PUNTI FERMI NELLA VITA POCHI

Sono in ansia, come tutte le volte che devo cambiare lavoro. Carico di aspettative, che verranno puntualmente disattese entro i primi sei mesi di lavoro (è sempre così, ma uno cerca di non pensarci). Carico di tensione per gli ultimi giorni nella "barca che affonda" (la mia attuale azienda) e di un po’ di tristezza per il fatto di allentare una serie di rapporti umani che la cassa integrazione ordinaria ha già provveduto a decimare. Ma sono anche molto eccitato, perché è in arrivo un nuovo cambiamento. E il cambiamento è sempre positivo. I grandi cambiamenti: dal liceo all’università, dall’università alla disoccupazione, dalla vita da scapolo alla convivenza, da un posto di lavoro all’altro, dalla convivenza al matrimonio. Ormai sono tre anni che lavoro qua. Più di quanto abbia mai lavorato in un altro posto. Evidentemente era ora di cambiare. Come punti fermi nella mia vita ho scelto una donna e alcuni amici. Il resto cambia sempre, in un modo che a volte è impercettibile, altre volte devastante e velocissimo, altre ancora dolorosamente lento. Altro cambiamento, dunque – speriamo liscio. Per il momento ho mal di testa, e piove.

LE NEVROSI DELLA MAMMA

P – …bene, allora ci sentiamo presto.
A – Aspetta, mi sa che la mamma vuol dirti qualcosa…
P – Ah, OK…
A – Prendi…? No, qui, prendi il cordless [rumori soffocati]
M – Ciao Pietro, come va?
P – Non c’è male, come dicevo a papà stavo qui – fuori piove, ci stavamo guardando un paio di film…
M – Ah, ecco.
P – Sì…
M – Senti, te lo ricordi il fasciatoio di quando eri piccolo? Di quando ti cambiavo il pannolino?
P – Mamma… come faccio a ricordarmelo?
M – Eri troppo piccolo, forse non te lo ricordi… era giallo…
P – …
M – Lo mettevo sul tavolo, poi ti toglievo il pannolino – era sempre pieno, facevi sempre un sacco di cacca…
P – Capisco… me la cavo anche adesso comunque.
M – Allora non c’erano mica i pannolini come adesso, sai? Buttavi il pannolino ma la mutandina si conservava, andava lavata e riutilizzata.
P – Sì, mamma, ma non capisco cosa…
M – Allora io andavo a lavare la mutandina in bagno, e ti lasciavo da solo sul fasciatoio, sul tavolo, in cucina…!
P – E?
M – Beh… potevi cadere!
P – Ma non sono caduto.
M – Ma potevi – e se fossi caduto? Saresti morto, sarei andata in prigione e…
P – Mamma, non sono caduto!
M – Lo so, è che mi sento in colpa – sono stata una madre attenta?
P – Ovviamente sì! E poi non puoi avere anche il senso di colpa retroattivo!
M – Eh, lo so… va bene allora… ci sentiamo poi tra qualche giorno…
P – Va bene —
M – Ciao, ciao… [rumori di tasti] Non si spegne…!
A – Il tasto rosso, premi il tasto rosso!
M – Quale tasto rosso, qui non c’è nessun tas– [linea libera]

LATE NIGHT DOUBLE FEATURE PICTURE SHOW

28 giorni dopo e The Hours – mai scelta di late night double feature picture show fu più azzeccata (si sa… a me piacciono i contrasti). The Hours prima, giusto per evitare di andare a letto depresso. Del resto cosa aspettarsi da un film che inizia con il suicidio di Virginia Woolf? A parte gli scherzi, l’ho trovato costruito in modo geniale a livello di storia, sceneggiatura, montaggio parallelo e interpretazione. Un film di attrici – come è lecito aspettarsi quando in campo ci sono Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman col naso finto. La cosa interessante è che il film parla di una scrittrice, di una lettrice e di un personaggio. Interessantissimi gli extra del DVD che mi hanno fatto tornare la voglia di leggere Mrs. Dalloway. Del resto, una volta letto Joyce, perché non cominciare anche la Woolf? Ho solo paura che dopo venga il turno di Proust. 28 giorni dopo – tutta un’altra storia… Girato in digitale, con riprese accelerate sul sangue che schizza copioso dai contagiati del virus che si comportano molto come i morti viventi di Romero. Geniale l’inizio, godibile il resto. Ma Romero è un’altra cosa. Va bene che nel ventunesimo secolo il messaggio politico va a farsi fottere, ma perché anche i film di zombi devono cominciare a somigliare a videogames? Ho una teoria: l’horror dovrebbe essere eversivo, non rassicurante. Per eversivo intendo: Romero, Carpenter, Cronenberg. L’horror con l’happy end è una fiaba morale, è la santificazione dell’ordine costituito. L’esorcista non ha un happy end. La notte dei morti viventi non ha un happy end. Martin non ce l’ha, persino Un lupo mannaro americano a Londra non ce l’ha. Mi domando dove siano i registi cattivi, oggi. Vorrà dire che affitterò Freddy vs. Jason… Divagazioni a parte, il film di Danny Boyle è interessante – vale la pena noleggiarlo per vedere Londra deserta!