Loro lo sanno che io non mi incazzo facilmente. Faccio Yoga, sono Zen. Li seppellisco con una risata. Loro lo sanno. Eppure oggi sono riusciti se non altro ad amareggiarmi. Io difficilmente mi amareggio. Certo, se pensiamo che da dieci mesi lavoro ad un improbabile progetto che annovera tra le sue parole chiave web-tv, streaming, video, server, flash. Certo, se pensiamo che dopo dieci mesi ero riuscito ad arrivare al dunque mettendo d’accordo enti diversi, fornitori, nani e ballerine. Certo, se pensiamo che mancava solo l’approvazione del pontifex. Allora. Quale miglior dimostrazione del Potere. Stabilire che quei dieci mesi spariscono dal calendario. Decidere che si ricomincia daccapo. Deliberare che il sottoscritto, dopo che ha rotto i coglioni al mondo intero per fare un progetto comune deve telefonare a tutti dicendo "basta, da oggi abbiamo deciso che no". Il Potere non è efficiente, non è efficace, non è logico. Il Potere è mistico, misterioso ed oscuro. Il Potere va subito perché è. The powers that be, dicono gli anglo/saxons. Metti l’asino dove vuole il padrone. Lo diceva sempre mia nonna. Non importa quanto idiota sia il padrone, ovviamente. Che poi va là, è inutile denunciare che il re è nudo. Tanto lo sanno già tutti (c’è chi mi ha detto "pensavo fosse lo scopo della pubblica amministrazione, fare e disfare continuamente i progetti come la tela di Penelope"). Il re è nudo, e allora? Ce l’ha piccolo, e allora? Almeno possiamo avvolgerci nella certezza confortante che noi ce l’abbiamo più grosso.
LA NOTTE DEI SOGNI VIVENTI
Parlando con alcuni amici, stamattina, è venuto fuori che tutti avevamo dormito male. In particolare che tutti avevamo avuto degli incubi, o comunque dei sogni parecchio bizzarri. Io mi sono svegliato con la testa fuori dal bordo laterale del letto, i cuscini schiacciati in verticale contro il muro e il piumone arrotolato ai polpacci che mi immobilizzava le gambe. Cosa ho sognato? Di solito non ricordo i sogni, anche se sono più che sicuro di farne tutte le notti. A volte però, mentre fai i tuoi bisogni mattutini o ti lavi con acqua calda e sapone, le immagini non ti abbandonano: anzi, emergono più nettamente alla coscienza. Stanotte, dunque, mi aggiravo tra le rovine di un castello medievale. C’era una luce tipo "effetto notte", e un minaccioso cavaliere si aggirava nei boschi. Ben presto viene fuori che questo scenario è in realtà un film che io, Stefi e mio padre stiamo guardando su un televisore. Siamo svaccati sui nostri attuali divanoni, ma di fronte a noi c’è il mobilio e il televisore che avevamo in casa quando ero piccolo. Nel film il cavaliere si rivela essere il Teschio Rosso, acerrimo nemico di Capitan America, che a colpi di spadone sventra non si capisce bene chi. Io mi affretto a spiegare a mio padre che quello è "il Teschio Rosso, acerrimo nemico di Capitan America", come se questo fosse molto, molto importante. Poi si esce di casa, per trovarci a guidare su strade rivoltate dai cantieri. Io e mio padre su un’auto, Stefi dietro di noi su un’altra auto. Io guidando mi scontro con una serie di barriere che dovrebbero in qualche modo bloccare la strada, e le faccio volar via in modo che Stefi, dietro, possa guidare con più sicurezza. Alla fine ci troviamo in una grande rotonda, dove scendiamo dalle auto e prendiamo delle moto. Stefi prende la mia moto, mentre io prendo una minimoto di quelle dove stai accovacciato sopra. Tutto questo per raggiungere un luogo di periferia dove devo sostenere un colloquio di lavoro. Alla fine arrivo nel posto da solo e vengo ricevuto dal titolare di questa piccola software house. Inspiegabilmente sono in pigiama e anche molto raffreddato, perciò mentre gli parlo della mia tariffa e del fatto che dovrà pagarmi in nero (per fare non si sa bene cosa) gli rubo tutti i suoi fazzoletti di carta che peraltro sono giganteschi e di colore verde scuro. Lui mi porta a fare un giro dell’azienda, e in una sala mensa improvvisata vedo i suoi dipendenti che ballano con una perfetta coreografia da musical, poi mi indicano e dicono "e certo, lui lavora qua perché è amico del padrone". Poi esco, sempre accompagnato dal titolare dell’azienda, e nel cortile incontriamo una barbona che sembra infastidirlo moltissimo. Mentre loro litigano, io continuo a starnutire e ad asciugarmi il moccio con fazzoletti che sembrano sempre più delle lenzuola… e la sveglia suona. E voi? Avete dormito male, avete sognato qualcosa di bislacco? Raccontatemi, dai!
Tag: sogni, incubi, 19-11-2007
SI MUORE SOLO DUE VOLTE (L’EREDITA’ DEL BLOGGER)
Stamattina, come tutte le mattine, ci sediamo uno di fronte all’altra, io e Dany. Come tutte le mattine, tra un grugnito e l’altro, ci scambiamo qualche parola un po’ per svegliarci a vicenda e un po’ per commentare il mondo da un punto di vista geek. Com’è, come non è, stamattina si parlava di blog e morte. Mentre vi toccate le palle, mi spiego meglio. Avrete sicuramente notato come, da qualche tempo a questa parte, i blog (ma anche Facebook, MySpace e YouTube) vengano citati sempre e invariabilmente in associazione a qualche fatto di cronaca nera. Del tipo "L’assassino aveva un blog", "Il sospettato aveva una pagina su MySpace", "La vittima frequentava Facebook" o "Il killer pubblicava video su YouTube". Da qui la riflessione: ma quando uno muore, il suo blog, che fine fa? Magari è uno che ha (aveva) le mani in pasta su mille siti, un vero duepuntozerino™. E allora? Rimane tutto lì, così, brutalmente interrotto, a perenne memoria degli altri blogger che magari continueranno a commentare l’ultimo post ad ogni anniversario? Oppure viene tutto cancellato, come se la persona in questione non avesse mai avuto un’identità digitale? Oppure ancora gli si fa confluire tutto in quella incredibile kitschata che è la moda dei siti tipo GlimpseBack? Magari si potrebbe inserire nel testamento una clausola per cui il più tech-savy dei parenti deve continuare a mantenere in vita i siti curati dal defunto… Nel caso di mio padre, per esempio, ho incluso tutto ciò che lui ha scritto nel mio sito, per evitare che si perdesse nel limbo di un account sospeso. Un altro sito che gestiva l’ho mantenuto in vita ma non l’ho mai aggiornato (e come potrei, è una roba ingegneristica). Mah. In ogni caso tutti pensano a farsi tumulare, cremare o criogenizzare, ma nessuno pensa a questi scampoli di personalità che restano sul web, equiparabili a quei cassetti che ogni tanto apri e ci trovi un oggetto di proprietà di qualcuno che non c’è più e sorridi perché alla fine un ricordo è sempre un ricordo. E voi? Siete per il testamento webologico? Strani discorsi che si fanno la mattina del lunedì, eh?
Tag: blog, morte, testamento