Negli ultimi due giorni, qui, abbiamo provato due nuove ricette. La prima, dolcissima, per la quale ringraziamo Lorenza (la nostra Passerona) è la ricetta dei Pasteis de Belém (pronuncia: pastéish de blèm). Eccezzionali dolcetti alla crema scottata con spolverone di cannella. Deliziosi. Ce ne era rimasta la voglia dopo un viaggio in Portogallo circa sei anni fa. Non saranno identici, ma ci si avvicinano molto. Provate voi: si prende la pastasfoglia quella già pronta (mica pensavate che la facessimo noi?), magari già tirata e arrotolata. Col bordo di un bicchiere si tagliano le rondelle che vanno posizionate su una teglia da muffin già imburrata (o se non c’è la teglia da muffin vanno bene quelle formine singole tipo crostatina). Poi ci si mette dentro la crema che è stata preventivamente preparata. La crema consiste di 2,5 dl di panna, 4 tuorli d’uovo, 1 cucchiaino di farina, 100 gr di zucchero e la scorza di un limone. Si mescola tutto, si mette sul fuoco basso, si porta ad ebollizione. Tolta dal fuoco, si elimina la scorza di limone, si lascia raffreddare e si riempiono le sfogline. Poi si inforna a 125 gradi per 10-12 minuti (magari gli ultimi 2 minuti col grill) e voilà! Servire tiepidi e spolverati di cannella. Meravigliosi. L’altra ricetta, semplicissima è quella dell’insalata di polpo con ceci e rosmarino, gustosa variante sul classico polpo e patate che ormai ha rotto i coglioni. Si prende quindi un polpo di circa un kg, lo si sbatte ripetutamente su una superficie dura per ammorbidirlo (o alternativamente lo si prende a mazzate con un martellone). Si prende la sacca del polpo, la si rivolta per togliere le interiora e poi la si rimette a posto. Meglio togliere comunque anche il becco e l’occhio. Tutto questo non serve se comprate il polpo già pulito in pescheria, ma era tanto per rendere la ricetta più splatter. Si mette il polpo in pentola a pressione con 2 foglie di alloro e un tappo di sughero per 20 minuti da quando l’acqua bolle. Il sughero serve sempre per rendere il polpo più morbido, non chiedetemi perché. Intanto si prendono dei ceci precotti (ché non abbiamo tempo da perdere) e li si butta a scottare in padella con tanto bel rosmarino fresco. Quando il polpo ha finito, lo si estrae dalla pentola a pressione evitando che questa esploda e gli si toglie quella viscida pelle violacea che avrà sicuramente incrostato le pareti interne della pentola. Infine si taglia il polpo tiepido a pezzetti, unendolo ai ceci rosmarinati, un po’ di olio d’oliva, sale e aglio crudo che insaporisce sempre. Poi magari, prima di mangiare, togliere l’aglio. Successone garantito. Adoro queste incursioni del mio animo "nonna papera" sul blog!
IL FERRAGOSTO IN CITTA’
Il perfetto weekend di ferragosto: si comincia con un venerdì corto che prelude ad una cena tra amici: cibo, chiacchiere e buone vibrazioni (20 punti corazza). Si prosegue con un sabato dedicato al cazzeggio più totale (10 punti corazza) concluso con cena in famiglia. Pure in tempi cupi, i vecchi sono due rocce e stanno bene (10 punti corazza), anche se c’è quel peso di fondo che tira ad ammaccare e creare lividi dolorosi (-15 punti corazza). La domenica dunque va dedicata totalmente all’arte di stare bene, all’amore, al cuor leggero. Sveglia tardi, si inforca lo scooter per andare a bagnare le piante dell’amica in vacanza e poi via a fare i turisti per la città deserta, a pranzare nel quadrilatero quando non c’è nessuno in giro, ad andare al cinema (e scoprire che Romero è più in forma che mai) e a farsi una pizza surgelata una volta a casa premeditando il lunedì di festa (totale: 20 punti corazza). Domattina pranzo in campagna dai suoceri e a seguire visita agli amici che hanno avuto il loro dono più bello… tanto per pacioccare un po’ due nuove vite (si spera in almeno altri 20 punti corazza). Poi, un po’ di lavoro e infine le meritate ferie… Non male il ferragosto in città.
IL RITORNO DI DIO NIKE
Dio Nike è tornato. Si tratta di una visione mistica del vecchio barbuto con le Nike ai piedi. L’ho visto la prima volta vicino ad un rifugio alpino in alta val Chisone. Lo rivedo ogni volta che mi spingo a piedi sopra i 1.700 metri di altitudine. Ma andiamo con ordine. Per combattere l’ansia da città io e Stefi abbiamo optato per un weekend alle Terme di Valdieri. Il luogo di "ritrovo" di Vittorio Emanuele II con la Bela Rosin. Idoneo al massimo per noi, dal momento che una delle nostre fantasie più ricorrenti è quella di immaginarci nei panni della scandalosa coppia ottocentesca! Il posto è bello, tranquillo, in alta valle Gesso (sopra Borgo San Dalmazzo). Il Grand Hotel Royal è pressoché come te lo immagini. Entri e ti sembra di stare sotto i portici di Piazza San Carlo ma senza tori cui pestare gli attributi e in generale senza calca e senza negozi. Direi un portico metafisico, l’idea stessa del portico, il suo noumeno. Comunque. Negli anfratti del portico ci sono i tavolini verdi per giocare a carte: si sa, quello è il passatempo preferito dagli anziani clienti dell’Hotel. Perché il concetto di weekend benessere qui non è ancora molto arrivato: le terme sono e restano un parcheggio estivo per anziani doloranti. Le stanze, sopra, sono moderne e ristrutturate (delusione). Il ristorante interno però fa la sua porca figura. Sembra di stare in un film di Visconti. Il maitre (il signor Mario) – una via di mezzo tra il Bruno Ganz di Pane e tulipani e l’Anthony Hopkins di Quel che resta del giorno – piroetta tra i tavoli in smoking nero, con un fazzoletto di seta rosso nel taschino. Geniale. Il primo giorno è dedicato completamente all’ammollo nella piscina termale e al massaggio di 50 minuti nelle salette dedicate. Il massaggio total body può lasciare un po’ perplessi (per me era la prima volta) solo per il fatto del perizoma. Cioè, ti fanno spogliare completamente e ti fanno indossare un perizoma di tessuto non tessuto. Che poi somigli al protagonista di un porno datato 1978. Dal sapore vagamente gay, per giunta. Inoltre, come pensano queste fisoterapiste di massaggiarti tutto il corpo senza che il perizoma di tessuto non tessuto si tenda o peggio ancora si laceri? Fortunatamente metà del tempo lo passi a pancia in giù e per l’altra metà del tempo ti addormenti beatamente. Il giorno dopo, decidiamo per la passeggiata in montagna. Un percorso dai 1.300 delle terme ai 1.760 della riserva reale di caccia. "Un percorso che fanno tutti gli anziani e i bambini senza problemi", dicono i locali. Un percorso che dovrebbe durare un’ora e mezza. Sprovveduti come sempre, lo affrontiamo senza acqua e senza panini partendo alle 10. E qui entra in scena Dio Nike. Lo vedo ormai ad ogni tornante, mentre gli scattosi ultrasessantenni procedono spediti ed io e Stefi stramazziamo al suolo. Mi dice "Continua, perché il bello della montagna è la soddisfazione di arrivare in cima". Arriviamo in cima alle 13, schiumanti. Tutti i trekker intorno a noi mangiano e bevono. Noi ci attacchiamo alla fontana e ci riempiamo la pancia di acqua gelida. Poi immergiamo i piedi nel ruscello alpino per decongestionarli. Colti da una fame devastante, poi, scendiamo a valle. Arriviamo a destinazione alle 15. Abbandonati persino da Dio Nike. Arrivati al punto di partenza, si para dinanzi a noi il banchetto "Sapori di una volta" con salumi e formaggi d’alpeggio. "Signori, gradite un assaggio di…". Sì. Lo gradiamo.
