In viaggio con la nonna. Un’esperienza che apre le porte della percezione. Di problemi, in famiglia, ne abbiamo che versano. Perciò quest’anno è toccata a me. Accompagnare la nonna (anni 87) a casa sua, dopo che si è fermata circa sei mesi a casa dei miei – un periodo di tempo assolutamente poco digeribile per chiunque. La nonna abita a Formia, ridente paese costiero sito tra Roma e Napoli. Otto ore di treno all’andata e otto al ritorno. I più cinici tra i lettori mi diranno: "Ma non se lo poteva prendere da sola, il treno"? Suvvia, nonostante l’estrema lucidità mentale e la costanza nell’attività fisica, ha pur sempre 87 anni e 5 valigie. Perciò, mi presento alla stazione alle 10.20 (il treno parte alle 11.10 e mia nonna è già arrivata col taxi alle 9.30 per paura di far tardi). Saltiamo pure i convenevoli.
"Piè, prendi un carrello!"
"Ma nonna, te le porto io le valigie…"
"No, no, e perché devi fare ‘sti sforzi che ti scende l’ernia?"
Lei ha serissimi problemi di ernia, e perciò misura il mondo sulla sua esperienza personale. Parto per un giro veloce di tutta la stazione. Non esistono carrelli da nessuna parte, sono tutti presi. Nel frattempo Stefi, che è rimasta con la nonna, ne trova uno lì. Corsa inutile, ovviamente. Carichiamo tutto sul treno, Stefi se ne va (triste per non vedermi nel weekend ma segretamente sollevata di non dovermi accompagnare nel mio viaggio stile Carlo Verdone + Sora Lella).
Nello scompartimento ci sono: due anziani coniugi veterocomunisti, un anziano avvocato napoletano e (per un paio d’ore) due scosciatissime turiste cecoslovacche, delle quali era possibile valutare il grado di depilazione inguinale. L’unico interlocutore possibile per la nonna sarebbe l’avvocato, ma dorme. La coppia veterocomunista invece ossessiona tutti tentando di risolvere il cruciverba della Settimana Enigmistica (quello complicato) e tentando di imbastire paragoni tra la famiglia Berlusconi e la famiglia reale. Mia nonna fa finta di dormire. Tiene la borsa stretta a sé perché le turiste cecoslovacche nella sua mente sono pur sempre ragazze dell’est, potenziali borseggiatrici. Poi tira fuori i panini fatti da lei. Si riconoscono dalla scarsissima farcitura di prosciutto. Le otto ore passano, e finalmente si scende. La nonna abita a 100 metri dalla stazione, ma ha comunque mobilitato il vicino di casa per farsi venire a prendere in macchina. Ricomincia la pantomima dell’ernia (se sapesse quanto pesano le borse che portiamo io e Stefi in vacanza, capirebbe che per me sollevare le sue valigie è uno scherzo).
Momento relax: la cena in trattoria con la nonna. A momenti alterni (a volte riesco a farle cambiare discorso) l’argomento è "quanto andrà a rotoli il ménage familiare ora che lei non è più con i miei".
"Tua madre non è nemmeno capace a lavare l’insalata."
"Mmmm…"
"Tua madre mi parla solo sempre dei suoi malanni."
"Mmmmmm…"
"Adesso mangeranno surgelati per un anno."
"Mmmmmmmmmmm…"
"Magari domani le telefono per spiegarle come si lava l’insalata."
"Senti, ma ridimmi un po’ degli anni di prigionia del nonno…?"
La casa della nonna è uguale da sempre, è incredibile come non cambi mai. Salvo una decina di giorni due anni fa non ci mettevo piede dal 1985. Dà un po’ di straniamento, un po’ di nostalgia. Accomodati in poltrona, la scelta è tra Gerry Scotti e Pippo Baudo (con notevole preferenza della nonna verso quest’ultimo).
Il mattino dopo, sveglia alle 8.50. (il treno è alle 10.25, il biglietto ce l’ho già e la stazione è sempre a 100 metri da casa della nonna). Argomento favorito del mattino è "quando non ci sarò più". Probabilmente l’argomento preferito in assoluto di tutte le nonne di una certa età. Loro, maledizione, sentono avvicinarsi il momento, e tu per quanto le consideri a volte delle grandissime rompicoglioni non puoi fare a meno di allontanarti verso il treno con un po’ di commozione. Subito spazzata via dal delirio di trovarsi davanti nello scompartimento per otto ore un bambino viziato e isterico che pur avendo circa 11 anni strilla come un maialino scannato quando la mamma deve allontanarsi per andare in bagno e la costringe a piazzare davanti a sé (e perciò anche davanti a me) tutti i suoi giochini. Per punizione tiro fuori il mio fumetto di Doraemon. Poi mi metto gli auricolari con un programma di Chemical Brothers, Green Day ed Eminem. Lui piange perché vorrebbe anche lui leggere Doraemon. Io ostento il mio interesse per il fumetto, e quando lo finisco, facendo finta di nulla, lo ripongo nello zainetto e chiudo gli occhi. Mi addormento cullato dai suoi strilli petulanti, che per fortuna non riescono a sovrastare del tutto la musica…
AVVENTURE IN TUNISIA PARTE 2
IL DESERTO
Considerato che una delle poche persone meritevoli di stima viste in vacanza è stata la guida tunisina (un ragazzo con l’aria da gangster e il piglio da professore di antropologia culturale), passerei piuttosto ai paesaggi e agli animali, decisamente più interessanti. Non si può andare in Tunisia senza un assaggio di deserto, pensavo. E infatti, anche se si ha poco tempo, vale la pena sbattersi a fare la temibile escursione sul dromedario (quello con una gobba sola). Arrivati a Douz, la porta del deserto, ci issiamo sui bestioni (alti più di 2 metri) che ondeggiano pericolosamente. Soprattutto, si alzano e si abbassano di colpo, catapultandoti in avanti se non sei pronto ad afferrare spasmodicamente la sella… Insomma, finalmente ho capito da dove arriva la sabbia fine delle clessidre: dal deserto di Douz! Una landa di sabbia sterminata popolata (se non altro ai margini) da individui finto-berberi stile Lawrence d’Arabia che cavalcano su bianchi dromedari o neri stalloni arabi vestiti con turbanti e mantelli. Si fermano per farsi fotografare dietro il modico compenso di 5 dinari. Il cammelliere di Stefi (che viaggiava in una carovana separata dalla mia) ha pensato bene di mollarla in mezzo alle dune lasciandole la briglia in mano. La sfilza di esclamazioni poco simpatiche rivolte alternativamente al cammello e al cammelliere si sentivano anche da dieci dune più in là.
I VILLAGGI BERBERI
A mio avviso la parte migliore da visitare della Tunisia meridionale: Tataouine (vi dice qualcosa il nome?), Medenine, Chenini, Tamerza, Chebiki, le oasi sulle montagne e i villaggi fortificati in rovina, gli ksour e le case troglodite di Matmata… Un tour del genere si sovrappone all’80% con il tour delle location di Star Wars (quello del ’77, cioè l’attuale Episodio IV – Una nuova speranza, ma anche dell’Episodio I – La minaccia fantasma). Matmata è per l’appunto il luogo dove abita il giovane Skywalker prima di conoscere l’anziano Obi Wan Kenobi, Tamerza (o giù di lì) è dove si annida il perfido Darth Maul – quello un po’ stupido e ipertatuato… Comunque a parte le fregole fantascientifiche sono i luoghi più magici e particolari che ho visitato da qualche anno.
TOZEUR
"Passano ancora lenti i treni per Tozeur"… La sapeva anche la guida tunisina, la canzone di Battiato. Tozeur è la città più grossa del sud tunisino e anche la più bella. Purtroppo ci siamo stati una sera soltanto, ma è valsa la pena vedere un museo (aperto fino a mezzanotte) situato nell’antica residenza estiva del Bey tunisino (una cosa molto alla Lawrence d’Arabia… lo so, i riferimenti cinematografici sono sempre un po’ gli stessi… volendo ci stava dentro anche Il vento e il leone di Milius). Assolutamente stupendo. Con tutti quei mattoncini… A Tozeur ho anche acquistato qualche compilation tamarrissima (cioè il corrispondente tunisino del tamarro) di successi da hit parade in arabo. Geniali! Ad ascoltarle in ufficio sembra di stare a San Salvario durante la festa del quartiere. O a Portapalazzo. Un luogo che quasi tutti i tunisini sembrano conoscere, almeno di fama.
IL CIBO
Atmosfere molto Chef Kumalè, spezie a go go (alcune parecchio piccanti) e soprattutto cuscus in tutte le salse, mai lesinato e sempre ben condito. Ovvio, no? Ma la cosa che più mi ha colpito della cucina tunisina è il briq. Trattasi di una sorta di wanton fritto (per chi conosce la cucina cinese più maiala) ma molto più grosso e ripieno di un composto di uova, tonno, cumino e prezzemolo. Divino. Da buttare giù con un po’ di té alla menta carichissimo. E poi i dolcetti della regione di Tataouine. Miele, sesamo, noci e mandorle. Ne ho ancora qualcuno in ufficio, per chi vuole fare un salto a trovarmi.
AVVENTURE IN TUNISIA PARTE 1
IL VILLAGGIO VACANZE
Intendiamoci, non è che fosse un vero e proprio villaggio. Più un grosso hotel. Però c’era… l’animazione! Io e Stefi non siamo stati in un posto con "l’animazione" dal lontano 1996. E’ una prospettiva che ci devasta. Eppure, per voler pagar poco e fare una cosa rilassante (cioè per non voler guidare anche nelle piste desertiche col sole a picco e stancarsi peggio di quando si è partiti) abbiamo optato per questa simpatica soluzione. Ora la eviteremo per altri 10 anni almeno. Perché, perché devono iniziare a rompere i maroni alle 10 del mattino (ora in cui tu ti spalmi sul lettino in piscina per dormire al sole) e attaccano con la "ssssssiglaaaaaaaa!" e poi insistono a proporti il beach volley, le freccette e il "gioco aperitivo" (non ho capito cosa fosse ma preferisco rimanere con la curiosità)? Comunque sia, poveracci, non erano nemmeno antipatici, facevano il loro lavoro, però… due palle!
METEREOLOGIA
La Tunisia ha in media due giornate brutte in tutto il periodo marzo-ottobre. Esattamente le prime due giornate della nostra vacanza. Ovviamente. Peraltro, sole a picco di giorno (ma piacevolmente ventilato) e 12 gradi di sera. A fine vacanza, tutti col mal di gola!
I TUNISINI
Loro sanno bene come prendere i turisti. In pratica li rapiscono. Specialmente se sono italiani. Cominciano a puntarti da lontano. "Italiano! Amigo! Gianluca (o Fabio, o Marco, o Giovanni, che sono i quattro nomi che conoscono in italiano)! Vieni qua! Solo per vedere! Ti tratto bene!". E ti portano nel negozio più inculato del Souk più inquietante del posto. I negozi tunisini sono dei labirinti di souvenir, dalla rosa del deserto al cammello magico (che non si è ancora capito come funziona), dalle chicha ai bicchierini per il tè alla menta. Comprare in questi negozi non prende meno di 45 minuti. Anche se compri un fischietto in terracotta. La cosa è comunque affascinante, perché ti offrono il tè, ti mettono a tuo agio, chiacchierano, c’è uno scambio di culture, tu ti informi, loro ti fanno vedere un po’ di merce. Poi arriva il momento della contrattazione, la recita commerciale in cui loro sono maestri. I più coscienziosi scrivono la cifra su un foglio e ti chiedono di scrivere tu stesso la tua offerta (in genere la loro cifra è almeno 10 volte più alta di quanto pensavi). Tu dici la tua e loro cominciano "Dieci?!?! Tu sei pazzo, mi vuoi rovinare? Io pago questo venti! Io devo guadagnare!" (con l’accento di Peter Sellers in Hollywood Party) e via così per delle mezze ore. Affascinante. Una volta. Poi rompe i coglioni.
GLI ITALIANI
Da sempre detesto gli italiani all’estero. Dopo questo viaggio ancora di più. Non è snobismo. Sta di fatto che troppo spesso chi ha i mezzi per viaggiare è uno stordito, ignorante e arrogante, che pensa di appartenere ad una razza superiore cui tutto è permesso. Questo si vede ancora di più in paesi come la Tunisia che loro considerano terzo mondo (nonostante anche lì abbondi la tecnologia, solo un po’ più polverosa). Nei paesi ricchi (più ricchi dell’Italia) l’italiano si comporta con supponenza ma abbassa maggiormente la cresta. In Tunisia ho visto cose tremende. Italiani che si fiondavano sui buffet che offrivano spaghetti snobbando i cibi locali, per poi criticarne la cottura (in Italia sono meglio). Grazie al cazzo, brutto deficiente, non siamo in Italia, quindi non puoi avere spaghetti e caffè come quelli che bevi da noi. Se sei venuto per quello, te ne stavi a casa tua! Pagano per fare delle escursioni con la guida e poi non la stanno a sentire, perché devono parlare ad alta voce degli ultimi piani tariffari di Tim o Vodafone. Visitano una fabbrica di tappeti dove le lavoranti prendono 3 dinari al giorno di stipendio e le apostrofano con frasi come "Uè, ma dite al vostro capo di darvi più di 3 dinari al giorno, è una miseria! Come cazzo fate a viverci?" (come fanno, brutto coglione? risparmiando su cibo e vestiti alla faccia del tuo stipendio di 2.000 euro mensili, pantaloncini firmati e videocamera da 4.000 euro). Entrano in una sinagoga, fermano un rabbino e chiedono "Scusi, ma chi è il dio qui?" (giuro, è vera)! Pagano un’anziana donna berbera per fare la foto con lei e la abbracciano in perfetta posa da faccetta nera. Da brivido. Forse il motivo principale per cui solitamente io e Stefi viaggiamo rigorosamente in solitario. Per la cronaca, la serafica risposta del rabbino alla domanda idiota in sinagoga è stata, semplicemente, "Dio!"…
