LEI, LUI E IL GATTO: A QUIET PLACE DAY ONE

Scommetto che anche voi non vedete l’ora di assistere a un prequel della saga di A Quiet Place, in cui però viene mostrato il momento dell’invasione aliena e magari spiegano qualcosa in più. Io, da parte mia, non vedevo l’ora più che altro perché son film che hanno un sound design meraviglioso e poi tutti stanno zitti zitti perché quel tipo di tensione lì è contagiosa.

E invece. Alla fine è un altro tipo di film. Cioè: ci sono i mostroni che cliccheggiano e brontolano e arrivano a New York cadendo da delle specie di asteroidi, poi la gente giustamente urla e loro si mangiano tutti. Però non viene spiegato un cazzo, tipo come fanno a scoprire che se stai zitto non ti uccidono.

Ma va bene così, perché A Quiet Place Day One è un drammone straziante con i mostri che ogni tanto appaiono e staccano qualche testa. C’è Lupita Nyong’o nel ruolo di una poetessa malata terminale arrabbiata col mondo e con il suo infermiere che diventa testimone dell’invasione aliena, e poi (dopo più di mezz’ora) c’è Joseph Quinn di strangerthingsiana memoria che si comporta anche qui come se vedesse demogorgoni dappertutto (e in effetti).

A metà film quindi abbiamo due persone solitarie e senza legami che con intensissimi giochi di sguardi decidono di collaborare. Solo che lei collabora per far sopravvivere lui e il gatto Frodo (che ovviamente fa cose da gatto ed è il personaggio più memorabile del film). Lui invece inconsapevolmente collabora al progetto di suicidio (non) assistito di lei, che essendo condannata in partenza dalla sua malattia ha deciso di regalare al film un finale col botto a base di Nina Simone e cazzimma.

Il film è diretto da Michael Sarnoski, che è il regista del pensosissimo Pig con Nicolas Cage. Lo dico per chi ancora si aspetta di vedere un horror. Non è un horror, anzi, semmai si piange. Siete avvertiti.

DEADPOOL E LA FATICA DA QUARTA PARETE

Non mi fregano più, lo dico tutte le volte e poi dai, vediamoci sto Deadpool & Wolverine, che quantomeno Ryan Reynolds mi è simpatico e peggio di Deadpool 2 non può mica fare. Lo fa. Se un sequel rispetto al film precedente deve per forza essere “di più”, vuol dire che il mercenario chiacchierone deve chiacchierare ancora di più, fino ad arrivare ad un livello di insostenibilità che crea una vera e propria “fatica da quarta parete infranta”.

Intendiamoci, il film è – a tratti – divertente e poi c’è questa cosa molto nerd-soddisfacente del team up con un altro supereroe molto amato (però santiddio oggi Jackman nel ruolo di Wolverine è un filo fuori tempo massimo). Però appunto c’è la voglia di strizzare l’occhio in continuazione con i camei, con le citazioni, con la metanarrazione, con le vicissitudini produttive e la storia personale degli attori… basta, veramente basta.

Cosa salvo di questo film? Diverse scene di combattimento molto fighe: elenchiamole. 1. la sequenza dei titoli di testa con Deadpool che combatte usando lo scheletro di Wolverine appena riesumato. 2. Lo scontro tra Deadpool e Wolverine dentro la Ford scalcagnata che li porta via da Cassandra Nova (a proposito, Emma Corrin che mette le mani in faccia a tutti e Matthew McFayden nel ruolo di Mr. Paradox, i due cattivi del film, sono tra le cose migliori). 3. La battaglia finale a New York contro tutta la banda dei Deadpool sulle note di Like a Prayer di Madonna.

Giustamente, Deadpool & Wolverine risulta esaltante per un tredicenne che ride istericamente alle secchiate di sangue versate o per un nerd di mezza età che ama trovare tutti i riferimenti del tipo che ci fa lo scheletro gigante di Ant-Man nel vuoto o a chi si riferiscono tutte le varianti di Wolverine presentate nel primo atto (vabbè, quella mignon è effettivamente simpatica) o in quale film degli X-Men era apparso il tale personaggio.

Io da parte mia non ce la posso fare. La storia è un pretesto, ma questo immagino che tutti se lo aspettino. Il film deve servire solo a riunire due universi troppo a lungo separati, yay! Però devo ammettere che ho riso molto alla battuta “Oh… Whiskey dick of the claws. It’s quite common in Wolverines over 40”.

THE BOY, THE MOLE, THE FOX AND THE HORSE

Charlie Mackesy, chi era costui? Un inglese che ha scritto (e disegnato) un libro molto bello che ho letto per caso trovandolo in un AirBnb a Dublino. Ma prima ancora un inglese che ha spopolato su Instagram in tempi di pandemia proponendo caroselli di vignette che sarebbero poi diventati quel libro.

Un libro che potremmo definire una specie di “Piccolo principe” anglosassone, ma meno fastidioso. Comunque pieno di citazioni ultracitabili, come è giusto che sia data l’origine social-motivazionale. Dal libro The Boy, the Mole, the Fox and the Horse la BBC ha tratto un film, che ho voluto vedere di ritorno dall’Irlanda. Vai col trailer.

The Boy, the Mole, the Fox and the Horse (d’ora in poi TBTMTFATH per brevità) è un mediometraggio animato sul genere del Gruffalo, per intenderci: mezz’ora di stupende animazioni che riprendono il character design e il tratto confuso e graffiato di Mackesy con Idris Elba, Gabriel Byrne e Tom Hollander a dar voce ai vari animali.

La storia è universale, toccante, eterea… fondamentalmente non succede un cazzo, ma è molto coinvolgente. La chiave di tutto è il punto in cui il bambino dice “Anche non far niente, quando sei coi tuoi amici, non è veramente far niente”. Appunto.

TBTMTFATH il libro è già un classico, e a quanto pare anche il film è sulla buona strada. Finale non scontato.