DANZANDO COI CAPELLI COTONATI

Il mio culto per il genere musical è cosa nota ai più, anche se poco condivisa. Non è un caso che i miei generi cinematografici preferiti siano il musical e l’horror, gli unici due in cui la specificità onirica del cinema viene portata allo scoperto senza filtro. Il cappello "serio" serviva a prepararvi al pistolotto entusiastico su Hairspray che segue. La prima volta che ho visto Hairspray avevo 18 anni. Il titolo italiano del film era "Grasso è bello". Era la prima volta che vedevo un film di John Waters (in seguito, sentendo una forte sintonia spirituale con il regista, avrei divorato tutti i suoi film). A 18 anni non ero grasso. Anzi, ero piuttosto anoressico (lo so che sembra impossibile, ma è tutta questione di metabolismo). Però ero grasso dentro. O meglio, ero un outsider, colpito dai personaggi di Waters, che indubbiamente sono tutti outsider. Ad ogni modo, la mia carriera di vittima del trash / kitsch / camp (iniziata a 7 anni quando mio padre mi accompagnò a vedere The Rocky Horror Picture Show) avrebbe presto preso altre strade, macinando altri prodotti culturali. Intanto Hairspray diventava un musical a Broadway, a mia insaputa. Il successo è totale, e lo dimostra anche il fatto che anni dopo, in una puntata di Ugly Betty, il giovane nipote di Betty canta Good Morning Baltimore sulla metropolitana di New York, in attesa di andare a vedere lo spettacolo. Orecchie (mie) drizzate: curiosità. E così arriviamo all’ultima versione di Hairspray, realizzata vent’anni dopo l’originale da un regista coreografo (Adam Shankman) e infarcita di star (Travolta, Pfeiffer, Walken). Una via di mezzo tra un remake del film di Waters e un film tratto dallo spettacolo teatrale. Un ibrido comunque ben riuscito che spinge anche il più refrattario ad entrare nel mondo colorato di Tracy Turnblad (Nikki Blonsky è la vera grande rivelazione del film) cantando e ballando. Il doppio DVD (subito acquistato con grande scorno dei colleghi che a quanto pare avevano deciso di regalarmelo per il compleanno) contiene più di tre ore di contenuti speciali, tra i quali l’imperdibile versione karaoke di tutte le canzoni del film e soprattutto le lezioni di ballo dei coreografi che hanno curato le scene di massa. Ieri sera, mentre provavo i passi di ballo davanti al televisore, mi sono disancato. Ma questo non mi fermerà. Presto imparerò tutte le parti, e potrò allestire una versione spaghettara dello show. Intanto, medito di acquistare i biglietti per vedere il musical a New York. You can’t stop the beat!

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EDITING VIDEO FOR DUMMIES (YOUTUBE DOMINA)

Una segnalazione un po’ al volo, ma che ha la sua importanza per uno come me che ha partecipato alla stesura di quel capolavoro della letteratura fai-da-te che risponde al titolo di "Come si fa un video digitale". Ho scoperto da pochi giorni che YouTube offre il servizio Remixer, basato sul motore di Adobe Premiere Express. Questo è un passo avanti verso il network computing, dato che finora eravamo al punto di poter ritoccare anche in modo raffinato le fotografie on line, ma nessuno aveva ancora pensato a rimontare i clip video. Se è per quello nessuno ha ancora realizzato un buon programma di editing open source, ma quella è un’altra storia. Comunque sia, se volete "remixare" un video, basta selezionarlo e portarlo nell’area di lavoro. Naturalmente si può trascinare nella timeline anche più di un clip, per montarli insieme con titoli (utili), effetti grafici (tremendi) e dissolvenze e transizioni (poche, ma tutte quelle che servono veramente, senza fronzoli inutili). Il tutto ha una portata rivoluzionaria: avete un video parlato in italiano? Potete aggiungere sottotitoli inglesi sincronizzati! Avete un video muto e grezzo fatto con il cellulare? Potete aggiungere un titolo e magari anche una musica (il fatto della musica è ancora da vedere, ma promette bene). Peccato solo che io ho provato a remixare un paio di video miei, ho visto una preview molto carina e soddisfacente, ma al momento clou della pubblicazione è andato tutto in vacca e la mia cartella "Your Remixed Videos" continua ad essere desolantemente vuota.

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RILASSATI: LA TECNOLOGIA LUBRIFICA…

Allora questa cosa della tecnologia che lubrifica (sentita ieri alla conferenza Top-Ix in compagnia di parecchi soliti noti e di alcuni impensabili ritorni dal passato) è vera, non lo metto in dubbio. Tra le tante cazzate che si dicono perché vanno di moda, e tra le tante frasi shock ad effetto che ai guru digitali piace sempre usare per stupire l’uditorio, è una delle meno bizzarre. Sta a significare che una cosa che tu fai normalmente nella tua vita, fatta con l’aiuto della tecnologia è più semplice. Scivola via. Come ad esempio il plurinominato social network. La rete sociale, non dimentichiamocelo mai, è in sostanza il nostro gruppo di amici reali. Purtroppo in tempi di gran moda dei servizi "2.0" si tende ad identificare il servizio con il concetto. I vari MySpace, Facebook, non sono "le reti sociali", ma sono applicazioni che cavalcano l’onda dell’ossessione sociale nel web degli ultimi anni, facilitando appunto il mantenimento di reti sociali esistenti nella realtà. Se poi ci vai a ficcare anche qualche "friend" conosciuto solo in rete, ben venga. Ma è chiaro che la tecnologia web in questo caso è solo il lubrificante. Però capitemi, la metafora del lubrificante a me fa venire in mente subito una penetrazione anale (lo so che sono deviato, lo so che qui si parla solo di cacca e culi, ma abbiate pazienza, sto diventando un vecchio sporcaccione). Ed ecco che mi si presenta davanti un’immagine semplice e potente: la tecnologia, alla fin fine, te lo vuole mettere nel culo. A forza di usare il lubrificante, io mi disperdo in toccatine e twitterate quando dovrei concentrarmi su qualcos’altro. Raccolgo frammenti che mi interessa ricordare su Tumblr per poi dimenticarmeli subito dopo – perché la soglia dell’attenzione, ragazzi, è bassa… bassissima! Pago on line e uso l’home banking vedendo scorrere numeri di fronte a me e non rendendomi ben conto di quanto mi impoverisco. Mi giustifico pensando che un euro di commissione lo si paga volentieri per evitare 40 minuti di coda in posta o in banca, ma… non è che veramente mi vogliono inculare? E la manualità? Dove la mettiamo? Prima del 1995 costruivo, ritagliavo, disegnavo, assemblavo. Poi si è cominciato a far tutto col PC. Non è un po’ inquietante? Se tutto scivola via, non è che il valore delle cose diventa indistinto? Ricordare di rifletterci ancora su.

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