MINDFUL WALKING FOR DUMMIES

In queste settimane sto sperimentando una cosa che si chiama walking meditation. O mindful walking, vedete un po’ voi.

In pratica si tratta di camminare cercando di svuotare la mente dai pensieri ed essendo presenti a sé stessi con i cinque sensi. La cosa mi aiuta sul piano fisico perché, non avendo ormai sinceramente molta voglia di correre, sento più nelle mie corde farmi cinque km di camminata al giorno, che può essere anche solo andare e tornare a piedi dall’ufficio. Mi aiuta poi anche molto sul piano mentale in un periodo che già arriva dopo il covid, la guerra, le cavallette e che sinceramente a me e alla mia famiglia sta offrendo solo merda settimana dopo settimana.

Quando parto con queste camminate tengo un passo abbastanza veloce, una media di 7 km/h, diciamo, e una respirazione profonda e consapevole. Camminando così, è inevitabile che arrivino i pensieri: quella cosa che devi fare, quel debito che devi pagare, quella visita che ti preoccupa, quel casino da sistemare, la pletora di appuntamenti che devi rispettare, quel lavoro che devi consegnare, e ogni giorno se ne aggiungono di nuovi, perché come dicono Maicol e Mirco in una vignetta che non ritrovo, la vita è una costante rottura di cazzo: non hai ancora finito di fare una cosa che già devi farne un’altra.

Il trucco qui consiste nel concentrarsi sul passo, sui piedi che avanzano ritmicamente, e sul respiro. E poi nel risvegliare i sensi. Al tatto, la camminata è piacevole se hai le scarpe con una suola tipo memory foam, anche se certe volte hai la sensazione che anche camminare a piedi nudi sull’asfalto o sui sanpietrini potrebbe essere una buona idea (non lo è, ovviamente, ma ogni tanto ho questa fantasia). Se c’è tanta afa la senti sulla pelle, soprattutto sulla nuca e sulle braccia, ma se c’è un po’ di vento come stamattina va ad accarezzare tutte le terminazioni nervose possibili.

Respirando profondamente, il senso dell’olfatto va in tilt. In città ci sono mille odori, purtroppo quasi tutti sgradevoli, ma vanno sperimentati. Per esempio la mattina quando vado in ufficio si alternano asfalto rovente, ventate di metro, ammoniaca, rifiuti organici lasciati al sole, pipì di cane, cacca di cane, improvvise folate di aromi provenienti da forni o bar che scaldano i croissant… tutto mescolato insieme, ma dopo un po’ di pratica tutto facilmente scomponibile in elementi singoli.

L’udito, in questa pratica, non andrebbe coccolato con un paio di cuffie antirumore in cui spararsi la propria musica preferita. Cioè, si può anche fare, ma è più mindful sentire i rumori intorno a te, la serranda che si alza, il tram che passa sferragliando, le frenate improvvise delle auto, il tizio che urla da solo in mezzo alla strada imprecando contro il sistema, la gente che ti sorpassa mentre parla tenendo il cellulare davanti alla faccia (non capirò mai questa disabitudine a tenere il cellulare accanto all’orecchio come un caro, vecchio telefono) e – incredibile a dirsi – i merli, le rondini, i gabbiani, le cornacchie e lo stormire delle foglie.

La vista può essere stimolata cambiando strada ogni giorno, prendendo nota delle ombre alle diverse ore del giorno, dei negozi che aprono e chiudono, dei portoni aperti dei palazzi che rivelano androni e cortili insospettabili dove addentrarsi magari per un momento fingendo di vivere vite che non sono la tua. Vedere film e serie TV, leggere libri, ascoltare musica e podcast… sono in un periodo in cui non riesco a fare queste cose, che per me hanno sempre avuto una funzione principale, quella di aiutarmi ad evadere e a fuggire momentaneamente dalla realtà. Devo però dire che la realtà delle cose, delle strade, dei luoghi, può servire allo stesso scopo, in un certo senso.

Non è facile, la camminata mindful, probabilmente non è per tutti. Ma io ve la consiglio. L’immagine che vi posso rimandare è quella di un uomo che cammina, con una specie di bolla intorno a lui. Intorno alla bolla si affollano pensieri brutti, cose del passato, cose del futuro, ansie, preoccupazioni, rimpianti, rimorsi, ma la bolla non li fa entrare.

Oh, finché funziona, va bene.

DUE SUPEREROI E UN HORROR (PER TACER DEGLI SCOIATTOLI)

Ogni mese è sempre più una fatica. Una fatica immane. Riuscire a vedere qualche film, dico. A maggio quasi ogni sera ha funzionato così: 10 minuti netti di audiovisivo e poi occhi sversi, bava alla bocca e coma sul divano. Però ce l’ho fatta a vedere qualcosa, PERSINO in sala. Un grande traguardo. Perciò, andiamo a incominciare.

THE BATMAN (Matt Reeves, 2022)

The Batman, il nuovo Batman, con R-Patz, diretto da Matt Reeves. Non volevo (perché un po’ già sapevo), ma alla fine mi sono sottoposto a quelle tre ore di notte, pioggia e voice over. Con tutto che a me Pattinson piace e lo considero uno dei migliori attori della sua generazione. Ma tant’è. Questo The Batman è stato accolto o come un capolavoro o come un film inutile. Io propendo per… una via di mezzo. I film brutti sono altri, Matt Reeves ci ha messo tutto il suo impegno, la storia è complessa senza essere incomprensibile, la fotografia notturna tutta nera e arancione dà la cosiddetta “cifra stilistica” al film (anche se diobono, sembra di vedere The Crow, e più volte scatta il sospetto che come Joker voleva essere un tributo agli anni ’70, The Batman voglia richiamare gli anni ’90 in ogni inquadratura). Molto elogiata anche la musica di Michael Giacchino che a me però sembra sempre uno spinoff del tema della marcia imperiale di Star Wars. C’è un villain di spessore anche se poco utilizzato per tre quarti di film (il disturbante Enigmista di Paul Dano). Ci sono almeno un paio di scene iconiche (il finale dell’inseguimento col Pinguino, il combattimento al buio illuminato solo dagli spari, il Batman col costume da petauro*), ma… non basta. Se già il continuo richiamo all’estetica nineties dopo un po’ ha rotto la palle, il grosso problema, non so nemmeno bene come metterlo giù, è che non te ne frega un cazzo dei personaggi. Appaiono tutti come figurine bidimensionali, opache, che parlano e parlano (perché per fare un film di quasi tre ore devi alternare qualcosa alle mazzate) e alla fine ti fanno venire un sonno della madonna. Ecco, forse è solo questo. Superficialità assoluta.

X (Ti West, 2022)

X è l’horror che vogliamo. Pochi jump scares, una costruzione lenta, spiraleggiante, ma con la consapevolezza che moriranno tutti o quasi (le prime inquadrature ci mostrano già la fine, una sorta di macello sanguinolento scoperto dalla polizia), un terzo atto follemente sopra le righe. Ti West riprende in modo abbastanza filologico la lezione di Tobe Hooper e manda sei ragazzi che devono girare un porno nel 1979 in una cascina sperduta di proprietà di due vecchi ultra-creepy. Si capisce fin dall’inizio che finirà malissimo, ma la cosa super inquietante è lo sdoppiamento di Mia Goth, qui protagonista sia nel ruolo di vittima che di carnefice (dopo probabilmente quindici ore di trucco invecchiante). Già, perché il motore di tutta la questione è la follia della vecchiaia e la gelosia bruciante del corpo giovane, perfettamente rappresentata dalla sequenza più da brivido del film, in cui le due donne – la giovane pornostar Maxine e la vecchia Pearl – sono nel letto insieme. Non vorrei dire nulla di più perché X va assolutamente visto senza troppe informazioni. Nulla di trascendentale, ma io l’ho trovato molto azzeccato.

JUNIOR (Julia Ducournau, 2011)

Cortometraggio opera prima di Julia Ducournau, con la stessa attrice che in seguito ha fatto Raw (Garance Marillier), Junior è un concentrato di body horror sul passaggio dalla pubertà all’adolescenza. Una piccola storia di formazione a base di fluidi corporei, lacerazioni, ormoni, bullismo scolastico e primi baci. Come sempre, per stomaci forti. Sta su Mubi, per chi lo volesse vedere.

CHARADE (Stanley Donen, 1963)

Passa per essere “il miglior film di Hitchcock che Hitchcock non ha mai realizzato”… e io non lo avevo mai visto finora (grazie, Mubi)! Il film (di Stanley Donen) è del 1963. La Hollywood dei tempi d’oro sta tramontando, Kennedy è già morto, la nouvelle vague imperversa e Cary Grant sembra un monolitico reperto di un’era precedente. Eppure, ragazzi, i dialoghi scoppiettanti da screwball comedy, i vestiti di Givenchy, la colonna sonora di Henry Mancini, una Audrey Hepburn obliqua e non conforme ai soliti ruoli in cui tutti siamo abituati a vederla, Walther Matthau in un ruolo super ambiguo… che gran divertimento è questo film! Esplosioni di violenza impensabili all’interno di un frame da commedia sofisticata, colpi di scena che non vi sto a dire perché – ovviamente – non sono per nulla telefonati… Insomma, uno degli ultimi grandi film “classici” che vale la pena aver visto, e finalmente posso dire di averlo visto anche io.

DOCTOR STRANGE IN THE MULTIVERSE OF MADNESS (Sam Raimi, 2022)

Cosa posso dire che non sia già stato detto di Dr. Strange and the Multiverse of Madness? Che è un film di Sam Raimi, che pur tentando (lui) di “scomparire” nel classico canovaccio Marvel emerge pienamente qua e là con scene più o meno horror e personaggi più o meno “alla Evil Dead”. Che è intrigante il contrasto tra lui e Wanda Maximoff (pressoché obbligatorio aver visto almeno WandaVision prima del film), un’antagonista non bidimensionale (anzi, multidimensionale haha). Che ci sono un sacco di easter egg tra cui la comparsa di Mr. Fantastic, l’apparizione di Clea e il ritorno di Charles Xavier, solo per dirne tre. Che la giovane protagonista America Chavez è adorabile e l’interprete Xochitl Gomez tiene testa a Benedict Cumberbatch (anche in termini di impronunciabilità del nome). Che il Dr. Strange zombie è fichissimo. Che è meglio se non ci portate i bambini.

CHIP ‘N DALE: RESCUE RANGERS (Akiva Schaffer, 2022)

È difficile fare questo tipo di film. La pietra di paragone insuperabile resta sempre Roger Rabbit. Ma Chip ’n Dale Rescue Rangers ci riesce bene non cadendo nella trappola Space Jam. Siamo dalle parti di Detective Pikachu, e insomma, almeno c’è un esile canovaccio noir che spinge avanti la storia. Là era il mondo dei pokémon che si mischiava con quello degli umani. Qui è un gran casino di umani, cartoni tradìzionali, CGI, stop motion e pupazzi. Nonostante sulla carta possa sembrare una produzione senza senso, il film è godibile da grandi e piccini, è ricco di citazioni e strizzate d’occhio e presenta un villain assolutamente inedito (Sweet Pete è un Peter Pan cresciuto, ingrassato e incattivito che ha avviato una carriera nella produzione di film animati pirata). La trama prosegue come un buddy movie mentre Cip e Ciop (quest’ultimo ha fatto “l’intervento per la CGI”) devono ritrovarsi dopo aver vissuto per anni vite separate a seguito della chiusura della serie anni ‘90 in cui lavoravano (Chip ’n Dale Rescue Rangers, per l’appunto, anche quella come questo film disponibile su Disney+). Io lo consiglierei però in lingua originale (la maggior parte delle battute mi pare intraducibile e le voci sono interessanti: Seth Rogen, JK Simmons, Andy Samberg).

FILM BRUTTI IN STREAMING

Ma non solo brutti, dai. In realtà almeno uno molto bello c’è.
A voi indovinare quale.

APOLLO 10 ½ – A SPACE AGE CHILDHOOD (Richard Linklater, 2022)

Se c’è un autore che uno tende a dimenticare, ma poi quando esce con un film nuovo ti lascia sempre un senso di soddisfazione, quello è Richard Linklater. Che uno ami le sue commedie più o meno nere, il suo filone romantico/filosofico a base di “prima del”, il suo talento speciale nel raccontare la (pre)adolescenza, la sua abilità nel concepire film di animazione abbastanza “stupefacenti”, in questo Apollo 10 ½: A Space Age Childhood troverà un bel mix di tutti questi elementi (filone romantico/filosofico a parte). Chiaramente un progetto coccolato e fortemente personale, questo film animato (ma non tutto e non solo in rotoscoping come Waking Life e A Scanner Darkly) racconta semplicemente l’infanzia del regista texano dominata dalla NASA e dall’ossessione per la conquista dello spazio. La premessa è forte: la Nasa ha cannato la progettazione del modulo lunare e l’ha costruito troppo piccolo, quindi serve un bambino di 9 anni da mandare sulla luna per poter testare il modulo prima che ci mettano piede Armstrong, Aldrin e gli altri. Dopo pochi minuti di film, però, il narratore (Jack Black, che interpreta la versione adulta del protagonista) “mette in pausa” il racconto e parte una divagazione di più di un’ora sulla vita suburbana late sixties in quel di Houston, Texas. La famiglia con sei figli, le zone residenziali in costruzione, la plastica, il futuro (quello che oggi chiamiamo retrofuturo), i razzi, i padri ingegneri aerospaziali, le madri casalinghe, la televisione, i giochi da tavolo, i drive-in, il Vietnam e le pantere nere viste in TV e vissute come un qualcosa di incomprensibile, i giochi in cortile, per strada, nei campi… tutto è filtrato dalla memoria di Stan, che ad un certo punto viene addestrato come astronauta (o è solo una sua fantasia, questo non è dato saperlo). Il film è delizioso anche se non va da nessuna parte, è una riflessione affascinante e colorata che va dal realismo delle scene vissute nel 1969 all’astrazione quasi-collage della riproposizione delle scene viste in televisione o al cinema dal protagonista. Come ci si può aspettare da Linklater, la colonna sonora è eccezionale (Donovan, Pink Floyd, Johnny Cash, Canned Heat, Creedence Clearwater Revival, Byrds, Monkees, Quicksilver Messenger Service, Vanilla Fudge, Iron Butterfly). #recensioniflash

METAL LORDS (Peter Sollett, 2022)

Impossibile vedere Metal Lords senza quella punta di nostalgia canaglia per gli anni del liceo, che per me erano anni goth – o come si diceva allora “dark” – più che strettamente metal ma insomma, non sottilizziamo: tra Christian Death e Cradle of Filth, o tra Bauhaus e Black Sabbath non è che c’era poi un abisso. Questa è la storia di Kevin, il tipico nerd invisibile ai più che ha come amico del cuore il supermetallico Hunter, il cui unico scopo è quello di mettere su la band post-death metal del secolo, gli Skullfucker. Il film procede placido con tutte le tappe del genere coming of age che vi immaginate (le risse, le feste nella casa senza genitori, la perdita della verginità, i guai con i genitori, la perenne dicotomia tra gli sfigati e i popolari, la bruttina che diventa sexy/aggressive), ma tutto in salsa metal. Quello che mi ha lasciato un po’ basito è che Hunter dà a Kevin il compito di “imparare” il metal a base di video di Dio, Black Sabbath, Megadeth, Judas Priest, Pantera, Motorhead, Iron Maiden, Metallica… insomma, la band più recente sono gli Slipknot, o i Mastodon. Viene da chiedersi se proprio non ci sia stato nulla di epico nel metal degli ultimi 20 anni. Purtroppo quella è una scena frammentata in mille sottogeneri che non riesco più tanto a seguire, e del resto il film è scritto (e prodotto) da due cinquantenni, il DB Weiss di Game of Thrones e il Tom Morello dei RATM (anche in un tristissimo cameo). Oh, comunque il film è gradevole, l’esibizione finale alla proverbiale Battle of the Bands è convincente e insomma, quando Kevin si fa i muscoli da batterista metal cercando di imparare War Pigs (!!!) scappa persino la lacrimuccia (nonché l’air drumming selvaggio). I cinquantenni metallari lo adoreranno, gli altri boh. Su Netflix. #recensioniflash

MOONFALL (Roland Emmerich, 2022)

Ciao, sono qui per parlarvi di Moonfall, e prevenire il suicidio dei vostri neuroni. Proprio così: mi sono sacrificato per voi, e se ora non sarò lucido è perché la nuova fatica di Roland Emmerich ha minato profondamente la mia capacità di giudizio. Ci sono mille motivi per non guardare Moonfall. Il primo è Halle Berry. Sappiamo tutti che Halle Berry è maledetta dal 2004, anno in cui ha girato Catwoman distruggendo la sua carriera e condannandosi a ruoli insignificanti. Qui non è da meno nel ruolo della Capa Della NASA Con Un Bagaglio Di Rimpianti. Il titolo Moonfall è abbastanza auto esplicativo, la luna esce dalla sua orbita e SPACCA TUTTO, mareggia, terremota, tsunama e meteora la terra in una summa apocalyptica di coproduzione cinese (ma uno dei produttori esecutivi è John Paul “JP” Pettinato, e lì ho riso tantissimo). Ovviamente abbiamo l’Eroe Riluttante, lo Scienziato Fringe Che Nessuno Prende Sul Serio, il Conflitto Scienziati Vs. Militari, la Minaccia Nucleare, i Figli Appena Riconciliati In Pericolo Di Vita, la Missione Suicida Per Salvare Il Pianeta e… la Spiegazione Tutta Matta Del Perché La Luna Cade, che è una roba talmente telefonata e nello stesso tempo talmente Cosa Cazzo Ho Appena Visto che rende Moonfall uno di quei film di fantascienza talmente brutti che fanno il giro e… no, rimangono brutti. C’è ovviamente il Momento Alien, il Momento 2001 e credetemi quando vi dico che c’è anche il Momento Spaceballs. Lieto fine garantito con l’ovvio condimento di “E Tizio Di Cui Nessuno Ha Capito Il Ruolo?” – “Eh, Non Ce L’Ha Fatta”. Che qualcuno dei personaggi ha da murì sempre, se no non è credib-hahahah. Vabbè. Credo il film peggiore che potrete vedere nel decennio, così, a senso. Però terremoti, maremoti, meteoriti. E nanotecnologie aliene. Ops, ho fatto uno spoiler. #recensioniflash

FRESH (Mimi Cave, 2022)

Simpatica variazione sul tema del cannibalismo, Fresh è un thriller che pesca molto dal genere rape & revenge, anche se qui è più eat & revenge. Più leggero e ironico di Raw (ma per certi versi altrettanto cattivo), Fresh ha dalla sua interpretazioni convincenti, una prima mezz’ora che non fa presagire quasi nulla di dove si vuole andare a parare e un dieci minuti finali di ultraviolenza che valgono la visione. Carne al fuoco ce n’è molta (hahaha) ma la regista esordiente Mimi Cave riesce a gestirla tenendosi il più possibile in equilibrio tra horror, commedia e film indie fighetto. Lo metterei quasi sullo stesso piano di un Get Out, per dire. #recensioniflash

CHOOSE OR DIE (Toby Meakins, 2022)

Motivi per guardare Choose or Die su Netflix: c’è Asa Butterfield che è sempre simpatico anche se di base fa sempre il nerd sfigatello; c’è un vecchio text adventure game maledetto che fa brutto ai protagonisti; c’è Robert Englund (hahaha non è vero, c’è solo la sua voce). Motivi per non guardare Choose or Die e non buttare un’ora e mezza come ho fatto io: tutti gli altri. Speravo almeno in una gioiosa festa splatter, ma manco quella. Simpatica la grafica 8 bit, ma allora vado su un sito di retrogaming e risolvo. #recensioniflash