Dio Nike è tornato. Si tratta di una visione mistica del vecchio barbuto con le Nike ai piedi. L’ho visto la prima volta vicino ad un rifugio alpino in alta val Chisone. Lo rivedo ogni volta che mi spingo a piedi sopra i 1.700 metri di altitudine. Ma andiamo con ordine. Per combattere l’ansia da città io e Stefi abbiamo optato per un weekend alle Terme di Valdieri. Il luogo di "ritrovo" di Vittorio Emanuele II con la Bela Rosin. Idoneo al massimo per noi, dal momento che una delle nostre fantasie più ricorrenti è quella di immaginarci nei panni della scandalosa coppia ottocentesca! Il posto è bello, tranquillo, in alta valle Gesso (sopra Borgo San Dalmazzo). Il Grand Hotel Royal è pressoché come te lo immagini. Entri e ti sembra di stare sotto i portici di Piazza San Carlo ma senza tori cui pestare gli attributi e in generale senza calca e senza negozi. Direi un portico metafisico, l’idea stessa del portico, il suo noumeno. Comunque. Negli anfratti del portico ci sono i tavolini verdi per giocare a carte: si sa, quello è il passatempo preferito dagli anziani clienti dell’Hotel. Perché il concetto di weekend benessere qui non è ancora molto arrivato: le terme sono e restano un parcheggio estivo per anziani doloranti. Le stanze, sopra, sono moderne e ristrutturate (delusione). Il ristorante interno però fa la sua porca figura. Sembra di stare in un film di Visconti. Il maitre (il signor Mario) – una via di mezzo tra il Bruno Ganz di Pane e tulipani e l’Anthony Hopkins di Quel che resta del giorno – piroetta tra i tavoli in smoking nero, con un fazzoletto di seta rosso nel taschino. Geniale. Il primo giorno è dedicato completamente all’ammollo nella piscina termale e al massaggio di 50 minuti nelle salette dedicate. Il massaggio total body può lasciare un po’ perplessi (per me era la prima volta) solo per il fatto del perizoma. Cioè, ti fanno spogliare completamente e ti fanno indossare un perizoma di tessuto non tessuto. Che poi somigli al protagonista di un porno datato 1978. Dal sapore vagamente gay, per giunta. Inoltre, come pensano queste fisoterapiste di massaggiarti tutto il corpo senza che il perizoma di tessuto non tessuto si tenda o peggio ancora si laceri? Fortunatamente metà del tempo lo passi a pancia in giù e per l’altra metà del tempo ti addormenti beatamente. Il giorno dopo, decidiamo per la passeggiata in montagna. Un percorso dai 1.300 delle terme ai 1.760 della riserva reale di caccia. "Un percorso che fanno tutti gli anziani e i bambini senza problemi", dicono i locali. Un percorso che dovrebbe durare un’ora e mezza. Sprovveduti come sempre, lo affrontiamo senza acqua e senza panini partendo alle 10. E qui entra in scena Dio Nike. Lo vedo ormai ad ogni tornante, mentre gli scattosi ultrasessantenni procedono spediti ed io e Stefi stramazziamo al suolo. Mi dice "Continua, perché il bello della montagna è la soddisfazione di arrivare in cima". Arriviamo in cima alle 13, schiumanti. Tutti i trekker intorno a noi mangiano e bevono. Noi ci attacchiamo alla fontana e ci riempiamo la pancia di acqua gelida. Poi immergiamo i piedi nel ruscello alpino per decongestionarli. Colti da una fame devastante, poi, scendiamo a valle. Arriviamo a destinazione alle 15. Abbandonati persino da Dio Nike. Arrivati al punto di partenza, si para dinanzi a noi il banchetto "Sapori di una volta" con salumi e formaggi d’alpeggio. "Signori, gradite un assaggio di…". Sì. Lo gradiamo.
IL MATRIMONIO DELLA PIMPA
Un po’ in ritardo, come si conviene, qualche nota sul matrimonio della Pimpa… Dall’imprescindibile punto di vista privilegiato di Casa Izzo! La proverbiale nube di sfiga, infatti, non ci abbandona nemmeno nei giorni più felici. Avendo l’astrusa coppia deciso di sposarsi alle 9.20 del mattino (in realtà sono stati obbligati dall’ingranaggio della burocrazia a presentarsi ad un tale orario antelucano in comune), la sveglia alle 7.45 era d’obbligo. Il vostro eroe si lava e si veste in un nonnulla, ma è in agguato il pericolo sotto forma di bottoni della giacca che stanno per scucirsi. Ma come le lavano le giacche in tintoria? Un lesto lavoro di ago e filo ci fa comunque perdere minuti preziosi. Splendidi nei nostri vestiti da cerimonia estiva (colori di Pietro: sabbia, bianco, arancione; colori di Stefi: nero, arancione e sorriso) rotoliamo brutalmente giù dalle scale verso la macchina. La Tesoriera, situata nel parco omonimo in corso Francia a Torino, è un posto bellissimo: assolutamente da vedere, magari non quando ci sono dieci matrimoni programmati nella mattinata. La sua peculiarità è quella di estendersi in prossimità di una delle future fermate della metropolitana taurinense (Torino non sta mai ferma…). Perciò, impieghiamo 15 minuti a trovar parcheggio. Poco male. Il mionico testimone era già sul posto da una mezz’oretta, e aveva fortunatamente sbrigato quel po’ di pratiche burocratiche necessarie. I neo-coniugi si sposano con sobrietà e stile (gangsta-chic lui, shantung-coloratissima lei), di fronte ad un ufficiale comunale marpionissimo che guardava le tette di una delle testimoni. In quel momento ho avuto un flash, e ho capito il lavoro che voglio fare: l’ufficiale comunale che sposa le persone. Tutti sempre felici e contenti, tutti positivi. Mi azzarderei anche ad improvvisare discorsi traboccanti d’amore per tutti gli sposi. Ma tant’è, la cerimonia è breve, ed il mio sogno ad occhi aperti deve lasciare il posto al mio mestiere di fotografo ufficiale dell’evento. Tutti i parenti dello sposo, quelli della sposa, gli amici, i testimoni… Le foto ufficiali, accompagnate però da qualche chicca tipo le foto a "The Others" o quelle a "Collateral" o a dettagli delle scollature delle invitate più procaci. Presto giunge il momento di recarsi nell’agriturismo per il ricevimento. Come è di moda da qualche anno per tutte le coppie di sposi (me compreso), ci si dirige verso un posto assolutamente dimenticato da dio, sperduto in itinerari collinari e boschivi degni di un horror fiabesco. Lo sposo aveva consegnato a tutti una cartina per aiutarci ad arrivare sul posto. Con indicazioni, manco a dirlo, errate (colpa di Via Michelin, non sua). Risultato: quattro macchinate di disperati, capitanate da me e Stefi, che si aggiravano sui colli tra Chivasso e Casale Monferrato non capendo assolutamente nulla dell’itinerario proposto. Giungiamo alfine alla Terra dei Profumi (consigliabilissimo) e ci accomodiamo nelle tavolate organizzate ad arte come se si fosse alla cerimonia di apertura dell’anno scolastico ad Hogwarts (fondamentalmente quattro grandi tavolate e un tavolo più piccolo sopraelevato rispetto agli altri con gli sposi, i testimoni e i loro consorti). Ovviamente dopo qualche minuto hanno cominciato a volar via le giacche, le cravatte, poi i bottoni delle camicie ed in molti casi anche scarpe e calzini. Si finisce nello svacco più totale tra amache e grappini… Una bella festa! La sera dopo ho riguardato Fandango… perché lo spirito, alla fine, è quello. 😉
“STAVO PENSANDO…”
Caldo.
Troppo.
Arrivo annunciato da un soffio di aria bollente.
Lei è quasi nuda, distesa sul letto. Le sue curve mi chiamano. Respira piano.
Mi avvicino. Nemmeno il caldo può bruciare quanto la sua immagine.
Sto per sfiorare le sue labbra…
– Ma che cazzo hai mangiato, hai un alito assurdo!
Inutile. Passare il pomeriggio a leggere Sin City di straforo e immaginare di essere un duro da noir non serve a nulla. Stefi sa sempre la cosa giusta da dire per smontarmi.
– E vabbè, sono stato dal cinese, almeno ha l’aria condizionata che funziona…
– Ah, ecco… il mio cinesino dell’amore…
Il caldo comunque mi ammazza. Fuggo sotto la doccia gelata per un po’. A sedurre la mogliettina ci penserò dopo. Mi stendo sul letto per evaporare in tutta tranquillità, e Stefi comincia con le coccole. Le donne. Non capiscono che le coccole per noi sono un preludio a qualcosa di più sostanzioso. Invece loro amano le coccole fini a sé stesse. E così, proprio mentre il sangue mi va alla testa e sto per allungare le mani su di lei, arriva la mazzata.
– Stavo pensando…
– Oddio Stefi… temo sempre il momento in cui dici "stavo pensando"…
– Dai, stammi a sentire: come organizziamo il prossimo weekend?
– Il prossimo… Cosa? Ma minchia, è solo lunedì!
– Sì, ma bisogna organizzarlo per tempo, perché…
La sua voce, quando "pensa", diventa penetrante. Glielo dico. Lei se la prende a male. Intanto squilla il telefono: sua madre. Poi suo fratello. E io, che ormai voglio solo evaporare in silenzio e nella penombra, sviluppo un’emicrania a grappolo.
– Senti, magari rivestiti che tra un po’ viene mio fratello a cena.
– Ah… bene… Baf… Brof… Magari vado a prendere un film?
– Eh, magari dai…
Esco di nuovo nella città-altoforno. Valuto il film che suggeriva Stefi (The Manchurian Candidate). Troppo lungo. Troppo politico. C’è da pensare. Sono stanco.
– Allora, che film hai preso?
Cerco di far uscire al meglio il porco sciovinista che alberga in me.
– Dato che sono stanco, fa caldo e non abbiamo nemmeno fatto sesso, direi che la cosa migliore era un film pieno di combattimenti all’arma bianca, esplosioni e gran fighe che limonano tra loro.
– Cioè?
– Ho preso Elektra.
– Sei un figo. Però registrami Friends.
Nemmeno la rudezza la scalfisce. Non resta che strafocarsi di insalata di riso. Gelata.