Dove l’ho lasciato ieri sera…? Ah, già… sotto il balcone in fondo. Bastardi, mi hanno di nuovo scosso la tovaglia della cena sul sellino, e poi piove anche, giornata di merda, cominciamo proprio bene! Hhhmmm… sono anche in ritardo, bene… Dio, sembra veramente inverno, mi sa che dovrò tirar fuori di nuovo guanti e piumino… altro che sfrecciare nell’afa torinese. Devo ricordarmi di prenotare per stasera. Verde… è verde… ma perché non si muovono mai? Sarà anche più scorrevole ma è piena di semafori… Basta, non la devo più fare via Nizza, che poi come mi è venuto di passare di qua… Ah, già! La casualità del primo semaforo… è bello lasciarsi guidare dagli eventi, dai segni intorno. Puoi evitare di decidere. Avessi potuto decidere sarei comunque rimasto a letto. Ma tanto ormai ci siamo quasi… Cazzo, comincia anche a piovere sul serio, vuoi vedere? Questa merda di pavimentazione, questi lastroni di pietra bagnati, viscidi…. Ma che cazzo, ma allora il verde proprio non lo vedono? Ma che ci fa ancora fermo questo qui? Devo frenare, devo….
SSSSSSSSHHHHTUMP
– Guarda, la ruota gira ancora!
– Signore…? Signore? Tutto a posto?
– Spostiamogli il motorino dalla gamba, dai!
– Grazie… grazie ma… sto bene…
– Guardi qui… Guardi il dito! Ok, il dito lo riconosce.
– Quante sono queste?
– Quattro, grazie, ma sto bene… Sono solo un po’ infangato.
– Ha frenato di colpo ed è scivolato, vero?
– Già…
– Per evitare di scontrarsi col camion?
– Sì…
– Certo che si è fatto un bel volo! Provi un po’ a camminare qua intorno.
– Sì, cammini, potrebbe essersi rotto qualcosa!
– No, ma vi dico che sto bene, guardate… cammino bene!
– Provi a stare in equilibrio su una gamba sola…
– Fagli toccare il tallone con il gomito!
– Senta, va bene così… me ne torno a casa a cambiarmi…
– Sicuro che non vuole andare al pronto soccorso?
– Sicuro, grazie.
[…]
– Signore?…
– Sì?
– Se mi dà una sigaretta la accompagno all’ospedale. Glielo guido io il motorino…
– Er… grazie, non fumo. Mi spiace.
Speriamo che non mi prendano troppo per il culo quando arrivo in ufficio. Già me li vedo: "vai come un pazzo!"… Ma non è vero. Sono quei bastardi che non partono quando è verde… non partono. Non partono mai…
SISSI E FRANCESCO CONVOLANO
Scene da un matrimonio. Sabato, ore 10.00. Ci si prepara per andare a Modigliana (FC) al matrimonio di Sissi e Francesco. Si è deciso di partire alle 11.00, trovarsi a Fiorenzuola col Rebus e poi proseguire guidati dalla mitica mappa in puro stile Sor Deodato. Alle 9.40 mi sveglio, mi doccio, preparo le ultime cose in borsa. Stefi, come sempre, va in isteria. Lei non si deve solo lavare. Lei si deve lavare, oliare, talcare, impomatare, asciugare, spruzzare, deodorare, truccare, arricciare, aggiustare e in tutto questo laborioso processo comincia anche a sudare, per cui il loop ricomincia dal primo passaggio. Va da sé che mentre alle 11.00 io sono pronto per scendere in auto, lei deve ancora dar da mangiare alla gatta, incartare il regalo per gli sposi, scrivere bigliettini, raccattare creme cremine e trucchi da mettere in borsa, trovare un cerotto per le vesciche, accertarsi di avere abbastanza assorbenti e tutto quel genere di cose che le donne rimandano sempre all’ultimo minuto. Comunque sia, tra un vaffanculo affettuoso e l’altro, partiamo alle 11.20 e arriviamo puntuali alle 13.00 al mitico Autogrill di Fiorenzuola. Nel parcheggio assolato, la Francy sta picchiando il Rebus (siamo nell’oltrepo, e lì tutti mettono l’articolo davanti al nome). Mi rendo conto improvvisamente che non sono solo. Anche altre donne tendono ad essere violente con il loro uomo. Trancio di pizza orrido e poi via verso Modigliana. A casa di Sissi ci sono tutti i parenti agitatissimi anche se non vorrebbero darlo a vedere. L’agitazione dei parenti emiliano-romagnoli è differente da quella dei piemontesi. Loro trasformano l’agitazione in spettacolo per gli astanti (nella fattispecie io, Stefi, Rebus, Francy, Angie, Paolo, Stefano e Marzia). Dopo un po’ si fanno vivi anche il Demone Horobi e Yari, seguito da una ragazza della quale non si può fare il nome (altrimenti Yari verrebbe squartato sulla pubblica piazza). Comunque passano il tempo a limonare senza sosta, nonostante Yari insista che "non stanno insieme". Giungono gli sposi, ostentando sicumera. Fumano i bidys, ridono e scherzano ma sanno che il momento li attende. Si va. Angiola piange per tutta la cerimonia, io non posso fare a meno di notare grandissime somiglianze con il nostro matrimonio, il prete è talmente figo che sembra uscito da una fiction televisiva (scoprirò in seguito che è anche un ottimo chitarrista di bossanova). A seguire, tutti alla casa di Trebbio. Una casa parrocchiale romagnola. Lo sottolineo per dire che si è mangiato benissimo, la casa era in ottimo stato e coloro che ci hanno passato la notte hanno trovato diverse camerate con letti a castello dove posare i loro sacchi a pelo. Si fanno le due a parlare di cazzate come sempre (è ovvio) e poi si fa a gara di russo. Cioè, non a chi sa parlare meglio la lingua di Tolstoj, ma a chi russa di più e più sonoramente. Vinco io di brutto, distanziando sia l’Angiola che il Rebus che Yari. Il monte Trebbio, dove sorge la casa parrocchiale, è un ridente luogo sull’appennino tosco emiliano, fa un freddo pungente ma la giornata è bella. Si vorrebbe rimanere una settimana intera, con una meraviglia di casa come quella in completa autogestione, ma non si può. Dopo aver spazzolato un po’ di avanzi del menu nuziale con gli sposi, si torna indietro. Tuonati come due murene, arriviamo a Torino e ci precipitiamo a votare. Con un sorriso di incoraggiamento chiediamo agli scrutatori la percentuale di votanti nella sezione… 23%. Brusco ritorno alla realtà sociale esistente. Era veramente meglio stabilirsi nella comune dei preti… o no?
SIN CITY, LA NUOVA FRONTIERA DEL DIGITALE
Potrei cominciare col sangue. Se ne vede molto di più che in Kill Bill. Sangue rosso, sangue bianchissimo, sangue giallo – putrido e ammorbante. Ma non è solo questo. Potrei dire del blue screen. Altro che quella palla smisurata di Sky Captain. Il digitale assume il suo senso compiuto di mondo disegnato, di sintesi. Sin City magari non è un capolavoro, ma arriva diretto come un pugno in faccia. Due ore di amore e morte, tratte dalle storie più belle di Frank Miller. La struttura è un po’ tarantiniana senza però osare troppo (Tarantino stesso ha diretto la sequenza di dialogo tra Clive Owen e Benicio del Toro in auto – non una delle migliori). Se in Tarantino possiamo guardare alla struttura, qui è più che altro doveroso restare a bocca aperta per lo stile visivo del film. Per Rodriguez non è una trasposizione, ma una traduzione. Non ci sono crediti per la sceneggiatura, solo l’ingombrante nome di Frank Miller ovunque, anche come co-regista. Le tavole del fumetto sono state usate come storyboard, e si vede. Il film è un’esperienza stranissima per chi conosce i fumetti e probabilmente un po’ disturbante per chi non li conosce (cannibalismo, ultraviolenza, stupri di undicenni, genitali strappati, pistole e katane a volontà). Il mondo di Sin City è fatto solo di puttane, killer, preti corrotti, maniaci, politici corrotti, giustizieri, poliziotti corrotti e via dicendo. Soprattutto, non c’è nessuna speranza nelle storie di Miller e alla fine la morte è sempre più forte dell’amore. Rari sprazzi di ironia non illuminano la città che rimane oscura e… come dire… corrotta! La voce fuori campo la odio. In tutti i film che non siano Viale del tramonto. Eppure in Sin City dopo un po’ ti ci abitui. Perché sono in effetti le didascalie del fumetto. E allora, non resta che lasciar cadere la mascella ed aspettare un DVD lungo magari un’ora in più. E pensare ancora una volta che Rodriguez è un cazzone geniale, e che è riuscito a realizzare qualcosa che rimarrà come una pietra miliare, uno dei primi film totalmente digitali e probabilmente il primo vero film-fumetto della storia del cinema.