PAGAMI, SONO UN FANCAZZISTA

Quello che patisco di più, oggi, è il non poter fare quello che voglio. E’ una situazione che probabilmente mi creo da solo al 50%, mi rendo conto. Però è spiacevole. Ho come l’impressione che le cose da fare si moltiplichino in modo esponenziale senza che io le possa controllare. Chiaramente, quando tutto va fuori controllo, comincia a fare capolino l’ansia. Ma questa è un’altra storia, di cui parlerò più diffusamente dopo che la mia iride avrà detto la sua. La conseguenza di questo affollamento di compiti è l’impossibilità di avere del tempo libero che non debba per forza essere dedicato al sonno, al dormiveglia o allo stordimento da cannabis tanto per sfuggire almeno qualche ora al mondo crudele (questo perché per fumare basta portare la mano alla bocca e aspirare e non richiede alcun impegno mentale di sorta). Da qui i libri che si accumulano sul comodino (li compro e poi non ho tempo/voglia di leggerli) o i DVD che si ammucchiano sul tavolino davanti alla TV (stesso discorso). Per contro, i rari momenti in cui faccio davvero ciò che voglio si tramutano in luminosissime epifanie di un mondo perfetto in cui l’aria stessa è energia, la mente è ricettiva, e io posso decidere di prendere il sole, leggere, mangiare o bere qualcosa, fare una passeggiata, andare in bici o in moto da qualche parte, insomma vivere. Perché stare qui a bloggare per far passare ancora quel quarto d’ora in modo da recuperare un ritardo non è vivere. E’ stare nel limbo, come quando passi le giornate in un aeroporto, in un centro commerciale o in un ufficio pubblico. Non-luoghi, costruiti con l’unico scopo di alienare l’uomo. E poi farei ancora una sottile distinzione tra fare quello che voglio, nel senso di ciò di cui ho voglia adesso, e cioè per esempio stare in una Jacuzzi con un sigaro e gli Allman Brothers che suonano (nello stereo, non nella Jacuzzi) e fare quello che voglio, nel senso di ciò che veramente voglio come scopo della mia vita, cosa che per quanto mi sforzi non sono mai riuscito a definire. L’altra notte ho sognato di fare il giornalaio. Da giornalista a giornalaio, è un ottimo miglioramento nella qualità della vita. Però il giornalaio fatica, e se c’è una cosa che io aborro è la fatica. Ecco, forse è più facile individuare quali non sono certamente i miei scopi nella vita: faticare è uno di questi non-scopi. Cosa si può fare per essere pagati per oziare?

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LITCAMP, VIDEOMAKING E TUTTO IL RESTO

Impossibile sintetizzare in un post coerente i caotici eventi di questi ultimi giorni. Una volta presa velocità sembra impossibile fermarsi. A partire da Giovedì, giorno di inaugurazione della Fiera del Libro e giorno in cui il sottoscritto deve andare a fare delle riprese video "istituzionali"… Parto in sella con la JVC Everio e il Manfrotto a mo’ di faretra e arrivo all’Inferno del Libro in tempo per vedere torme di marmocchi ovunque, gente che spiaccica gelati, delirio, sgomitate e tutte le solite cose della fiera. Arrivo al nostro stand (come sempre quello vicino ai cessi a loro volta come sempre intasati) e trovo già il gotha della dirigenza che mi attende per le riprese dell’intervista. Assieme a me il videomaker del Comune di Torino, Gianluca. Lo guardo, mi guarda. Gli dico "Ti conosco" lui mi dice "Certo, tu sei pietroizzo" io (figura di merda) non associo il viso al nome. Lui mi dice "Sono e-mago"! E qui si schiude un mondo, in base al solito assunto che noi "web-something" abbiamo quasi sempre la peculiarità di conoscerci tramite nickname e non tramite nome naturale (ecco perché il mio nick è pietroizzo, per evitare figure di merda agli altri)… Finite le riprese, saluto e fuggo: mangio un pezzo di pizza con un collega, lo convinco a prestarmi un cinquantone per fare un po’ di veloce razzia a Torino Comics (l’unica parte interessante della fiera) e me ne torno in ufficio… Il Venerdì scorre placido fino alle 16, ora dell’offensiva finale dell’operazione Ikea for Izzo. Ritirati i divani Tylosand grazie al capiente Ducato messo a disposizione per la modica cifra di 9 euro all’ora, ci rendiamo conto che le confezioni da 112 Kg non entrano in ascensore, e che quindi siamo costretti a trasportarle per le scale oppure a smontarle e portare in casa pezzi disimballati di divano. Optiamo ovviamente per la seconda ipotesi e ci troviamo così l’ingresso pieno di pezzi di tessuto, legno, metallo. Per evitare casini, decidiamo di montare i divani. Sono le 18. A mezzanotte (dopo aver sbarazzato i vecchi materassi su cui bohemianamente ci sdraiavamo prima, dopo aver pulito, buttato roba, etc), i divani sono pronti e troneggianti nella stanza. Gran soddisfazione ma gran sonno. L’abbiocco è totale. Mi risveglio il Sabato per fare una sorpresa agli amici del LitCamp: mi porto al meraviglioso Circolo dei Lettori di via Bogino e mi becco subito con Axell e Gommaweb (Suz non c’è perché lui che non ha mai un cazzo da fare è potuto andare fino a Matera)… Dentro non ascolto quasi nessun intervento (se non quello curioso e divertente di Eìo) ma ho il piacere di conoscere e chiacchierare con Kurai, Redpill, Mafe e Vanz & C. Tutti insieme ci strafoghiamo le delizie del caterer (i famigerati di San Lorenzo) e meditiamo entusiasti la realizzazione di un LostCamp (siamo anche stati "vignettati" nel corso del nostro processo creativo). Mi perdo purtroppo Pandemia che arriva tardi e prendo il volo per altre incombenze familiari, che ci tengono occupati il sabato e la domenica, senza dimenticare di vedere il 20° episodio di Lost, che spiegherà anche un sacco di cose sulla Dharma, ma pone altrettanti nuovi dubbi che ci faranno sclerare a più non posso nelle prossime settimane (a proposito, al LostCamp io verrò vestito da Jacob). Il weekend si conclude con la preparazione di una scaletta per uno speciale sulla componente horror nella saga di Harry Potter ed eccomi di nuovo qui, per una nuova intensa settimana a combattere contro i mulini a vento della PA, della burocrazia, dei bersagli, dello yoga e del videomaking. Buon lunedì a tutti!

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LA FLANERIE NOTTURNA DELL’ARCIERE ERRANTE

Andare o no a tirare con l’arco? Forse restare, annullarsi e dormire? Eppure uno sforzo si doveva fare, tanto per non chiudere nell’inutilità una giornata tutto sommato intensa e positiva, nonostante gli occhi piccoli e lo sbadiglio facile da postumi di notte bianca. Nei momenti di crisi, in ufficio, sembra che tutti si rivolgano a me. Non so perché, davvero, e non è che sia il guru capodicazzo della situazione (sono solo il piccolo operaio del web), però vengono tutti con il loro problema da risolvere. Ovvio che quando sono in crisi io, dei loro problemi non ne voglio proprio un cazzo, però oggi girava bene, e la giornata è sembrata faticosa ma in un certo senso utile. Ottima pausa yoga a pranzo, dove mi becco qualche bel complimento su quanto sono diventato snodato e su come riesco a piegare o mettere in torsione parti del mio corpo che nemmeno sapevo esistessero fino a qualche mese fa. Nel frattempo approfitto per un sonnellino rigeneratore (tanto poi ci pensa Betta a risvegliarmi con un lieve suono di cimbali tibetani). Siccome la moto è inspiegabilmente di nuovo con la batteria scarica, penso "poco male" e ritorno a casa a piedi, col naso all’insù e lo sguardo fisso ai balconi, ai bovindi e ad un cielo di cobalto (dove, per dirla con Elisa, "c’è un senso di te", ma anche di me, di lui, di loro). Respiro a fondo odori di kebab, di mercato, di ritorni a casa, di umanità varia, tutti portati alla mia attenzione e subito spazzati via dal vento caldo della primavera. Poi naturalmente vado in garage a vedere se la batteria (preventivamente messa in ricarica) è a posto, e porto la moto sotto casa, per costringermi ad uscire dopo cena e fare qualche volée. E siamo al punto di partenza. Urge fare qualcosa per me, ascoltarmi, far emergere i miei bisogni. Me lo dice Stefi, me lo dice Léaud, me lo dice Fabienne. Riposti arco e frecce nella borsa dopo aver inutilmente ma serenamente cercato raggruppamenti verso il centro del bersaglio, esco nella calda notte torinese. Valuto se bussare alla porta di Léaud per farmi dare l’ansiolitico da erboristeria che si è appena procurato (buffo come dopo i 35 si cominci anche tra amici a parlare spesso di psicosomatizzazioni). La luce del suo living è ancora accesa, ma decido che quello che voglio fare veramente è un bel giro in moto notturno. Qualcosa per me, qualcosa che mi dia modo di ascoltarmi e rilassarmi. Perciò mi faccio una cinquantina di km collinari (al buio) in sella per un’ora buona. Dal ponte Isabella a San Vito, da San Vito al Colle della Maddalena, da qui all’Eremo e poi a Pecetto (passando per strade completamente buie e immerse in boschi parecchio inquietanti), Revigliasco, Cavoretto e poi di nuovo Torino, Viale Thovez, Corso Lanza, Corso Moncalieri, casa. Una giornata spesa bene, come non capitava da un po’.

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