Scene da un matrimonio. Sabato, ore 10.00. Ci si prepara per andare a Modigliana (FC) al matrimonio di Sissi e Francesco. Si è deciso di partire alle 11.00, trovarsi a Fiorenzuola col Rebus e poi proseguire guidati dalla mitica mappa in puro stile Sor Deodato. Alle 9.40 mi sveglio, mi doccio, preparo le ultime cose in borsa. Stefi, come sempre, va in isteria. Lei non si deve solo lavare. Lei si deve lavare, oliare, talcare, impomatare, asciugare, spruzzare, deodorare, truccare, arricciare, aggiustare e in tutto questo laborioso processo comincia anche a sudare, per cui il loop ricomincia dal primo passaggio. Va da sé che mentre alle 11.00 io sono pronto per scendere in auto, lei deve ancora dar da mangiare alla gatta, incartare il regalo per gli sposi, scrivere bigliettini, raccattare creme cremine e trucchi da mettere in borsa, trovare un cerotto per le vesciche, accertarsi di avere abbastanza assorbenti e tutto quel genere di cose che le donne rimandano sempre all’ultimo minuto. Comunque sia, tra un vaffanculo affettuoso e l’altro, partiamo alle 11.20 e arriviamo puntuali alle 13.00 al mitico Autogrill di Fiorenzuola. Nel parcheggio assolato, la Francy sta picchiando il Rebus (siamo nell’oltrepo, e lì tutti mettono l’articolo davanti al nome). Mi rendo conto improvvisamente che non sono solo. Anche altre donne tendono ad essere violente con il loro uomo. Trancio di pizza orrido e poi via verso Modigliana. A casa di Sissi ci sono tutti i parenti agitatissimi anche se non vorrebbero darlo a vedere. L’agitazione dei parenti emiliano-romagnoli è differente da quella dei piemontesi. Loro trasformano l’agitazione in spettacolo per gli astanti (nella fattispecie io, Stefi, Rebus, Francy, Angie, Paolo, Stefano e Marzia). Dopo un po’ si fanno vivi anche il Demone Horobi e Yari, seguito da una ragazza della quale non si può fare il nome (altrimenti Yari verrebbe squartato sulla pubblica piazza). Comunque passano il tempo a limonare senza sosta, nonostante Yari insista che "non stanno insieme". Giungono gli sposi, ostentando sicumera. Fumano i bidys, ridono e scherzano ma sanno che il momento li attende. Si va. Angiola piange per tutta la cerimonia, io non posso fare a meno di notare grandissime somiglianze con il nostro matrimonio, il prete è talmente figo che sembra uscito da una fiction televisiva (scoprirò in seguito che è anche un ottimo chitarrista di bossanova). A seguire, tutti alla casa di Trebbio. Una casa parrocchiale romagnola. Lo sottolineo per dire che si è mangiato benissimo, la casa era in ottimo stato e coloro che ci hanno passato la notte hanno trovato diverse camerate con letti a castello dove posare i loro sacchi a pelo. Si fanno le due a parlare di cazzate come sempre (è ovvio) e poi si fa a gara di russo. Cioè, non a chi sa parlare meglio la lingua di Tolstoj, ma a chi russa di più e più sonoramente. Vinco io di brutto, distanziando sia l’Angiola che il Rebus che Yari. Il monte Trebbio, dove sorge la casa parrocchiale, è un ridente luogo sull’appennino tosco emiliano, fa un freddo pungente ma la giornata è bella. Si vorrebbe rimanere una settimana intera, con una meraviglia di casa come quella in completa autogestione, ma non si può. Dopo aver spazzolato un po’ di avanzi del menu nuziale con gli sposi, si torna indietro. Tuonati come due murene, arriviamo a Torino e ci precipitiamo a votare. Con un sorriso di incoraggiamento chiediamo agli scrutatori la percentuale di votanti nella sezione… 23%. Brusco ritorno alla realtà sociale esistente. Era veramente meglio stabilirsi nella comune dei preti… o no?
GLI ANNI DI PRIGIONIA DEL NONNO
In viaggio con la nonna. Un’esperienza che apre le porte della percezione. Di problemi, in famiglia, ne abbiamo che versano. Perciò quest’anno è toccata a me. Accompagnare la nonna (anni 87) a casa sua, dopo che si è fermata circa sei mesi a casa dei miei – un periodo di tempo assolutamente poco digeribile per chiunque. La nonna abita a Formia, ridente paese costiero sito tra Roma e Napoli. Otto ore di treno all’andata e otto al ritorno. I più cinici tra i lettori mi diranno: "Ma non se lo poteva prendere da sola, il treno"? Suvvia, nonostante l’estrema lucidità mentale e la costanza nell’attività fisica, ha pur sempre 87 anni e 5 valigie. Perciò, mi presento alla stazione alle 10.20 (il treno parte alle 11.10 e mia nonna è già arrivata col taxi alle 9.30 per paura di far tardi). Saltiamo pure i convenevoli.
"Piè, prendi un carrello!"
"Ma nonna, te le porto io le valigie…"
"No, no, e perché devi fare ‘sti sforzi che ti scende l’ernia?"
Lei ha serissimi problemi di ernia, e perciò misura il mondo sulla sua esperienza personale. Parto per un giro veloce di tutta la stazione. Non esistono carrelli da nessuna parte, sono tutti presi. Nel frattempo Stefi, che è rimasta con la nonna, ne trova uno lì. Corsa inutile, ovviamente. Carichiamo tutto sul treno, Stefi se ne va (triste per non vedermi nel weekend ma segretamente sollevata di non dovermi accompagnare nel mio viaggio stile Carlo Verdone + Sora Lella).
Nello scompartimento ci sono: due anziani coniugi veterocomunisti, un anziano avvocato napoletano e (per un paio d’ore) due scosciatissime turiste cecoslovacche, delle quali era possibile valutare il grado di depilazione inguinale. L’unico interlocutore possibile per la nonna sarebbe l’avvocato, ma dorme. La coppia veterocomunista invece ossessiona tutti tentando di risolvere il cruciverba della Settimana Enigmistica (quello complicato) e tentando di imbastire paragoni tra la famiglia Berlusconi e la famiglia reale. Mia nonna fa finta di dormire. Tiene la borsa stretta a sé perché le turiste cecoslovacche nella sua mente sono pur sempre ragazze dell’est, potenziali borseggiatrici. Poi tira fuori i panini fatti da lei. Si riconoscono dalla scarsissima farcitura di prosciutto. Le otto ore passano, e finalmente si scende. La nonna abita a 100 metri dalla stazione, ma ha comunque mobilitato il vicino di casa per farsi venire a prendere in macchina. Ricomincia la pantomima dell’ernia (se sapesse quanto pesano le borse che portiamo io e Stefi in vacanza, capirebbe che per me sollevare le sue valigie è uno scherzo).
Momento relax: la cena in trattoria con la nonna. A momenti alterni (a volte riesco a farle cambiare discorso) l’argomento è "quanto andrà a rotoli il ménage familiare ora che lei non è più con i miei".
"Tua madre non è nemmeno capace a lavare l’insalata."
"Mmmm…"
"Tua madre mi parla solo sempre dei suoi malanni."
"Mmmmmm…"
"Adesso mangeranno surgelati per un anno."
"Mmmmmmmmmmm…"
"Magari domani le telefono per spiegarle come si lava l’insalata."
"Senti, ma ridimmi un po’ degli anni di prigionia del nonno…?"
La casa della nonna è uguale da sempre, è incredibile come non cambi mai. Salvo una decina di giorni due anni fa non ci mettevo piede dal 1985. Dà un po’ di straniamento, un po’ di nostalgia. Accomodati in poltrona, la scelta è tra Gerry Scotti e Pippo Baudo (con notevole preferenza della nonna verso quest’ultimo).
Il mattino dopo, sveglia alle 8.50. (il treno è alle 10.25, il biglietto ce l’ho già e la stazione è sempre a 100 metri da casa della nonna). Argomento favorito del mattino è "quando non ci sarò più". Probabilmente l’argomento preferito in assoluto di tutte le nonne di una certa età. Loro, maledizione, sentono avvicinarsi il momento, e tu per quanto le consideri a volte delle grandissime rompicoglioni non puoi fare a meno di allontanarti verso il treno con un po’ di commozione. Subito spazzata via dal delirio di trovarsi davanti nello scompartimento per otto ore un bambino viziato e isterico che pur avendo circa 11 anni strilla come un maialino scannato quando la mamma deve allontanarsi per andare in bagno e la costringe a piazzare davanti a sé (e perciò anche davanti a me) tutti i suoi giochini. Per punizione tiro fuori il mio fumetto di Doraemon. Poi mi metto gli auricolari con un programma di Chemical Brothers, Green Day ed Eminem. Lui piange perché vorrebbe anche lui leggere Doraemon. Io ostento il mio interesse per il fumetto, e quando lo finisco, facendo finta di nulla, lo ripongo nello zainetto e chiudo gli occhi. Mi addormento cullato dai suoi strilli petulanti, che per fortuna non riescono a sovrastare del tutto la musica…
AVVENTURE IN TUNISIA PARTE 2
IL DESERTO
Considerato che una delle poche persone meritevoli di stima viste in vacanza è stata la guida tunisina (un ragazzo con l’aria da gangster e il piglio da professore di antropologia culturale), passerei piuttosto ai paesaggi e agli animali, decisamente più interessanti. Non si può andare in Tunisia senza un assaggio di deserto, pensavo. E infatti, anche se si ha poco tempo, vale la pena sbattersi a fare la temibile escursione sul dromedario (quello con una gobba sola). Arrivati a Douz, la porta del deserto, ci issiamo sui bestioni (alti più di 2 metri) che ondeggiano pericolosamente. Soprattutto, si alzano e si abbassano di colpo, catapultandoti in avanti se non sei pronto ad afferrare spasmodicamente la sella… Insomma, finalmente ho capito da dove arriva la sabbia fine delle clessidre: dal deserto di Douz! Una landa di sabbia sterminata popolata (se non altro ai margini) da individui finto-berberi stile Lawrence d’Arabia che cavalcano su bianchi dromedari o neri stalloni arabi vestiti con turbanti e mantelli. Si fermano per farsi fotografare dietro il modico compenso di 5 dinari. Il cammelliere di Stefi (che viaggiava in una carovana separata dalla mia) ha pensato bene di mollarla in mezzo alle dune lasciandole la briglia in mano. La sfilza di esclamazioni poco simpatiche rivolte alternativamente al cammello e al cammelliere si sentivano anche da dieci dune più in là.
I VILLAGGI BERBERI
A mio avviso la parte migliore da visitare della Tunisia meridionale: Tataouine (vi dice qualcosa il nome?), Medenine, Chenini, Tamerza, Chebiki, le oasi sulle montagne e i villaggi fortificati in rovina, gli ksour e le case troglodite di Matmata… Un tour del genere si sovrappone all’80% con il tour delle location di Star Wars (quello del ’77, cioè l’attuale Episodio IV – Una nuova speranza, ma anche dell’Episodio I – La minaccia fantasma). Matmata è per l’appunto il luogo dove abita il giovane Skywalker prima di conoscere l’anziano Obi Wan Kenobi, Tamerza (o giù di lì) è dove si annida il perfido Darth Maul – quello un po’ stupido e ipertatuato… Comunque a parte le fregole fantascientifiche sono i luoghi più magici e particolari che ho visitato da qualche anno.
TOZEUR
"Passano ancora lenti i treni per Tozeur"… La sapeva anche la guida tunisina, la canzone di Battiato. Tozeur è la città più grossa del sud tunisino e anche la più bella. Purtroppo ci siamo stati una sera soltanto, ma è valsa la pena vedere un museo (aperto fino a mezzanotte) situato nell’antica residenza estiva del Bey tunisino (una cosa molto alla Lawrence d’Arabia… lo so, i riferimenti cinematografici sono sempre un po’ gli stessi… volendo ci stava dentro anche Il vento e il leone di Milius). Assolutamente stupendo. Con tutti quei mattoncini… A Tozeur ho anche acquistato qualche compilation tamarrissima (cioè il corrispondente tunisino del tamarro) di successi da hit parade in arabo. Geniali! Ad ascoltarle in ufficio sembra di stare a San Salvario durante la festa del quartiere. O a Portapalazzo. Un luogo che quasi tutti i tunisini sembrano conoscere, almeno di fama.
IL CIBO
Atmosfere molto Chef Kumalè, spezie a go go (alcune parecchio piccanti) e soprattutto cuscus in tutte le salse, mai lesinato e sempre ben condito. Ovvio, no? Ma la cosa che più mi ha colpito della cucina tunisina è il briq. Trattasi di una sorta di wanton fritto (per chi conosce la cucina cinese più maiala) ma molto più grosso e ripieno di un composto di uova, tonno, cumino e prezzemolo. Divino. Da buttare giù con un po’ di té alla menta carichissimo. E poi i dolcetti della regione di Tataouine. Miele, sesamo, noci e mandorle. Ne ho ancora qualcuno in ufficio, per chi vuole fare un salto a trovarmi.