Pare che mi sia evitato una clamorosa figura di merda. Meno male. Però mi è rimasto il dubbio. La cosa va così: vedo alla FNAC (il mio principale inferno di tentazioni) il DVD di E ora qualcosa di completamente diverso, uno dei primi capolavori demenziali dei Monty Python. Ovviamente mi precipito ad acquistarlo. Lo porto a casa e lo inserisco con cura e amore nel PC (il televisore, con annesso lettore DVD, è in riparazione ormai da quasi un mese: lo tengono in ostaggio). Il PC frulla un po’ e non lo riconosce. Nel senso che non vede nessun disco nel drive. Mi innervosisco. Provo il portatile: è più vecchio ma di solito funziona. Il disco non viene comunque riconosciuto. Mi innervosisco doppiamente. Piccato, decido di recarmi alla FNAC a cambiare il DVD incriminato, ma ovviamente sono in possesso non dello scontrino fiscale (a me gli scontrini si volatilizzano autonomamente dopo 5 minuti che sono uscito da un negozio) ma solo dello scontrino della carta di credito. Purtroppo non ha alcun valore ai fini della garanzia FNAC e nemmeno il mio appello alla carta clienti FNAC viene preso in considerazione. Deluso, me ne torno a casa con il mio DVD fallato. Oggi lo inserisco nel PC dell’ufficio per dimostrare ai miei colleghi lo smacco subìto e… Il DVD funziona! Come è possibile? Sarò costretto a vedere il film dei Monty Python in ufficio? La cosa potrebbe essere malvista dal management… Se qualcuno ha qualche dritta da darmi su questo problema, è il benvenuto.
L’HORROR ITALIANO QUANDO NON ERA MUMMIFICATO
Che godimento quando riesci a scoprire una perla nascosta nelle pieghe del tempo, dopo averla rincorsa per più di un mese…! L’ho ordinato tempo fa e finalmente è arrivato, La maschera del demonio di Mario Bava, in edizione doppio DVD della Ripley’s Home Video (secondo me l’unico studio italiano di authoring DVD degno di questo nome, che ha editato Herzog e Wenders tra gli altri). Il film di Bava per me era un mito da sempre conosciuto ma mai vissuto. L’horror italiano nasce con La maschera del demonio, un ibrido strano tra atmosfere gotiche e romanzo ottocentesco, influenzato dall’horror classico ma innovativo nei suoi artigianali eppure efficacissimi effetti protosplatter. Oserei dire una spanna sopra le coeve produzioni di Corman e quelle inglesi targate Hammer: Bava nasceva come direttore della fotografia e il suo film d’esordio è tutto giocato sui contrasti di luce, sul gusto per l’inquadratura, sull’illuminazione espressiva dei volti, degli occhi… soprattutto sulle ombre, come ogni buon horror che si rispetti. La storia, basata su un racconto di Gogol, è quella di un’antica maledizione lanciata da una strega-vampira su una famiglia della Moldavia. Barbara Steele viene subito consacrata icona assoluta del genere, nel suo magico doppio ruolo di vittima polposa e strega perfidissima e sfigurata. I primi dieci minuti dei film, prima dei titoli di testa, sono più potenti del 90% degli horror attuali. Nel secondo DVD, ricco di speciali, spicca un bel documentario che copre tutta la produzione di Bava, "maestro del macabro", fino al 1976 – anno del suo ultimo film. Intanto, il testimone era passato a Dario Argento, al figlio Lamberto e – in tempi più recenti – a Michele Soavi. Da almeno 15 anni, purtroppo, l’horror italiano è mummificato. Aspettiamo ancora un nuovo erede…
IL FANTASY TEUTONICO (SAPORITO MA PESANTE)
In questi turbolenti giorni iniziali del 2005 sono riuscito comunque a leggere un bel po’. Uno dei libri che mi hanno colpito di più è stato Rumo e i prodigi nell’oscurità di Walter Moers, che è poi il terzo volume di una serie di romanzi abientati nella fantastica terra di Zamonia. Anche se potrebbe non sembrare così, io sono un grandissimo appassionato di fantasy, e ciclicamente torno con gioia a quello che è stato il mio primo amore letterario. Beninteso, sempre che trovi un autore o un personaggio per cui valga la pena farlo. Se è stato così d’istinto per JK Rowling e Lemony Snicket, devo dire che con Moers all’inizio è un po’ più difficile. Intanto non ho letto gli altri due libri (sempre editi da Salani), anche se so da fonti sparse per il web che sono altrettanto belli. Il problema di Moers è che devi entrare piano piano nel libro, leggere magari un centinaio di pagine senza interesse e poi improvvisamente farti prendere dalla storia. Insomma, è un po’ uno scrittore bastardo che gioca al gatto col topo con il lettore… Le gesta di Rumo (il protagonista, sorta di cane bipede con corna) sanno un po’ di Iliade, un po’ del mito di Orfeo, un po’ di Luciano di Samosata, il tutto mescolato con un gusto quasi barocco per l’incastro di storie a scatole cinesi, che rende il romanzo (come annuncia enfaticamente anche il retro di copertina) degno di una visione di Hyeronimus Bosch. Rientra in pieno nell’attuale tendenza di libri per ragazzi ricchi di sangue, viscere, amore e morte… insomma, le cose per cui val la pena vivere!