Non amo molto guidare l’automobile. Di solito la guida Stefi. Dice che sono un maschio atipico, perché non ho l’ossessione del macchinone. Anzi, ignoro e temo vagamente qualsiasi cosa abbia a che fare con motori, grasso, olio , carburante, etc. A me piace guidare la moto, questo sì. Della moto sopporto anche il grasso e l’olio, con la moto mi sporco volentieri. Per quel che riguarda le quattroruote pensa a tutto Stefi, che sfoga così il suo lato maschile. Questa premessa per capire il tacito accordo che si è creato nella nostra coppia: lei guida la macchina, io la moto. Se siamo al coperto porta lei, se siamo liberi nel vento porto io. Il che è anche un po’ simbolico. Ieri sera, dunque, di ritorno da una visita a mia madre, avrebbe dovuto portarmi a casa. L’idea era che Stefi guidasse e io le parlassi durante il viaggio di mille cose più o meno affascinanti e le facessi da DJ (se guido l’auto io non posso parlare con nessuno e nell’abitacolo si crea un silenzio tombale). Invece Stefi aveva le colichette nel pancino, come Winnie the Pooh. Perciò, fatti un paio di kilometri, tocca a me guidare. Nella nebbia. Però senza traffico. Non è stato male. Ho messo su Garbo, un cantante anni ’80 che oggi non ascolta più nessuno (ma è sempre attivo, ed è un po’ il David Sylvian italiano) e ho guidato. La cosa ha reso l’esperienza eporediese ancora più lynchiana del solito. Se a casa siamo più dalle parti del Lynch più accessibile (tipo Blue Velvet o Wild at Heart), sull’autostrada mi sento più dentro Lost Highway o Mulholland Drive. Ivrea, da quando è mancato mio padre, mi fa lo stesso effetto di un film di David Lynch. Affascinante eppure disturbante, in apparenza dorata e scintillante, ma sotto oscura e agitata. O forse sono io ad essermi trasformato in un personaggio lynchiano. Fosse così, mi piacerebbe essere Alvin Straight.
IL PARABRACCIO, QUESTO SCONOSCIUTO
SSSSSSSSTAKKKK! Il rumore della corda tesa e rilasciata che ripetutamente colpisce il mio avambraccio creandomi un papagno di dimensioni cosmiche, che fa sì che io non riesca nemmeno a tenere il braccio sinistro appoggiato alla scrivania mentre digito questo post. "Concentrazione, Pietro, concentrazione… ruota l’avambraccio, gomito in linea con la spalla, scapole in tensione", mi dice Miyagi san con tono sempre più zen. Ma non serve a nulla. All’ultimo mi sconcentro e sssssssssstakkkkkkkkk! "YAAAAAAAAAAAAAAAA!" (è l’urlo dentro la mia mente, perché di udibile pronuncio solo un flebile "Mmmmhhhgggh"). Perché io, furbo, porto il parabraccio quello piccolo, con la motivazione che uno più grosso mi impaccerebbe i movimenti. "Col cazzo", medito. "Domani mi vado a comprare quello integrale dal polso al gomito"!!! Non è il caso di passare un’altra notte a dormire col ghiaccio nel letto e l’odore di Voltaren che si mescola a quello dell’umidificatore. Altre frasi topiche di ieri (dal florilegio di Miyagi san): "Devi essere consapevole di ogni muscolo del tuo corpo, e devi usare meno muscoli possibile per tirare: solo quelli che servono. Il resto del corpo deve essere completamente rilassato". "Ti sei colpito il braccio con la corda. Ti verrà un livido. E’ l’arte che entra dentro di te". "Hai fatto centro." – "Ma come fai a dirlo, Miyagi san… sei vecchio, hai la periartrite e il diabete, come ci tiri fino laggiù?" – "Non lo vedo, lo sento dal rumore. La freccia che fa centro ha un rumore diverso dalla freccia che va in un cerchio esterno". Miyagi san dimostra quest’ultima affermazione girandosi dall’altra parte e annunciando la destinazione di tutte le mie frecce (centro, paglia, paglia, legno, cerchio esterno, centro, cerchio esterno). Mah! Miyagi san è un grande. Però io ho male al braccio.
GAS-MAN
Per tutte le cose esistono i rimedi della nonna. Sono convinto che esistano anche per l’eccessiva flatulenza, solo che non ho ancora avuto il piacere di trovare un metodo definitivo. Non che il problema mi affligga ogni singolo giorno. Altrimenti i miei colleghi, i miei amici e tutte le persone più vicine non vivrebbero più. Insomma, ognuno di noi ha il suo moderato ammontare di aria nella pancia. Ma oggi non so cosa sia successo. Se per voi è socialmente inaccettabile quello che sto per dire, non continuate a leggere. Sappiate però che sono rimasto in casa col mio imbarazzante problema tutto il giorno. Mi sono svegliato scoreggiando e non ho ancora concluso adesso. Curo le piante e le rinvaso per portarle al chiuso e paf! Mi rilasso a guardare un film e paf! Mi impegno finalmente a fare il cambio della roba invernale nell’armadio e paf, paf, paf!!! Non so più dove stare. Soprattutto, non capisco. E’ vero, ieri ho golosamente divorato delle caldarroste, che notoriamente gonfiano. Ma non sono mai gonfiato così tanto! Che sia l’inizio di una rovinosa metamorfosi gassosa del sottoscritto? Per quanto possibile cerco di evitare, ma alla fine, c’est plus fort que moi! E il carbone non fa alcuna differenza. Tornando quindi alla domanda iniziale, qualcuno conosce un rimedio da saggezza popolare? Che so, tipo ingoiare mezza patata cruda o bere dell’aceto caldo, cose così…? Perché non ne posso più di vivere l’inizio dell’inverno con le finestre di casa spalancate. Fa freddo!
Tag: meteorismo, rimedi_della_nonna
