, accomodante e confortante. Se non ci fossero loro sarebbe uno sclero. Fortunatamente si occupano di tutte le pratiche. Certo, quando poi presentano il conto realizzi perché molte persone anziane o malate, come mio padre, insistano a mettere da parte un certo gruzzolo "per il funerale"…
2. IL FUNERALE
Va detto, mio padre era particolarmente religioso. Per di più era amico del parroco da almeno vent’anni. Per forza di cose doveva uscirne un funerale sentito, anche se la chiesa non è più come la ricordavo e ha preso una deriva avanguardista e abbagliante degna di una galleria d’arte contemporanea. Il parroco parla bene, ma nello stesso tempo fa sfoggio di tutta la sua arte retorica, cosa che a me ovviamente non sfugge. Ma tanto sono ormai in una fase di stordimento generale continuo. Vengo sballottato da una faccia all’altra. Facce più e meno note. Poi bisogna andare.
3. LA CREMAZIONE
Posto che condivido la scelta di mio padre e che tutti i familiari restanti hanno deciso di farsi cremare, occorre dire due parole sul Tempio Crematorio di Torino. Per molti, i 10 minuti di raccoglimento presso il Cimitero Monumentale sono peggio di mille funerali. Forse perché c’è la musica. Mia madre è soddisfatta: quando entriamo noi ci accoglie l’Aria sulla quarta corda di Bach, molto amato da papà. Si informa se c’è anche la parte corale. C’è. A me però il pezzo fa venire in mente la versione incisa da Elio e le storie tese, il che mi impedisce di incupirmi. Inoltre il rappresentante della Socrem deve aver studiato anni in una scuola di teatro. Il suo Sant’Agostino è degno di un Gassman. Ma anche questo, credo, sarebbe piaciuto a mio padre.
4. IL CIMITERO
Siccome – mi spiace dirlo – il momento viene per tutti, mi sento di consigliare ai miei lettori di provvedere al più presto all’acquisto della loro ultima dimora. Per una piccola urna (elegante, in legno chiaro) bastano delle cellette minuscole. Per averle bisogna trattare con il custode del cimitero e con un impiegato del comune. Nel nostro caso due donne molto particolari, con la tendenza a chiamare "gioia" indiscriminatamente qualsiasi familiare del defunto e ad essere molto empatiche. La burocrazia funebre è complicata quanto basta, e se non ci fossero questi soggetti sarebbe molto più difficile. La custode, peraltro, ha una spiccata tendenza a fare discorsi imbarazzanti del tipo "Gioia, hai visto che pioggia? Devo correr dietro a tutti i morti, che tendono a uscirmi dalla terra… vogliono scappare!". Il suo unico aiutante è un factotum muratore – giardiniere – uomo delle pulizie che, al momento di murare la celletta, si china scoprendo il candore delle sue chiappe, come un vero muratore che si rispetti…
5. QUEL CHE RESTA
E’ banale dire il ricordo? Forse. Resta di sicuro qualcosa di materiale, da usare per sentirlo sempre vicino. Resta una rete di relazioni e di affetti che ormai funziona anche senza di lui, e questa è la sua grande eredità, morale più che materiale. Resta un caos delirante nel suo studio: molto spesso a un uomo dalla mente perfettamente organizzata corrisponde una stanza decisamente disordinata. Resto io, così piccolo di fronte a questi eventi, ma – spero – abbastanza grande da poter portare avanti un testimone, per non dimenticarlo. Dopotutto, così (parole sue, ovviamente) "non omnis moriar".
Tag: annibale_izzo, morte, funerale, cimitero, cremazione
A CUBA PIOVE
Un caro saluto a tutti i lettori. Domattina si parte e quando si torna (e se si torna) non si sa. L’agitazione regna sovrana in CasaIzzo, tra bagagli esplosi, bagagli già sigillati, liquidi e creme da non portare in volo, presagi terroristici, ansia d’abbandono di Maya, sensazione netta che tutti i problemi che lasci in Italia li troverai raddoppiati al ritorno, insomma… pessimismo e fastidio. Ma non vi preoccupate, questa per noi è la regola il giorno prima di partire. Poi, come dice il maestro, una volta che le ruote del carrello si sono staccate da terra, tutto passa. Tra l’altro, a Cuba piove. Buona fine estate e ci risentiamo al ritorno…