MI SPARO UN PANINAZZO CHE MI SMERIGLIA LA GARGAROZZA

D’accordo, è triste parlarvi sul blog di cosa ho fatto oggi a pranzo (per queste cose c’è sempre Twitter, dove potrei dirvi anche quante volte vado in bagno). Però colgo l’occasione per segnalare un luogo mitico, di cui da tempo vorrei scrivere: il Burger Time, di via Amendola 6 a Torino. Il Burger Time è una scheggia inquietante di 1983 rimasta incastrata nel tessuto urbano e sociale torinese. Ci sono indubbiamente altri luoghi topici degli anni ’80 torinesi, come l’Esploratore Azzurro o l’Impera (per un periodo tristemente Bingo, poi non so). Ma nessuno è rimasto uguale nel tempo come il Burger Time. Al Burger Time, per prima cosa, si mangiano gli hamburger e gli hot dog migliori di Torino (anche se ultimamente hanno cambiato impasto per il pane degli hot dog). Dentro, l’ambiente è assolutamente in stile Drive-In. Unica concessione alla modernità Ikea: il déhor, che non a caso viene disertato dai veri cultori del locale. Entri e ti affacci alla cassa, dove c’è il proprietario – anche lui – inspiegabilmente sempre uguale a sé stesso da 25 anni! Fino a pochi mesi fa c’era anche la stessa ragazza dei panini del 1983: unica differenza, un trucco un po’ più pesante per nascondere i segni dell’età. Da qualche tempo non la vedo più. Entro al Burger Time e osservo il mondo del 2007 da una bolla spazio-temporale. Io ci vorrei fare un blogpranzo tutti insieme al Burger Time, a prendere i mitici Cocoburger e Greenburger, ad assaporare le favolose patatine olandesi McCain e a ingozzarci di Coca Cola che il proprietario versa direttamente dalle bottiglie da 2 litri (cioè: non alla spina annacquata, capite?). Per ora comunque mi accontento della blogcena di stasera. Siamo al Consorzio. Magari volete venire a guardarci mangiare dalla vetrina. Magari tenendo in mano un Cheeseburger.

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WEB 2.0: PER MOLTI MA NON PER TUTTI

Vi racconto il paradosso di una pubblica amministrazione. Grazie all’iniziativa personale di una preziosa collaboratrice, viene presentato a un dirigente un progetto di e-democracy partecipativa basata su strumenti 2.0 (sostanzialmente un wiki). Paraculaggio preventivo: la realizzazione di 5-slide-5 che dicessero cos’è il web 2.0, come si progetta per il web 2.0, quali i rischi e le opportunità di un progetto del genere, quali le fasi del progetto. Questo perché il dirigente in questione non sopporta un livello di analisi superiore alle 3 righe di testo in corpo 28. Al momento di presentare le slide parte il sottile brivido di terrore. Il dirigente che si occupa di comunicazione (e quindi anche dei progetti web) non ha ben chiaro nemmeno il web 1.0, figurarsi le tendenze in atto negli ultimi tre anni. All’enunciazione dei termini "condivisione", "partecipazione" e "user generated content" il sopracciglio del dirigente si alza ogni volta un po’ di più, tanto che mi sembra debba levitargli qualche centimetro sopra la fronte. Il clou è lo scambio di battute raggelante: "Come una specie di Wikipedia, hai presente Wikipedia?" – "No". Riesco a dribblare la classica obiezione "Se gli utenti generano il contenuto vuol dire che scrivono insulti e bestemmie usando questi strumenti partecipativi" (che poi non è del tutto alieno dalla realtà dai fatti, ma suvvia, cerchiamo di mettere questi brutti social network in una luce positiva). Non riesco, però, a reggere il silenzio e l’indecifrabile sguardo che il dirigente mi pianta addosso. Vorrei solo urlare "E’ colpa di Daniela, è lei che mi ha convinto a dirti queste fregnacce, è tutto uno scherzo, il web 2.0 non esiste!", ma riesco a resistere e a sostenere il suo sguardo. L’incontro si conclude così. Dopo un paio di giorni, il responso telefonico. "Sai, questa idea del web 2.0 non è da buttar via, è molto innovativa. La terrei in caldo però per il 2009-2010, sai… Perché non credo che i nostri utenti siano ancora pronti". Ubi maior…

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QUALCHE NOVITA’ SPARSA E UN CLASSICO SENZA TEMPO

Dioniso ha finalmente messo la testa a posto. Si sposa a Febbraio. A New York, naturalmente. Prima che pensiate che mi sia messo in testa di fare il novello Neil Gaiman, chiarisco il punto: Dioniso è mio cugino. Anche se si fa chiamare Dion. La notizia l’ho avuta ieri sera, ed è innegabile l’entusiasmo mio e di Stefi. Era da un po’, in effetti, che cercavamo una buona scusa per una settimana a NYC. Cioè, quando si pensa alle vacanze estive, ad esempio, non è che il primo posto che ti viene in mente sia New York. D’altra parte, nel resto dell’anno hai poca possibilità, magari, di andare così lontano se non hai anche una motivazione collaterale. E la motivazione adesso c’è. Si trova per la precisione nel Bronx. Pregusto già un viaggio notturno in metropolitana dal Bronx a Coney Island, arrivando all’alba sulla spiaggia e urlando "Waaaaariors… Come out and plaaaaaaaaaaay!"… Va beh. Son soddisfazioni, comunque. E poi la futura cugina si chiama Holly, proprio come Holly Golightly. Dopo aver assorbito la notizia, mi son messo comodo a guardare finalmente la prima puntata di Heroes. Ammetto che ne avevo visto un pezzo di sfuggita su Italia 1 e mi aveva lasciato indifferente, mentre la puntata in lingua originale rende decisamente bene e il serial ha sicuramente fatto presa su di me. Ora devo scaricare tutte le altre puntate… E poi stamattina il grande classico senza tempo. Anzi no, diciamo prima un’altra piccola novità: dopo 11 mesi che rompiamo i coglioni l’amministratrice ci ha trovato un box auto vero (non la bufala di adesso dove ci sta giusto la moto). Visto il box, provato spostando la moto in lungo e in largo, facciamo a cambio. Peccato che, appunto, nella foga di spostarci da un garage all’altro, ho lasciato tutta la notte le chiavi nel quadro della moto. Il risultato è il classico cui accennavo: batteria scarica e moto che non parte, con conseguente sudata, cristonamento, corsa per il bus e ritardo al lavoro. E pensare che mi ero anche fatto la doccia mattutina per sentirmi fresh and clean! Un vero déja vu!

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