MEMORABILIA 2017

E anche quest’anno volge al suo termine.
Fa freddo, c’è lo smog, c’è Salvini.
Siamo tutti un anno più vecchi e più stanchi. Siamo tutti reduci. Tra poco è Natale, il giorno più temuto dell’anno, e subito dopo è “cosa fai a capodanno?” (non che la domanda mi turbi particolarmente… capodanno è l’ultima serata in cui uscire). Ma come sempre, nello sconforto e nel disagio si stagliano luminosi alcuni fari, alcune pietre miliari che rallegrano la vita del misantropo sociopatico. In un barlume di pietas umana voglio quindi condividere la musica, il cinema, le serie TV e i libri che mi hanno aiutato a non diventare un serial killer per quest’anno. Ecco a voi.

ALBUM

1. American Dream (LCD Soundsystem) . Dopo sette anni un ritorno stellare, che sa di Bowie, di Eno, di Talking Heads, di New Order e Joy Division, di angoscia, di depressione, di glitter e di strobo. L’album perfetto.
2. DAMN. (Kendrick Lamar) – Se non vi esalta Kendrick Lamar, io non so. Per me esistono lui, Drake e Kanye. Ma quest’anno lui ha fatto l’album definitivo (e si è portato a casa pure gli U2)
3. Melodrama (Lorde) – Se dobbiamo cedere al pop che si appiccica alle orecchie cediamo con gusto. Lorde mi ricorda la giovane Kate Bush con il piglio iconoclasta della giovane Bjork. In una parola, molto gggiovane.
4. Masseduction (St. Vincent) – Se possibile ogni album di St. Vincent è meglio del precedente. Qui il noise si sposa con il glam e il funk minimale alla Prince per un ascolto forse più accessibile ma mai banale. Ironia musicale a pacchi.
5. Lust for Life (Lana Del Rey) – Niente, Lana del Rey continua ad essere la perfetta colonna sonora per lo scazzo esistenziale dei diversamente giovini come me. Peraltro a sto giro c’è anche Stevie Nicks. E una pseudo-cover di Creep.
6. Rest (Charlotte Gainsbourg) – Se è Gainsbourg è comunque una garanzia. A parte gli scherzi, questo album è la sorpresa/outsider. C’è dentro Moroder e McCartney, Daft Punk e Air, impossibile non amare questo dream-electro-pop.
7. L’amore e la violenza (Baustelle) – Bianconi: o lo ami o lo odi. A me piace sempre, e il Vangelo di Giovanni lo trovo uno dei pezzi italiani più belli del decennio.
8. Album (Ghali) – Ghali per me è la sorpresa hip hop italiana dell’anno. L’ho amato molto e trovo che abbia il flow e la presenza più interessante di tutta la scena (t)rap.
9. Utopia (Bjork) – Da quando Bjork collabora con ARCA è diventata un po’ difficile da ascoltare, ma con un po’ di concentrazione si scoprono molte cose piacevoli (ed è meno cupo di Vulnicura).
10. Heaven Upside Down (Marilyn Manson) – Oh, niente, io ci provo a non farmelo piacere. Ma mi è troppo simpatico. Sogno sempre un duetto tra lui e Peter Murphy.

Ce ne sono tanti altri che cito a caso e che ascolto spesso come Sleep Well Beast (The Nationals), Villains (Queens of the Stone Age), Concrete and Gold (Foo Fighters), Flower Boy (Tyler, the Creator), Mental Illness (Aimee Mann), Mia Maestà (Bassi Maestro), Everything Now (Arcade Fire), A casa tutto bene (Brunori Sas), Spirit (Depeche Mode), Fenomeno (Fabri Fibra), Carpaccio ghiacciato (Myss Keta), Torno domani (Priestess), qualunque cosa di Liberato.

SERIE TV

1. Mindhunter (Joe Penhall / David Fincher) – Parte lenta ma cresce in fascino: sostanzialmente non succede nulla, ma il bello è nelle interviste ai serial killer. In pratica un meta-thriller.
2. Bojack Horseman (Raphael-Bob Waksberg) – Full immersion nelle quattro stagioni disponibili, per una serie di animazione che esplora meglio di ogni altra le profondità un po’ oscure dell’animo, depressione, autolesionismo, etc. Non potrei più farne a meno.
3. Stranger Things 2 (Duffer Bros.) – Ai Duffer piace vincere facile, anche quest’anno. Adorabile, come il cucciolo di demogorgon nelle prime puntate. Per certi versi anche se è mancato l’effetto sorpresa, anche meglio della prima stagione. Godibilissimi anche gli speciali condotti da Jim Rash.
4. American Gods (Bryan Fuller / Michael Green) – Una grandissima sorpresa, una festa visiva per la trasposizione di uno dei migliori romanzi di Gaiman. Aspetto con ansia la seconda stagione.
5. Black Mirror 3 (Charlie Brooker) – Chevvelodicoaffà. Poi sta arrivando la 4.
6. Master of None 2 (Aziz Ansari) – Tra le comedy, quella che ho preferito. Sta sempre in bilico tra lo stand-up e le tentazioni alla Woody Allen, ma si fa seguire. Poi le prime due puntate si svolgono a Modena, e allora!
7. Dark (Baran Bo Odar) – Piacevole variazione sul tema mystery/sci-fi che è stato accostato a Stranger Things ma è in realtà più verso le atmosfere di Twin Peaks (quello classico), Broadchurch o Les revenants. Viaggi nel tempo e tedeschi depressi, cosa volere di più?
8. Atypical (Robia Rashid) – Interessante comedy sulla neurodiversità e su come un giovane che vive nello “spettro” dell’autismo possa/voglia rapportarsi col gentil sesso. Tra Apatow e Sundance.
9. Glow (Liz Flahive / Jenji Kohan) – Donne che fanno wrestling negli anni ’80. Devo aggiungere altro?
10. Broadchurch 3 (Chris Chibnall) – E niente, questa serie ITV con David Tennant ha tenuto botta fino alla terza stagione senza cedimenti. Perfetta.

Piacere colpevole: 13 Reasons Why, serie in cui avrei voluto vedere tutti morti talmente erano antipatici, ma in fondo mi prendeva.
Asso pigliatutto fuori concorso: Twin Peaks 3, un incubo di videoarte lungo 18 ore, probabilmente la cosa più sconvolgente che ho visto quest’anno tra cinema e TV.
Animazione: certo, c’è già Bojack, ma è talmente “vero” che se fosse live action farebbe malissimo (l’animazione è una scelta per distanziare emotivamente). Le serie animate veramente top del 2017 per me sono tre: DuckTales nuova versione di Disney XD, una rilettura aggiornata e intelligente delle classiche storie di paperi (meraviglia poi la voce di Tennant per Uncle Scrooge), OK K.O.! Let’s Be Heroes di Cartoon Network che è per certi versi simile a Steven Universe (parte del team è lo stesso) ma più slapstick, se capite cosa intendo, e infine Rick e Morty 3 di Adult Swim, che prosegue la folle e scorretta cavalcata nella fantascienza dei due protagonisti aggiungendo dettagli e backstory e rendendo più tridimensionali i personaggi.
Serie che vorrei ancora vedere e probabilmente spariglierebbero un po’ la classifica: Godless, Suburra, Young Sheldon, Handmaid’s Tale, Big Little Lies, Mr. Mercedes, She’s Gotta Have It.

FILM

1. Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve) – Non era facile. Per me ha vinto la scommessa, ricreando una certa atmosfera, ampliandola e proponendo variazioni sul tema. Non può competere con l’originale, ma non dovrebbe nemmeno.
2. Baby Driver (Edgar Wright) – Il film che mi ha fomentato di più quest’anno, quello che mi ha fatto stare in punta di poltrona, a gesticolare e a battere il piedino a tempo di musica. E non è poco.
3. Get Out (Jordan Peele) – Commedia horror sociale, giocata sul filo del rasoio e quasi perfettamente equilibrata (io un po’ più di sangue ce l’avrei visto bene ma ad ognuno i suoi gusti). Black Lives Matter, a quanto pare.
4. Dunkirk (Christopher Nolan) – Si può dire tutto e niente, comunque un gran pezzo di bravura audiovisiva. Manca un po’ il coinvolgimento e tutto è un po’ concettuale, ma avercene di film così.
5. Atomic Blonde (David Leitch) – Tra i film di menare secondo me spicca parecchio. E anche in assoluto un’esperienza audiovisiva interessante. Poi oh, Charlize Theron che spacca i culi.
6. It (Andres Muschietti) – Non si può non citare It per lo stesso motivo di Stranger Things: andava visto. Ed è molto godibile, se mettiamo da parte l’ossessione per la fedeltà al testo. Viene voglia di essere di nuovo dodicenni per spaventarsi ancora.
7. Logan (James Mangold) – Un “taglio” diverso per Wolverine (haha, il gioco di parole): questo è l’unico film di supereroi che mi è veramente piaciuto quest’anno. Cupo come una ballata di Johnny Cash. Un pezzo di bravura.
8. Arrival (Denis Villeneuve) – Sarebbe del 2016 ma da noi è arrivato nel 2017, tiè. E per la prima volta un regista in lista con due film… Questa è la fantascienza che mi piace (vedi anche sotto nei libri). Una fantascienza… linguistica!
9. Mother! (Darren Aronofsky) – In molti lo hanno odiato. Io me lo sono assolutamente goduto. Merita una seconda visione. Horror spiritual-biblico con interpreti al top. Molto delirante.
10. Guardians of the Galaxy Vol.2 (James Gunn) – Il pop all’ennesima potenza: forse anche meglio del primo. Colonna sonora sempre da urlo, effetti visivi bellissimi, e poi Kurt Russell. Fossero tutti così i film Marvel.

Piaceri colpevoli: Split, John Wick 2.
Non pervenuti: la maggior parte dei cinecomics, che da circa due anni mi hanno un po’ rotto le palle.
Lato animazione potrei citare Despicable Me 3, ma sono sicuro che Coco, che vedrò a breve, sarà il mio cartoon preferito dell’anno.
Film che devo ancora recuperare e che di sicuro sconvolgerebbero tutta la classifica, ma tant’è, prima della fine dell’anno non ci riesco di sicuro): Silence (Martin Scorsese), Toni Erdmann (Maren Ade), Shape of Water (Guillermo del Toro), Detroit (Kathryn Bigelow), The Disaster Artist (James Franco), The Square (Ruben Ostlund), Sicilian Ghost Story (Fabio Grassadonia e Antonio Piazza), Ghost in the Shell (Rupert Sanders), L’altro volto della speranza (Aki Kaurismaki), The Beguiled (Sofia Coppola), La gatta cenerentola (Cappiello/Guarnieri/Rak).

LIBRI

1. Critica portatile al Visual Design (Riccardo Falcinelli) – Sorprendentemente (ma nemmeno poi tanto) il libro più coinvolgente che ho letto quest’anno. Non riuscivo a staccarmi. Avercene.
2. Giorni selvaggi (William Finnegan) – Una vita per il surf, dai ’60 a oggi. Cosa c’entra con me? Poco, ma è una lettura intrigante e rivelatrice. Lo consiglio.
3. Le venti giornate di Torino (Giorgio De Maria) – Piccolo classico underground dei ’70 risalito a galla nel 2017. Un horror/thriller misteriosissimo ambientato in città, con una sorta di precognizione dei social network a venire.
4. La compagnia dell’acqua (Giacomo Papi) – Può passare per un semplice romanzo per ragazzi, certo. In realtà è semplicemente una storia “fantastica” su un bambino che impara come gestire l’ansia. Personalmente, il libro italiano dell’anno.
5. Prisoners of Geography (Tim Marshall) – Un libro di geopolitica in lingua? Ebbene sì, ed è anche molto interessante. Partendo dalle mappe si svela la politica a lungo termine delle maggiori potenze mondiali. Necessario.
6. La lingua geniale (Andrea Marcolongo) – Operazione nostalgia? No, semplicemente un libro scritto molto bene che trasmette il giusto amore per una lingua ingiustamente temuta.
7. Stories of your life and others (Ted Chiang) – Da uno di questi racconti è tratto il film Arrival. Impossibile non leggere questa raccolta, una delle migliori “cose” di fantascienza scoperte ultimamente.
8. The Princess Diarist (Carrie Fisher) – La Fisher racconta il backstage di un momento cruciale della sua vita con uno stile molto diretto. Magari è per appassionati, ma il libro si fa leggere molto bene e procura una fitta di nostalgia per la recente perdita di una persona così brillante.
9. Patience (Daniel Clowes) – Un graphic novel denso e ricco di soluzioni interessanti, dedicato ad una storia di amore e viaggi nel tempo. Per me un capolavoro.
10. Tre uomini in barca (Jerome K. Jerome) – La rilettura di un classico, almeno una volta all’anno, va fatta. Le vacanze hanno assunto tutto un altro sapore con questo capolavoro dell’umorismo inglese.

La cosa curiosa della mia esperienza con i libri, ora che leggo metà “fisico” e metà “digitale”, è che mi sento meno in colpa a leggere 10 cose contemporaneamente e non finirne neanche una. Due terzi dei libri della lista sono ancora in lettura. Ma mi stanno piacendo assai.
E per chi ne lamentasse l’assenza, Macerie prime di Zerocalcare è ovviamente fuori concorso, tanto di solito è la mia lettura di fine anno e rientrerebbe comunque di default in una top ten.
Sempre sul fronte comics, parlando di serie da edicola il mio plauso va ai primi numeri di Mercurio Loi di Bilotta e di Dragonero Adventures (la versione young adult del personaggio di Enoch).

Vi ho dato abbastanza suggerimenti per le sante feste? Spero di sì.
Almeno con tutte queste cose da leggere, ascoltare, guardare non penserete alle brutture del mondo.
E a Salvini.

SUPERCLASSIFICASHOW: GLI ALBUM

SUPERCLASSIFICASHOW: LA MUSICAQuest’anno ho deciso di deliziarvi con non uno bensì quattro post sui migliori dischifilmserietvlibri del 2016. Così raccolgo meglio le idee e mi illudo di scrivere qualcosina in più su questo trascuratissimo spazio. Cominciamo subito con la musica, ché le orecchie sono importanti e in questa stagione rischiano molti malanni. Ricordo che tra queste righe albergano opinioni assolutamente personali basate sui miei ascolti e in ordine assolutamente sparso, dato che non amo sforzarmi di fare una vera e propria classifica. Gli italiani stanno in coda, per chi vuole essere rigorosamente autarchico. C’è parecchio hip hop, ma solo perché è rimasto il genere più vitale del pop contemporaneo.

DJ SHADOW – THE MOUNTAIN WILL FALL
Una nuova uscita di DJ Shadow per me è un evento. Lo metto per primo perché niente, è stato macellato dalla critica ma a me piace un fottìo. Perché sono un nostalgicone.

KANYE WEST – LIFE OF PABLO
Può stare sul culo però per me Kanye è Kanye. Un wonder boy dell’hip hop che mi sorprende ad ogni uscita. Qui c’è un distillato di 50 anni di black music (oltre a una tonnellata di paranoie personali) e tanto basta.

ANOHNI – HOPELESSNESS
Una sorpresa, per me che adoro Antony and the Johnsons. Anohni da solista innesta la sua voce particolare su trame elettroniche, dubstep, glitch e via dicendo. Ascoltando i testi forse un po’ ingenuamente politico, ma avercene di dischi così.

BEYONCÉ – LEMONADE
Ha il suo perché. Ditemi pure che è tutta un’operazione di marketing, ma io la adoro.

DAVID BOWIE – BLACKSTAR
Eh. Lo scherzone finale di Bowie. Vorrei usare qui un’espressione odiatissima: “tanta roba”. Pesa un po’ sull’ascolto la morte dell’artista due giorni dopo l’uscita, ma insomma, tra una spruzzata di prog, IDM e un pezzone degno di tutta una carriera, il disco è validissimo.

A TRIBE CALLED QUEST – WE GOT IT FROM HERE… THANK YOU 4 YOUR SERVICE
Il mio gruppo hip hop preferito (vabbè uno dei tre con Cypress Hill e Wu-Tang Clan) torna dopo tipo 18 anni dall’ultimo album. E spacca. Disco funestato dalla morte di Phife Dawg durante la registrazione ma impreziosito da contributi di Kanye, André 3000, Jack White, Kendrick Lamar e insomma ho detto tutto.

SAVAGES – ADORE LIFE
Le Savages per me sono l’unico gruppo post-punk (nel senso originale del termine) che abbia senso nel mondo di oggi. Il tema è l’amore, ma l’album è incazzato nero. Dietro le quinte c’è anche Trentemöller.

RADIOHEAD – A MOON SHAPED POOL
Dove sta il mio amato prog oggi? Ma qui, naturalmente! Ogni album dei Radiohead entusiasma per motivi differenti. Qui c’è forse meno elettronica, più intimismo, un paio di melodie killer (ah, le melodie dei Radiohead) e insomma adattissimo a deprimersi sospirando.

PJ HARVEY – THE HOPE SIX DEMOLITION PROJECT
Anche qui, un gradito ritorno sulle scene dopo cinque anni. Mi pare un degno seguito di Let England Shake e – nonostante il concept della protesta antigovernativa e pacifista – è addirittura molto gioioso in alcuni passaggi.

FRANK OCEAN – BLONDE
Il soul, l’RNB intimista e contemporaneo per me ha solo un nome: Frank Ocean. Non mi perdo una sua uscita e i suoi album non mi stancano mai. Il lato non egomaniaco di Kanye.

SKEPTA – KONNICHIWA
Un album che mi è piaciuto assai, un tentativo di portare il grime (hip-hop british) negli USA, un’immersione nel lato oscuro delle periferie londinesi. Per me Skepta è l’unico degno erede di Dizzee Rascal.

MITSKI – PUBERTY 2
La sopresa dell’anno, l’artista completamente sconosciuta (a me, perché poi pare sia il suo quarto album) che ascolto solo perché incuriosito dalla copertina e poi è una piccola bomba. Indie rock stranissimo, molto coinvolgente.

I CANI – AURORA
Eh, oh. A me i Cani piacciono parecchio. Qui Niccolò Contessa è in qualche modo cresciuto, e ascoltare la sua evoluzione è un’esperienza interessante.

SALMO – HELLVISBACK
Cioè, se si parla di hip-hop italiano, Salmo è l’unico vincitore del 2016. Dai. Non c’è storia.

EX-OTAGO – MARASSI
Canzoni che si ficcano in testa come schegge, più elettro-pop rispetto ai dischi precedenti, ironia e amarezza. Mi piace ballare gli Ex-Otago. Mi piace molto.

20 ALBUM CHE NON POSSO PIÙ ASCOLTARE

20 ALBUM CHE NON POSSO PIU ASCOLTAREAscoltando una radio giorni fa, mi sono improvvisamente ricordato perché le mie orecchie non sopportano altro che non sia l’ascolto di selezionatissimi album. Sono eclettico nei generi, ascolto di tutto, sono pronto alla novità e/o alla riscoperta di perle dal passato precedentemente ignorate. Ma oggi ci sono cose che non posso più ascoltare. Intendiamoci, questa lista presenta 20 album che io ho consumato a forza di ascoltare (a 15, 20, al massimo a 25 anni). Ma a 45 anni qualcosa mi sento di rinnegare. E non si tratta di un giudizio tipo “gli album più sopravvalutati”: ne ho viste di liste così, e immancabilmente tra gli album considerati sopravvalutati ce ne sono moltissimi che amo e da cui non mi separerei mai, sono come una coperta di Linus nelle mie cuffie. No, qui si tratta semplicemente di indigestioni uditive, e di album che stanno lì, tra i miei vinili o CD (allora non c’erano ancora gli Mp3) e che potrei toccare giusto con la punta di un bastoncino, come un animale morto in autostrada. Preparatevi alla cavalcata, vado in ordine alfabetico.

LAURIE ANDERSON – BIG SCIENCE
Perdono perdono perdono, cara signora Lou Reed. Quando ascoltavo questo album non sapevo nemmeno che avesse sposato Lou Reed. Ma è ininfluente e anche un po’ sessista sottolineare questo aspetto. In questo album c’è “O Superman“, famosa in Italia per essere la colonna sonora dello spot “Benvenuto nell’AIDS”, AKA “Un alone viola ti seppellirà”. A parte questo, lo ascoltavo e lo riascoltavo beandomi di un alt/art/electro/classic/qualcosa che oggi mi inquieta assai (meglio i Kraftwerk, allora). Poi dai, è arrivato “Language Is a Virus” e lei si è riscattata.

EDIE BRICKELL AND THE NEW BOHEMIANS – SHOOTING RUBBERBANDS AT THE STARS
Chi ha la mia età e non ha ascoltato parecchio – ma parecchio – questo album vi dice una bugia. Tutto, tutto di questo album è oggi irritante, dalla cover al titolo stesso, dalla vocetta querula di Edie (ma ehi, lei è la moglie di Paul Simon – e scusate il secondo commento sessista). Si ricordano solitamente “What I Am” e “Circle“, che fa tanto Friends e anche un po’ Singles di Cameron Crowe (ve lo ricordate? È il suo film invecchiato peggio).

DEEP PURPLE – MACHINE HEAD
Io amo l’hard rock inglese. Giuro. E ascolto volentieri “In Rock” o persino “Burn” dei Deep Purple. Ma non chiedetemi più di ascoltare “Machine Head”. Troppa autoradio, troppe feste delle medie, troppo air guitar, troppo imbarazzo.

DOORS – L.A. WOMAN
Non ce la faccio. Rimango dell’idea che i Doors siano uno dei gruppi più sopravvalutati di ogni tempo, pur amando ad esempio “Strange Days”. Per dire, a loro preferisco di gran lunga i Love. Ma questo disco non ce la faccio. Mi irrita fin dalla copertina e contiene qualcosa che le mie orecchie aborrono fin da tempi non sospetti. A voi indovinare cosa. Edit: il pezzo incriminato sta in “Morrison Hotel” a dire il vero, ma non importa. Anche quell’album mi fa abbastanza orrore.

EURYTHMICS – BE YOURSELF TONIGHT
Altarino: alle medie, per me, gli Eurythmics erano quanto di più figo il pop inglese potesse elargirci. Ancora oggi ascolto con piacere “Sweet Dreams“, “Touch“, persino “1984” (sottovalutatissimo) e “In the Garden” (esordio ipnotico). Ma nel 1985 si sono reinventati star della Motown e allora proprio no. Gran pezzi, lo ammetto, ma ormai per me inascoltabili.

GENESIS – TRICK OF TAIL
Io amo il progressive inglese. Giuro. E ascolto volentieri “Foxtrot“, “Selling England by The Pound” e… Ma chi vogliamo incantare, qui si parla del primo album dei Genesis senza Peter Gabriel, per forza è una merda. Eppure io a quindici anni mi rivedo lì ad ascoltarlo a nastro deprimendomi con i compagni nerd e provando e riprovando a fare “Ripples” o “Entangled” (ché la voce di Collins, si sa, era più facile). Vado a riascoltarmi “Firth of Fifth“.

GUNS N’ ROSES – LIES
Intendiamoci, “Appetite for Destruction” era un grandissimo disco. Ma i Guns ci hanno messo giusto un album e mezzo per diventare degli scassacazzo a livelli planetari. Quell’estate che non si faceva altro che ascoltare “just a little patience nyaaaaaaa-haaaaaahh”. L’orrore.

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