POLVERE

Trentaduesimo giorno di confezionamento scatoloni.
Lo so, andiamo un po’ a rilento. È anche un mese esatto che non vengo più ad annaffiare qui.
E c’è un po’ di disordine, un po’ di desolazione, molta polvere.
Come a casa mia. Come nella mia testa.

La polvere è il prodotto principale del trasloco. Credo si sia depositata tutta nel percorso che va dai miei peli del naso ai miei alveoli.
Ma dagli scavi sono emerse un’infinità di perle dagli ultimi 25 anni, alcune delle quali voglio ricordare qui di seguito.

  • Alcune copie ingiallite di Comic Art e l’Eternauta
  • Una foto scattata a Gardaland precipitando in un tronco
  • I manga “La clinica dell’amore” di Haruka Inui
  • Una compilation su nastro che iniziava con un dialogo da “Fandango” di Kevin Reynolds
  • Un biglietto “Non lasciate taniche di benzina vicino alla caldaia”
  • Una Rollei 35 ammaccata
  • Un tesserino con su scritto “Ob. di Cosc. Pietro Izzo”
  • Una copia del 1977 della sceneggiatura originale di Nel corso del tempo di Wim Wenders
  • Una videocassetta di “Fighe nel mirino” (ambientato nella 1° guerra del golfo)
  • Un mazzo di tarocchi in cui ogni trionfo ritrae un mio amico / conoscente
  • Biglietti diversamente ingialliti di concerti dei Cure
  • Una busta della libreria City Lights di San Francisco
  • Una serie di lettere d’amore in francese in brutta copia
  • Una consistente ciocca di capelli (il “codino”) di quando avevo 23 anni
  • Una bambolina di plastica truccata da Siouxie Sioux
  • La targa del mio primo motorino
  • Una confezione di pillole anticoncezionali “Nirvana”
  • La foto autografata di Jonas Mekas
  • Una serie di flani pubblicitari di film anni ’50 e ’60
  • Gli occhiali da John Lennon e quelli da Al Bano
  • La discografia completa di John Zorn su cassetta (aggiornata al 1999)
  • Il quaderno di sintesi con gli appunti di tutti i corsi universitari
  • Il poster di Joe Galaxy che dice “Ciao troie!”

Tutto molto polveroso.
Non ci avevo mai pensato, ma ti rendi conto di avere avuto veramente una vita quando ti metti a raccogliere i detriti della tua storia.

AIUTO, IL TRASLOCO!

Su Facebook mi hanno detto che il trasloco è la terza causa di stress psicologico dopo il lutto e la separazione. Ora il mio disorientamento ha un senso.
Chiedo aiuto. Io pensavo di avere un approccio vincente, ma evidentemente non è così.

Tu guardi con occhio critico le stanze, pensi: OK, questa la faccio in un giorno, questa in un altro giorno… E invece. Prendiamo l’ingresso. L’ingresso è una stanza stupida. Di solito ci stanno gli ombrelli, le scarpiere, gli svuotatasche. Al massimo un attaccapanni. Per fare l’ingresso, unica nostra conquista da quindici giorni a questa parte, ci abbiamo messo 6 giorni/uomo (tre giorni filati io e Stefi). Con la bellezza di quindici scatoloni impilati nell’angolo, ognuno con la sua bella scritta a pennarello nero. “Materiale elettrico sgabuzzino”. “Fumetti Marvel della cassapanca”. “Giacconi invernali da tenere”.

Il trasloco, lo dice anche Riza Psicosomatica, è l’occasione giusta per lasciarsi alle spalle i detriti di una vita che non è più la tua. Noi abbiamo adottato questa tattica. Negli scatoloni ci finisce solo la roba che effettivamente vogliamo portarci in casa nuova. Il resto viene diviso in sacchi neri della spazzatura (in media un sacco nero ogni cinque scatoloni) e in carrettate di roba da portare in cantina (in media due carrettate ogni cinque scatoloni). La cantina è l’anticamera dell’oblio. In casa nostra prima ci sono i cassetti, poi il ripostiglio, poi la cantina e infine la morte o il riciclo.

Il punto è proprio questo. Se si trattasse di inscatolare solo i libri, i DVD, i fumetti, non ci sarebbe problema. Un paio di giorni e passa la paura. Ma se apri un cassetto è finita. Il passato ti aggredisce, ti chiama a sé e non ti vuole lasciar andare via. Tra me e Stefi lei è più vittima delle Smemorande del 1997, delle foto del 1992, dei tabulati con le timbrature del 2000. Io sono in genere più pratico, anzi ho portato in casa un magico macchinario che gli dai in pasto i fogli di carta e lui te li riduce in mille coriandoli. Però ogni tanto anche io soccombo.

Oggi ho trovato un tariffario di quando facevo l’accatiemmellista nel 1996. Chiedevo 180.000 lire per una pagina web, 200.000 per una tabella fino a 30 caselle, 250.000 per un form, 350.000 per una gif animata o una mappa grafica (cristo, ve le ricordate le mappe grafiche?). Avevo anche una meravigliosa carta intestata per scrivere questo tariffario. C’era su il mio sito web, il primo. Se i potenziali clienti volevano visitarlo, non avevano che da digitare questo semplicissimo URL: www.cisi.unito.it/˜gleb/pietro/pietro.htm. Geniale, eh? In mezzo a quei fogli ho anche trovato una interessante composizione poetica dello stesso periodo, che dimostra quanto fossi preda del tetraidrocannabinolo. Ve la riporto qui sotto.

Nel nostro essere angeli
come dicevi che avresti fatto
giudicami
puoi pensarmi iridescente
ma sono molti gli strati

Un genio falsamente colorato
giudicami
alla fine
sarò un giocattolo di plastica
per te

Erba cristiana dall’altra parte
guardo
ho visto troppo
ogni sorta di
piccolissime puttane
vivono dentro di me

Capirete anche voi che, per difendermi da questi attacchi del passato, ho bisogno di una valida strategia.
Ho bisogno di un placido aiuto (e chi ha orecchie per intendere…).

FATINA DEI DENTI

La gente normale perde i capelli per lo stress. O gli viene la gastrite, la vitiligine.
A me si spaccano i denti.

La tradizionale toothbreaking season è la primavera.
Puntualmente a metà marzo se ne spacca uno.
Stavolta credevo che non sarebbe più successo, e invece.
Rottura tardiva ma di ben due denti diversi.

So che quando andrò dal dentista gli addurrò motivazioni romantiche come “ho fatto a pugni con la vita“, ma alla fine possono esserci solo tre spiegazioni: a) le mie otturazioni hanno fatto il loro tempo; b) i dolcetti che mangio sono troppo duri; c) la vecchiaia.

Il grosso problema è che una volta c’era la fatina dei denti e ci guadagnavo qualcosa.
Adesso se va bene devo pagare io 500 testoni a dente.