PRODUCI CONSUMA CREPA (MA ANCHE: SBATTITI FATTI CREPA)

Se la penultima giornata di ferie è volata in burocrazia, l’ultima si è svolta nella non esistenza dei centri commerciali. Nei centri commerciali io infatti mi sento una cosa. Nemmeno, insomma… Non mi sento parte dell’esistente. A vivere, a brillare, è la merce. Comunque sia, un giro all’Ikea fa piacere a tutti se non c’è il marasma del sabato pomeriggio. E poi confesso: volevo vedere la nuova FNAC delle Gru, e sono rimasto soddisfatto. Per un motivo molto semplice. Mi sembra che abbiano progettato la FNAC di Grugliasco con un occhio ai problemi che i clienti devono per forza aver segnalato nei riguardi della FNAC di Torino. Mi spiego: nella nuova FNAC tutto è ordinatissimo, etichettatissimo e facilissimo da trovare. E poi c’è la moto di Ghost Rider che troneggia all’ingresso, mica cazzi! Noto di sfuggita che mentre non c’eravamo qualcuno ha pensato a piazzare un menhir di alluminio nel cortile delle Gru e nel frattempo vengo gabbato come un deficiente da Stefi ("Sai, devo solo prendere due detersivi che mancano"…. E scatta la spesona). Ma torniamo all’Ikea. Quello che mi ha sconvolto è stata la scena seguente, tra una giovane mamma e suo figlio di 9, massimo 10 anni.
M – E perché non prendi questa (riferendosi ad una lampada Ikea appena uscita)?
F – Mamma, quella no! Al massimo quella in versione blu!
M – Ma perché? Il bianco è bello in queste lampade di carta…
F – Sì ma ci sono già i muri bianchi, le tende invece sono blu, quindi sta meglio il blu che richiama!
Perplesso, avanzo di qualche metro per poi ri-incrociarli più avanti, ancora intenti a discutere di lampade.
M – Guarda che ti serve un punto luce a soffitto in camera tua…
F – Mamma, no! Il punto luce a soffitto è vecchio! Io preferisco diversi punti luce a terra o sui mobili!
M – Comunque non avresti abbastanza luce…
F – A volte è meglio circondarsi di cose belle che di cose utili! (sic)
Ovviamente, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato qualcosa tipo "piccoli gay crescono". Poi ho pensato che anche io detesto i punti luce a soffitto, quindi non ho fatto nessun commento. Magari era solo un giovane metrosexual

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UN GIORNO DI ORDINARIA BUROCRAZIA

Sapevo che dopo le vacanze mi avrebbe atteso al varco una recrudescenza di operazioni burocratiche. Ma speravo di risolverle in quattro e quattr’otto. Sapete, la speranza è sempre l’ultima a morire. E io da quel punto di vista sono un duro, non riesco ad essere pessimista fino in fondo. Comunque. Mi sveglio alle 9 pur non dovendo ancora lavorare, mi concedo una colazione al bar e parto con l’ACI. L’ACI è sotto casa, e per fortuna non trovo coda. Mi devono consegnare un paio di documenti già pagati ad agosto: il certificato di "perdita di possesso" della moto e un "estratto cronologico" del veicolo. Sbuffo lievemente mentre continuo a pensare "che cazzo ti rubano la moto e tu devi ancora star qua a far documenti", ma tant’è… Acqua passata, ormai. Nel frattempo devo anche andare alla Motorizzazione. Perché, vedete, da quando mi hanno rubato il portafogli a febbraio (lo so, lo so, la mia vita è tutta un furto) non mi è ancora arrivata la patente nuova a casa. Loro dicono che l’hanno mandata ad Aprile, che io non l’ho mai ritirata in posta, che è stata rimandata al mittente a giugno e perciò distrutta secondo la prassi della Motorizzazione (bella prassi del cazzo), quindi va rifatta daccapo tutta la procedura. La Motorizzazione a Torino è nel posto più assurdo possibile, a metà della circonvallazione che dalle propaggini Fiat arriva all’autostrada per Pinerolo. Chiude alle 11.30. Riesco ad essere lì alle 11.20 con un paio di fototessere estorte al volo ad una macchinetta automatica. Mi danno i moduli. Faccio la coda. C’è anche un bollettino da pagare. Quando arriva il mio turno dico "Il bollettino lo pago qua". "No, il bollettino lo paga in posta". "Mi scusi, ma mi sembra assurdo, sono 9 euro, li ho qua". Non è assurdo, mi dice il burocrate con il suo sguardo vacuo. Il burocrate. Bisogna capirlo. E’ un individuo che – frustrato da un lavoro alienante – cerca di prendersi le sue rivincite bistrattando gli utenti invece di ringraziare ogni mattina la madonna per avere un posto fisso. In ogni caso gli dico, alzando sempre di più il tono "Vuol dire che devo tornare oggi pomeriggio solo perché non avete un cazzo di bancomat?". "Non oggi pomeriggio. Siamo chiusi. Deve tornare domani". Il mio vaffanculo si perde nel brusio della folla (ma quante cazzo di persone vanno ogni giorno alla Motorizzazione?), riprendo la moto e tento di tornare alla civiltà. Ovviamente finisco in tangenziale, perché l’uscita stradale ti ci obbliga. Dato che il problema patente va rimandato, cerco almeno di ovviare al problema assicurazione moto rubata. Loro vogliono tutta una serie di documenti dall’ACI ma uno di questi necessita di autentica notarile. La "procura speciale di vendita". Ovviamente il notaio indicato dall’ACI non c’è. Faccio la mossa (sbagliata, ahimè) di chiedere il nome di un notaio alla mia commercialista. Lei è di Moncalieri, perciò mi segnala un notaio di Moncalieri. E vabbè. Prendo di nuovo la moto e schizzo lì, dato che mi dicono di andare subito perché sa, noi queste autentiche non le facciamo (sono pratiche da sfigati), ma visto che la manda la dottoressa, gliela facciamo come un favore. Un favore che richiede ovviamente 30 minuti buoni di anticamera. Quando la notaia (stile Jennifer Love Hewitt ma ancora più odiosa) si presenta mi chiede "Ma lei è sposato?". La prendo come un avance, per una frazione di secondo. Poi dico "Sì, e con questo?". "Comunione o separazione?". "Separazione, ma cosa c’entra?". C’entra. Perché adesso vogliono anche un certificato di matrimonio, dato che io non posso dimostrare che non sono in un regime di comunione dei beni, e che non sto facendo una procura per l’assicurazione in barba alla mia povera moglie. La bestemmia la trattengo coi denti finché non sono fuori, nella piazza del comune di Moncalieri. Si torna a casa, si contatta il collegio notarile, ci si fa indicare un notaio normale che svolga pratiche normali possibilmente in zona San Salvario mentre la moglie intimorita estrae da un qualche dossier una copia del nostro certificato di matrimonio. Che poi per autenticare una merda di firma ci vogliono 60 euro e un giorno di attesa. Cioè, per un timbro e uno svolazzo. Non esiste. Comunque. In totale ci ho messo cinque ore al netto degli spostamenti, 40 km di traffico in città e dintorni e 20 litri di sudore prodotti dal vostro affezionatissimo blogger di quartiere. Ora come ora sono solo convinto di due cose. La prima è che mi serve una serata di cazzeggio totale con gli amici. La seconda è che per stare dietro alla burocrazia bisognerebbe che fossi già in pensione. E meno male che avevo ancora un paio di giorni di ferie…

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ROTOLANDO VERSO OVEST (MA SENZA SPERM WHALES)

Ebbene, la vacanza non è proprio proprio finita ma il viaggio sì. Quello si è concluso un paio di giorni fa. Il tempo di fare quindici lavatrici e di disfare le valige ed eccoci qua, a guardare le foto di un arcipelago che già ci ha strappato una promessa di ritorno. Le Azzorre – contrariamente a qualsiasi catastrofico sospetto pre-partenza – sono il luogo ideale per me e consorte. E siccome sono ben nove isole e noi ne abbiamo visitate solo due, sarà opportuno tornare al più presto. Ideale perché la temperatura è sempre tra i 24 e i 26 gradi, perché c’è il mare, la montagna, lo svacco, il trekking, la buona cucina portoghese, la storia, la cultura, la natura, i vulcani (e voi sapete che non c’è luogo vulcanico che noi prima o poi non visitiamo) e quant’altro. Non sapete dove sono le Azzorre? E’ presto detto, sono qui. Paura, eh? Ci facevano le tappe Cristoforo Colombo, Vasco da Gama e tutti gli altri allegri circumnavigatori del globo. Sono state scoperte poco prima dell’America (1427), quindi qualsiasi segno umano risale più che altro al rinascimento (nella sua versione iberica). Abbondano chiese e cappelle con volta a tutto sesto e decorazioni in pietra lavica. Abbondano soprattutto il verde e le ortensie. Diciamo che al di là delle coste urbanizzate, molto del territorio interno è riserva naturale, perciò non si vedono case per miglia e miglia (al massimo qualche vacca al pascolo) e la cosa è estremamente galvanizzante. São Miguel, l’isola più grossa, è stata la prima tappa del viaggio. Ci siamo installati nella meravigliosa Casa da Calhetas sulla costa nord. Un B&B oltre ogni più assurda aspettativa, probabilmente una delle migliori tre strutture in cui abbiamo mai dormito. Padroni oltremodo simpatici. Certo, un po’ caro, ma merita i suoi 90 euro a notte. Fondamentale la visita a Ponta Delgada, la capitale, e ovviamente il periplo dell’isola, che offre panorami mozzafiato, specie all’interno. Spiagge di sabbia pochissime, ma scogli a go-go e – contro il logorio delle gelide e violente onde atlantiche – le piscine naturali! Un tripudio di acque tiepide e calme direttamente in mare, protette da banchi di scogli neri. A questo proposito, degna di nota la località di Mosteiros. Ovviamente nei nostri giri dimenticavamo il costume ogniqualvolta si presentava un posto del genere, mentre quando lo indossavamo a mo’ di sauna non si incontravano altro che pascoli o miradouros. Tra l’altro l’isola è famosa per ospitare le uniche piantagioni europee di té – vale la pena vederle. Io ovviamente non mi aspettavo che il tè fosse una vera e propria pianta coltivata, come il tabacco. Pensavo uscisse in natura direttamente così, bruno e sminuzzato. Comunque sia, ci si muoveva nella bellezza mozzafiato di Sete Cidades, con i suoi due laghi vulcanici comunicanti, Furnas (con il suo lago, le sue fumarole e ovviamente le sue sorgenti termali) e Ribeira Grande, con la sua Caldera Velha degna di un film con Phoebe Cates (e mi riferisco ovviamente a Paradise) quando si è fatta l’ora di partire e prendere un volo per Terceira (la seconda isola da noi visitata e la terza ad essere stata scoperta, come dice il nome). Angra do Heroismo è patrimonio Unesco dell’umanità e si vede. Fa sempre piacere girare per le viuzze del centro con il tipico clima azoriano (5 minuti sole, poi 5 minuti pioggia fine fine, poi nuvoloso e ventoso per mezz’ora, poi 10 minuti sole e via dicendo). Anche qui le piscine naturali dominano il paesaggio costiero (specie a Biscoitos, un posto dolce già dal nome) e nell’interno ci sono meraviglie vulcaniche e paesaggistiche che fanno capire perché le Azzorre siano state definite una via di mezzo tra l’Irlanda e le Hawaii. A me hanno ricordato anche la Nuova Zelanda e l’Islanda. E la discesa dell’Algar do Carvão, vecchio vulcano spento, valeva tutta la vacanza. Peraltro, abbiamo speso una piccola fortuna per "andare a vedere le balene" con la barca (ci proviamo sempre) e come sempre non si è visto nemmeno un misero delfino. Ci abbiamo guadagnato però un gran male all’osso sacro che non è ancora passato del tutto. Come già detto, urge ritorno per vedere altre isole. Vacanza economica, per chi se lo chiedesse, e molto rilassante. Seguiranno a ruota foto su Flickr.

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