UNO SQUALO A PARIGI

Mi fa un po’ ridere parlare di Under Paris (Sous la Seine in originale), l’ultimo film di Xavier Gens che sta su Netflix ancora per poco a quanto pare. Perché sembra che uno sceneggiatore abbia denunciato Netflix per via del fatto che questa idea dello squalo che finisce per vagare nella Senna durante una gara di triathlon a Parigi sia stata rubata a lui, salvo che non era uno squalo ma un pesce siluro.

Vaaaaaaa bene. Sous la Seine non sarà il più originale dei thriller, ma ha la sua Berenice Béjo, ricercatrice traumatizzata dallo squalo femmina Lilith (progenitrice di una nuova specie di squali mutanti che si trova benissimo anche in acque dolci) e ha il suo poliziotto parigino (Nassim Lyes) che le dà manforte una volta capito il pericolo.

Per il resto, cosa volete che vi dica. È un film di squali, ci sono diversi smembramenti e morti ammazzati o mezzi mangiati, c’è un’ambientazione inedita, c’è Xavier Gens che un po’ il fatto suo lo sa ancora, serve una sospensione dell’incredulità forte, ma forte, che è quasi stancante sospendere l’incredulità così, tanto che a un certo punto mi sono addormentato

Ma ho letto su Wikipedia che finisce con l’ipotesi che in ogni grande fiume del pianeta ci sia un grande squalo mutante in agguato. Adoro.

CHALLENGERS: BRAVI MA BASTA

Sentimenti contrastanti per il nuovo film di Guadagnino, sul quale da parte di chi ama il tennis c’era molto hype ma da parte di chi come me non gliene frega un cazzo, no. Poi ovvio che il tennis è un pretesto, e che tutto si gioca sui corpi e sugli sguardi dei tre magnetici personaggi di Tashi (Zendaya), Patrick (Josh O’Connor) e Art (Mike Faist).

In principio Tashi attizza Patrick e Art, i tre limonano insieme, Patrick e Art anche tra loro due (i sottotesti queer sono sempre calcatissimi come in ogni film di Guadagnino che si rispetti). Poi Tashi si rompe il ginocchio e finisce per sposare ma anche allenare Art, ma in qualche modo Patrick la attizza, ma c’è di mezzo il tennis, la carriera di Art, insomma… ci siamo capiti.

A me Guadagnino piace molto, e gli perdono questa “vacanza” (per lui che evidentemente si è divertito un mondo) in un sottogenere che a me fa cacarissimo, la commedia romantica sportiva. Poi comunque ci sono n motivi per cui il film va visto ed è valido, tipo i tre protagonisti che bucano lo schermo, la musica ficcante di Reznor/Ross e diversi virtuosismi tecnici di cui si poteva benissimo fare a meno, ma va bene così.

CATTIVERIE ALL’INGLESE

Wicked Little Letters è il classico film inglese, pensato per chi ama le commedie inglesi che possibilmente si svolgono negli anni ’20 del ‘900 e va in sollucchero per Olivia Colman che sbrocca come Nicolas Cage ma in modo “più inglese”. Cioè, pensato per me.

La storia si gioca tutta tra la zitella inacidita Edith (il personaggio di Colman) e la svergognata giovane vedova Rose (Jesse Buckley, già vista in Men e in Sto pensando di finirla qui). A quanto pare, quest’ultima manda delle lettere minatorie a Edith che contengono una grande abbondanza di four letter words abbinate in modo super creativo.

A una giovane poliziotta di colore (!), aiutata dalle amiche del bridge di Edith, spetta il compito di svelare l’arcano e capire qual è la mano infida che si cela dietro quelle scandalose lettere. L’investigazione svela man mano via flashback il passato che lega Edith e Rose, fino ai colpi di scena finali che ovviamente non vi dico.

Tratto da una storia vera, superinglese.