MAGIC NUMBER PORTABILITY

Cominciamo. Sapevo che ci sarebbero stati problemi a passare a Tre, ma in fondo al cuore pensavo: "Dai… non può andare sempre di sfiga". E invece. Due parole sul videofonino. Non vorrei che si pensasse che sono un fanatico hi-tech per cui è tutto oro quel che ha un grosso display a cristalli liquidi. Cioè, un po’ è vero, lo ammetto. Ma ciò che più mi ha allettato è stata l’offertona accalappiagonzi dei 99 euro. Tutto sommato ci stai dentro: il Motorola e i Nec che ti tirano dietro valgono sicuramente più di 99 cucuzze, il servizio è buono e le tariffe sono molto basse. Già sai che l’UMTS prende dove prende, ma il bello è tutto lo spazio per un’ampia rubrica, grande memoria per tanti SMS, e last but not least, se proprio vuoi videochiamare la mogliettina quando sei via per lavoro puoi anche farlo (ovviamente lo abbiamo uguale… era il suo regalo di compleanno). Ma torniamo alla situazione odierna. Perché io mi faccio gabbare da queste parolone tipo number portability e penso: "Figo, mi tengo il mio vecchio numero"!… MAI! Mai pensare questo! Facevo meglio a tenermi il numero di Tre, che tra l’altro era pure più facile da ricordare del mio! Adesso, come due deficienti, abbiamo passato metà della serata a discutere con il centro assistenza Tre: io perché non mi hanno passato la portabilità e Stefi perché gliel’hanno passata troppo presto! Misteri della telefonia…

RASSEGNA CINEMATOGRAFICA DELL’ESTATE

Alcune impressioni sparse sui film che ho visto in questi giorni: agosto è l’unico mese in cui riesco a portarmi avanti e a recuperare tutto il non visto della scorsa stagione, dato che al cinema aspettano la fine del mese per le grandi novità (nonostante continuino a strombazzare l’uscita di grandi film estivi – mah!). Comincio con Igby Goes Down, una commedia nera che mi ha colpito molto. C’è Kieran Culkin, il che mi riporta a The Dangerous Lives of Altar Boys (un film assolutamente da recuperare): anche Igby è sulla stessa lunghezza d’onda. Si ride amaro, come nel miglior cinema americano indipendente (da Hal Ashby a Todd Solondz). Igby ha la madre impasticcata, il padre internato, il fratello neofascista e una serie di ragazze improbabili che gli ronzano intorno. Imperdibile. Poi, The Dreamers. Fa parte di quella schiera di film che quando li vedi sullo scaffale del locale Blockbuster pensi "Naaa…" – invece devo dire, contrariamente alle aspettative, che l’ho gradito parecchio. Fastidioso, ovviamente. Non tanto per la morbosità e l’insistenza su sangue, sperma, mestruo o sul tema dell’incesto (peraltro trattato in maniera abbastanza leggera). Fastidioso per il ritratto dei gemelli borghesi che hanno l’hobby di Mao e non si accorgono delle barricate. Tutto sommato un film solo per cinefili – forse una sega mentale di Bertolucci, non so… io comunque l’ho visto con piacere. Mona Lisa Smile… sorvolerei, se non fosse che Mike Newell si appresta a dirigere il prossimo Harry Potter…! A parte l’aria da "attimo fuggente" che pervade il film  e che ti fa pensare "ora qualcuno si suicida" non è nemmeno da buttar via. Fastidiosissima Kirsten Dunst, geniali Marcia Gay Harden e Maggie Gyllenhaal, ancora troppo poco sfruttata. Fratelli per la pelle: c’è poco da dire. Classica serata estiva con i fratelli Farrelly. O li si amava o li si odiava. Peccato che abbiano perso mordente dai tempi di Scemo e più scemo – adesso si può anche rimanere indifferenti. Però la presenza di Cher, il mito assoluto del mio personale pantheon del kitsch innalza la pellicola di una buona spanna. Per ripigliarsi: Zatoichi, di e con Takeshi Kitano…  Girato in digitale, con spruzzi di sangue ripresi a velocità esagerata e Beat Takeshi che fa il verso a sé stesso nei panni del samurai cieco (in versione biondo platino). A tratti ricorda Von Trier (i rumori del lavoro che si fanno ritmo e musica) a tratti Nanni Moretti (il finale geniale virato in musical): non sarà un balletto sul pasticciere trotzkista di Aprile, ma è comunque la parte migliore del film. Per concludere, C’era una volta in Messico. Debordante (ma dovevo aspettarmelo), coloratissimo, montato come sempre da dio da quel marpione di Rodriguez – uno di quei registi che può fare anche una enorme stronzata, tanto a me piace lo stesso. Qui Traffic incontra Spy Kids e Rodriguez supera ogni limite dando a Johnny Depp uno dei ruoli più stupidi e al tempo stesso più geniali di tutta la sua carriera. Poi, come al solito, Sergio Leone, Quentin Tarantino e primi piani di Danny Trejo a palla: un valido motivo per vedere (o non vedere) il film.