IL MALE NON ESISTE… O NO?

Evil Does Not Exist, Il male non esiste di Ryusuke Hamaguchi è precisamente il film giusto da guardare il giorno di Natale: lento, contemplativo, con la sua carrellata da un punto di vista impossibile sulle cime degli alberi nel bosco che accompagna i primi dieci minuti di film.

Poi vediamo Takumi, il protagonista, spaccare la legna e raccogliere l’acqua della sorgente per un po’, oppure lo vediamo vagare con la figlia Hana e spiegarle le differenze tra gli alberi.

Poi capiamo che c’è una società che per prendere i fonti per le imprese legati al Covid ha deciso di costruire un Glamping nel villaggio di Takumi, ma la popolazione locale si oppone per una serie di problematiche legate alle fosse settiche e al flusso delle acque. Tutta la parte centrale del film è come una interminabile riunione di condominio, alternata con le call pacate ma decisamente turboliberiste del management della società appaltatrice.

La svolta: la società tenta di accaparrarsi Takumi come consulente. Il che potrebbe anche funzionare, dato che Keisuke e Yuuko, i rappresentanti della società, nel frattempo hanno imparato ad amare e rispettare il villaggio di Takumi. Uno dei problemi potrebbe essere quello dei cervi, che in quel territorio sono tanti e oltretutto quando i cacciatori gli sparano diventano anche pericolosi.

Improvvisamente tutti si rendono conto che Hana è sparita (c’è da dire che la bambina è spesso lasciata a sé stessa). E niente, in un finale a metà tra il reale e l’onirico che ha lasciato basito più di uno spettatore si scopre che… il male non esiste, e che la storia dei cervi feriti che sclerano per difendere i cerbiatti era solo una mossa preparatoria per quello che succede alla fine e che non posso dire se non avete ancora visto il film.

Segue per qualche minuto la stessa carrellata dell’inizio ma di notte invece che di giorno e con Takumi che ansima invece che nel silenzio. Hamaguchi è così, prendere o lasciare.

DEAR SANTA: UNA VIGILIA DIABOLICA

Il “film della vigilia” serve sempre, per raccogliere la famiglia davanti a uno schermo in attesa della notte di Natale. Il ritorno dei fratelli Farrelly, in accoppiata con un imbolsito ma sempre molleggiato Jack Black, garantisce il divertimento zuccheroso.

La premessa è divertente, c’è questo undicenne di nome Liam (Robert Timothy Smith, sicuramente un attore di cui sentiremo ancora parlare) che è affetto da dislessia, vive in una famiglia disfunzionale dove a seguito di una tragedia i genitori sono sull’orlo del divorzio e deve affrontare una nuova scuola perché si sono trasferiti da poco ad Atlanta in seguito alla tragedia di cui sopra.

Liam è innamorato della sua compagna Emma e si confida col suo unico amico Gibby. Anche se non ci crede più scrive una lettera a Babbo Natale, indirizzandola però per sbaglio a SATAN invece che a SANTA. E oplà, arriva Jack Black con corna e zolfo: non porta regali ma tre desideri, dopo di che l’anima del bambino sarà sua.

Liam si fa convincere a desiderare un’occasione per stare con Emma e Satana va sopra le righe invitando tutti a un concerto di Post Malone e rendendo Liam il ragazzo più popolare della scuola. Intanto i genitori chiamano in causa uno psicologo (il divertente Keegan Michael-Key) perché il bambino parla troppo di cose strane.

Il secondo desiderio di Liam è tutto per Gibby: gli mette a posto i denti troppo sporgenti che lo fanno soffrire. E il terzo desiderio… sarebbe per i genitori, che si amassero sempre e stessero insieme per sempre. Quando Satana torna all’inferno capiamo che non è per nulla Satana, e che è solo un semidemone di infima categoria al quale devono ancora “spuntare le corna” (ovvio riferimento a La vita è meravigliosa).

L’anima di un bambino “buono” come Liam fa abbastanza schifo a Satana, e il contratto viene annullato. Jack Black però decide di tornare esaudendo il desiderio originale che Liam aveva scritto all’inizio nella sua lettera a Babbo Natale e… purtroppo è qui che il film diventa inverosimile e mieloso rovinando un po’ tutto quanto costruito prima. Però insomma, è una commedia di Natale e glielo perdoniamo, ci sono parecchie scene molto divertenti e la chimica tra il bambino impacciato e Jack Black vale tutto.

SATURDAY NIGHT SENZA RESPIRO

Saturday Night di Jason Reitman è la storia della “sera della prima” in cui viene prodotto il primo episodio in assoluto di Saturday Night Live nell’ottobre del 1975. Un po’ ostico da affrontare in lingua originale (è uno di quei film che se nopn è tutto in piano sequenza poco ci manca e dove comunque tutti si parlano velocissimo e uno sopra l’altro), ma è molto soddisfacente.

Ci sono Chevy Chase, Billy Crystal, John Belushi, Dan Aykroyd, Gilda Radner, Garrett Morris, Andy Kaufman, Jim Henson, insomma tutto il cast della prima stagione, ovviamente interpretati da attori in stato di grazia che risultano abbastanza somiglianti all’originale.

Il protagonista assoluto è il producer Lorne Michaels (Gabriel LaBelle) che cerca di far passare la sua idea di show anarchico, improvvisato e non programmato agli executive che non credono in lui (c’è anche un adeguatamente mefistofelico Willem Dafoe, per non parlare di un clamoroso Milton Berle interpretato da JK Simmons). 

Andare in onda sembra uno scoglio insormontabile, talmente tanti gli ostacoli che si parano davanti a Michaels: censura preventiva, mancanza di pubblico, luci non adeguate, richieste scenografiche impossibili, attori recalcitranti e attori troppo entusiasti. Alla fine, sul filo del rasoio, si va in onda e si fa la storia.

Quando il film finisce ti sembra di essere stato in apnea per quasi due ore, e devo dire che è una bella sensazione, nonostante scritta qui possa sembrare il contrario.