LED BLU GIGANTI

Alla fine l’ho fatto. Sono entrato nel negozio D-Mail l’altra sera, in un momento libero da preoccupazioni. D-Mail, per chi non lo conoscesse, è il paradiso dei gadget cheap and trash. Un paradiso che sembra molto allettante sui loro cataloghi cartacei (Bracciale magnetico per fai da te! Set di teglie in silicone! Telecomando universale a forma di rivoltella Colt!), un po’ meno allettante sul loro sito web (dove però spuntano simpatici dildo “per massaggiare cervicale, schiena e punti doloranti”), decisamente inquietante quando ti presenti in negozio.

Il negozio in sé è piccolo, tutto quello che vedi nei cataloghi è ammassato su pochi polverosi scaffali e – come si può presagire appena entrati – non c’è nemmeno tutto il campionario. Ci può stare, dato che è una ditta che fa business soprattutto per corrispondenza. Però ti prende un senso di chiusura. Ti sembra di non respirare bene. Anche perché, insieme a te, nel negozio, ci sono cinque anziani, un paio di coppie di trentenni e due commessi. Non ci si può muovere.

Gli anziani di sesso femminile si accalcano in prossimità dello scaffale che offre miracolose ciabatte di pelo autoriscaldanti e meccanismi di eject automatico per poltrone troppo affossate. Gli anziani di sesso maschile hanno occhi solo per il “grattaschiena Gigolò” e per le fruste in similpelle. Le donne sulla trentina sono affascinate dagli accessori cucina più improbabili (lo svita-stappa-spacca-squarta-tutto). I loro compagni rimangono ipnotizzati dal “vulcano in eruzione” (una finta lava-lamp portatile) o dal temibile aspirapolvere USB.

Io, per me, mi limito ad acquistare velocemente quello per cui sono entrato. Una sveglia imponente con le cifre dell’ora riportate da led blu giganti. Proprio così. Led giganti. Roba che nemmeno in un concerto dei Daft Punk. Se vogliamo trovare un difetto a questa sveglia, sta nel fatto che i led giganti sono invariabilmente blu. Sarebbe stato ancora meglio se dal blu fossero passati al porpora, al magenta, al rosso, al giallo, al verde acido, al ciano e infine di nuovo al blu.

L’ho piazzata sul mio comodino, stanotte. I led blu giganti hanno dato a tutta la stanza da letto un’atmosfera da film di fantascienza di serie Z. Per dormire devo girarmi dall’altra parte, altrimenti il mio campo visivo viene completamente occupato dall’ora esatta, segnalata da quei giganteschi led. Blu. Ma ne vale la pena. Adesso so sempre che ora è. Anche quando mi trovo a 20 metri di distanza.

Non resta che verificare quanto tempo lascerà passare Stefi prima di lanciare la mia sveglia a led blu giganti fuori dalla finestra.

ODORE DI PIOGGIA E WASABI

Quando esci affamato da un film moderatamente del cazzo come Hancock (come temevo, bello fino ad un certo punto e poi decisamente stridente) ci sono diverse opzioni. Puoi mangiarti un panino veloce, una pizza o – se ti trovi a Torino in zona Portanuova – lasciarti affascinare dal giapponese più marcio che possa esistere. Che poi non è nemmeno un vero giapponese, è più un ibrido sino-giapponese che mescola sushi e untuosità varie innaffiandole con tanta Kirin.

Ma, come ho detto, è una questione di fascino. Quel ristorante lì (non faccio il nome, tanto i torinesi in ascolto hanno già capito) è uno dei pochi che hanno il nastro trasportatore di piattini. E il nastro trasportatore, si sa, ipnotizza. Specie se abbinato ad una formula “Mangia tutto ciò che riesci a ingurgitare per 16,50 euro“. Sul nastro trasportatore passano, nell’ordine: ravioli al vapore, spiedini di gamberetti, wasabi, zuppa di miso, tirami su, riso saltato, vari tipi di maki e nigiri sushi, fette di anguria, pollo alla piastra, noodles, chele di granchio impanate e via dicendo. Tutto è organizzato in minuscoli piattini colorati che si impilano, vuoti, di fianco ala tua tovaglietta.

La sensazione è quella del non-luogo. Viene in mente subito il nastro trasporta bagagli degli aeroporti, per dire. Ti lasci andare a fantasie su piccole valigie messe sul nastro e omoni giganteschi che prendono le piccole valigie e le mangiano. La Kirin finisce. Ti rendi conto che mentre stai mangiando un (peraltro italianissimo e buonissimo) tirami su, sotto il tuo naso passano una decina di piattini ognuno con un singolo scampo fumante dentro. Ti viene anche un po’ da vomitare.

Esci con la sensazione di aver pagato 16,50 euro fondamentalmente per stare male. Come da contratto, comincia a piovere.
Un’altra tipica serata torinese.

DI OGNI MIA ABITUDINE

Io sono molto abitudinario. Talmente tanto che più che abitudini le chiamerei manie. Anzi no, che ha un senso un po’ negativo. Diciamo: riti. Mi piace fare sempre le stesse cose, piccole cose. Su quelle più importanti non sono tanto abitudinario, anzi mi adatto, altrimenti andrei sempre in ferie nello stesso posto, mangerei sempre solo pasta in bianco o simili.

I miei piccoli riti quotidiani cominciano appena sveglio e vanno avanti fino a notte. Eccoli qua.

  • Quando suona la sveglia, la zittisco con lo snooze tre volte prima di alzarmi
  • In bagno devo leggere almeno un articolo di Vanity Fair mentre faccio la cacca
  • Prima di uscire devo bere un sorso di acqua fresca
  • Sull’ascensore, mi guardo allo specchio e mi stacco ogni volta un capello bianco
  • In garage, devo aprire il portellone con il telecomando prima ancora di averlo in vista
  • A colazione, cappuccio e brioche comprensivo di commento della puntata di Un Posto al Sole con la barista
  • Quando vado in bagno in ufficio, mi piace fare un solitario con il Nokia (quello di carte, intendo)
  • Tornato a casa, devo fare un sonnellino di dieci minuti
  • Prima di dormire, mi piace fumare una sigaretta e leggere un po’
  • Quando spengo la luce, per addormentarmi, devo stare supino e con le braccia in alto dietro la testa

Poi ce ne sarebbero tante altre, magari legate ad altri contesti non immediatamente riconducibili alla quotidianità (es. se vado in albergo devo subito “fare mia” la stanza usando per primissima cosa il bagno). Ma non voglio tediarvi.

Vorrei invece sapere dei vostri riti. Così poi ci scrivo un libro e divento ricco.