Dopo un’intera giornata passata in ospedale (al posto di lavorare: bello scambio, eh?) ci si sente veramente spezzati. Chi lavora nella sanità dovrebbe starci un massimo di cinque anni e poi passare altri cinque anni a fare altro prima di tornare ad occuparsi di pazienti. Io e il mio vecchio, sette ore di attesa per fare un esame. Passate un po’ a chiacchierare, un po’ a leggere insieme il giornale, un po’ a dormicchiare su sedie scomode e un po’ a rompere i coglioni ai medici per capire i motivi del ritardo. Che sono sempre gli stessi. Dopo un po’ che lavori coi pazienti sviluppi (è normale) una certa avversione nei loro confronti. Per cui, semplicemente, li ignori. Il paziente diventa invisibile, e se si rende visibile in qualche modo è un rompicoglioni. Comunque sia, una volta concluso, ho deciso di applicare un contrappasso alla prima metà della giornata facendo il drogato in giro. E’ una cosa che dà un’estrema soddisfazione. Si fa così: occorre perdere ogni inibizione, e passeggiare nelle vie del centro con un’andatura storta, sudaticci e con sguardo allucinato. Fermarsi ad ogni fontana o fontanella per lavarsi i piedi, le braccia, le ascelle e la faccia. Dopodiché togliersi le scarpe e distendersi sulla prima panchina disponibile con la bocca semiaperta e un lieve filo di bava, guardando male tutti quelli che si avvicinano nel raggio di 20 metri. Un’optional interessante è provare a parlare ad alta voce da solo (è una cosa che i passanti detestano). Oppure fermarsi in un punto del marciapiede e fissare la gente che si affanna per gli ultimi saldi. In genere fanno il giro largo pensando che tu gli voglia chiedere soldi. Ma tu non chiedi soldi. Semplicemente fissi. Il capitolo finale sarebbe, dopo aver bevuto a tutte le fontane, farsi una bella pisciata sotto un portico del centro. Ma a quello non ho mai osato arrivare. Ho suonato il campanello dell’ufficio di Léaud e gli ho chiesto se potevo pisciare nel suo bagno. Se no a cosa servono gli amici?
SOVRAPPESO DI SECONDO GRADO
Appuntamento dal dietologo. Niente agopuntura, stavolta, ma una consulenza di coppia sul nostro essere sovrappeso di 2° grado. Dice: sono cazzate, in fondo si vive bene anche con la ventrazza. Però quando fatichi a fare una rampa di scale come puoi pensare di fare altre cose nella vita? E’ un circolo vizioso di pigrizia e cattive abitudini alimentari che va rotto, senza costringersi per forza a mangiare due foglie di insalata al dì. Perciò, dietologo. L’appuntamento è alle 18.30. La visita si protrae fino alle 20.45. Inizialmente veniamo accolti da una filippina che ci fa accomodare in un salottino cupo e asfissiante, che comunica con un salotto più ampio con un impianto stereo anni ’70, poltrone luigi XVI, librerie in legno scuro con le zampe di leone a mo’ di sostegno dove i libri più recenti risalgono al 1974. Stampe settecentesche ovunque, piume d’oca, odore di vecchio albergo sabaudo, tappeti antichi, lampadari con candelabri, leggii secenteschi, piante ornamentali molto rigogliose (grazie alla filippina, immaginiamo). L’attesa non è breve, e cominciamo ad inquietarci e ad assestarci nelle nostre poltroncine di modernariato in pelle rossa. Il dietologo sarà forse un vecchio canuto dallo sguardo indagatore e dai metodi vittoriani? Sorpresa: arriva uno schianto di ragazza che si presenta come la nutrizionista – collaboratrice del dietologo, che giungerà solo in un secondo momento. Con lei, le dolorose ammissioni di tutte le nostre pecche: le razzie nel frigo, i popcorn e le patatine, le bibite gassate e le gare di rutti, i mojito, le cheese cake, la passione smodata per la pizza, le colazioni saltate e le cene con svacco immediato sul divano, l’assenza pressoché totale di attività fisica se si esclude quella sessuale (la nutrizionista alza un sopracciglio come a dire: quella non c’entra), l’odio per le palestre e gli sport organizzati, gli spuntini di mezzanotte, la fame chimica e quant’altro. Poi arriva lui, solare e splendido, in forma e sorridente e ti dice che tutto si può risolvere, che basta abituarsi ad uno stile di vita più sano, che non è normale perdere peso di brutto e poi rimetterlo su tutto nel giro di due mesi, che è molto meglio perdere poco alla volta, che ce la possiamo fare. Anamnesi, pressione, misurazione. Qualche battuta spiritosa per metterci a nostro agio. Poi la redazione della dieta. A 1800 kcal al giorno. Per noi grande pacchia. L’ultima dieta fatta è stata a 600 kcal al giorno! Il concetto è: fai tutti i pasti correttamente, non esagerare, non arrivare mai ad aver fame al pomeriggio, cerca di cenare un po’ prima e di camminare per mezz’ora al giorno dopo aver cenato. Tutto qui? Basterebbe avere un cane per essere obbligati a farlo! Grandi pacche sulle spalle per tutti. E usciti dal dietologo, aperitivo inaugurale di un nuovo locale. Tanto per non smentirsi (ma ce la faremo, non temete)…
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E’ UN NUOVO GIORNO A SAN SALVARIO
Le due del mattino. Scendiamo le scale con le ali ai piedi. Finalmente sollevati dalle incombenze del cinema, del montaggio, della musica. Lasciamo che tutti si allontanino, prima di inforcare gli scooter. E’ quando sto per salire in sella che dietro di me arriva la voce, flebile ma ferma: "devostareunattimoseduto". Hmmm… sonno, stanchezza, mal di testa? Provo ad interagire, ma la voce non risponde. Suda molto, però. Forse è qualcosa allo stomaco, perché comincia ad aggirarsi sul marciapiede ansimando e massaggiandosi la pancia. "Ancoraunattimodevocamminarehhh". Nessun problema, penso. Proprio nessuno. Cammina. Si siede. Cammina di nuovo. Poi: "nonriescopiuhhhhhhh" e si aggrappa al palo vicino ai bidoni della spazzatura, lasciando cadere il casco. Barcolla fino alla parete dell’asilo nido e si accascia come quei pinocchietti col bottone sotto, che se lo premi si ammosciano in posizioni improbabili. Cade, batte il gomito, riversa gli occhi. Magari vado a cercare aiuto. "Restaquihhh". La voce è impercettibile, ma la sento. Dice "nonmilasciarehhh", dice "stomalehhhh", dice "hhhhhh". Gli metto la borsa sotto la testa e aspetto. La gente che passa vede un corpo riverso a terra, tra le pisciate dei cani e l’odore di fogna che sale dal tombino. E vede me, chino sul corpo. Ovviamente tira dritto e non dice nulla. Mi volto indietro, al balcone è apparso Zio Mozart. Mi sbraccio, per fargli capire che c’è un problema. "Nomnilasciarehhhh" dice la voce. Non ti lascio, tranquillo, anzi adesso arriva anche lo Zio. E quando arriva va tutto a posto. La voce si riprende, si alza a fatica, il gomito sbregato, la maglia fradicia di sudore, l’occhio ancora un po’ sfocato. E’ un nuovo giorno a San Salvario.
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